RICORDI CUSTODITI NEL CUORE

VENTICINQUE ANNI FA IL MIO INCONTRO CON MONSIGNOR VINCENZO D’ADDARIO

29 marzo 1995. Mio nonno Santino era nato al Cielo diciannove giorni prima. Aveva esalato l’ultimo respiro sul letto della sua casa di Atri, quasi novantenne, circondato dall’affetto di tutti. Fu un grave colpo.

Ripenso a quell’anno, con la diminuzione di temperatura di questi giorni, mentre infuria il coronavirus. Quando la Pasqua cade in aprile, marzo è freddo. Infatti nell’anno della morte del nonno, nevicò il Venerdì Santo. La neve, ovviamente, si sciolse in un batter d’occhio, ma ricordammo ad Atri una Pasqua poco primaverile.

Con mio papà Giovanni, il 29 marzo di quell’anno ci recammo a Manfredonia, perché mio padre curava la rubrica mensile, su “L’Eco di S. Gabriele”, rigurdante gli abruzzesi famosi fuori regione. Aveva cominciato con il compagno di liceo Prof. Nicola Occhiocupo, Rettore dell’Università di Parma, e ininterrottamente aveva continuato fino all’ultimo abruzzese celebre della serie, Mons. Vincenzo D’Addario.

Attento lettore e acuto osservatore, il cugino maestro elementare Raffaele Ricciuti, grande appassionato di jazz, ma soprattutto grande appassionato di Fara S. Martino e della Maiella. Ora è ultranovantenne, ma sa rintracciare tanti abruzzesi famosi, non solo ovviamente di Fara. Purtroppo alcuni vip hanno perso l’identità abruzzese, perché i nonni erano nati in Abruzzo, e gli interessati, invece, nati e vissuti oltreoceano.

La rubrica di mio padre riguardava tutti i settori, dalla Chiesa alla politica, dallo sport all’Università, dall’imprenditoria alla finanza, dalla vita militare all’arte. Dopo la chiusura della carrellata, con Mons. D’Addario, con la redazione di S. Gabriele, stava già abbozzando una seconda serie, ma intanto per Giovanni Verna si profilavano altri impegni a Pescara. Sarebbe stata la volta di Maurizio Costanzo, originario di Ortona, come Gigi Sabani, oppure di Enrico Papi, legato a Fano Adriano, oppure ancora del frentano Alessandro Cecchi Paone.

Si arrivò in treno a Foggia, verso le 9. L’attesa della corriera per Manfredonia diede la possibilità di visitare il centro della città e anche di entrare in qualche chiesa, come la Cattedrale. Il pullmann ci portò in tempi ragionevoli alla città di Manfredonia e grazie ad un cittadino del luogo, riuscimmo in breve a rintracciare l’Episcopio.

Subito ci accolse l’Arcivescovo Vincenzo. Era in Capitanata dal 1986, quando S. Giovanni Paolo II lo aveva nominato Coadiutore con diritto di successione di Ascoli Satriano e Cerignola, dove poco dopo divenne Vescovo residenziale. Nel 1990, mentre non pochi lo volevano successore del suo maestro, l’Arcivescovo Antonio Iannucci, arriva la promozione a Manfredonia-Vieste. Una Chiesa importante almeno per due motivi:  la presenza di S. Giovanni Rotondo, dove per più di mezzo secolo ha vissuto e operato santamente Padre Pio e quella di Monte S. Angelo, uno dei quattro luoghi più importanti per i pellegrinaggi della cristianità medioevale.

Mio padre conosceva da tanti anni Monsignor D’Addario, perché lavorava a Pescara. L’incontro vero e proprio era avvenuto nel 1977, quando Don Vincenzo era commentatore liturgico e organizzatore del Congresso Eucaristico Nazionale, concluso con la presidenza di S. Paolo VI. E si erano ritrovati vicini, alla vigilia della consacrazione episcopale, quando nell’autunno 1985 Don Vincenzo fu nominato amministratore della Parrocchia del Sacro Cuore, a due passi dalla sede RAI di Via De Amicis. Difficilmente però mio padre si recava a Messa al Sacro Cuore, perché quelle volte che non tornava in Atri, si recava nella Chiesa di S. Antonio o in quella della SS. Trinità, ancora più vicina della Chiesa di Don Vincenzo, per la verità un garage trasformato in aula liturgica.

L’intervista, con lo spartano registratore, avvenne nel salotto dell’Episcopio. Rimasi incantato dalla presenza di questo Vescovo che trasmetteva serenità, serietà e paternità. Fin dall’abito talare nero indossato con eleganza. Mi intromisi pure io nel dialogo. Posi una domanda sulla statua di S. Nicola nell’omonima Basilica di Bari e l’Arcivescovo mi diede risposta con chiarezza e pazienza. La domanda non fu comunque fuori luogo, perché Don Vincenzo era componente della Conferenza dei Vescovi pugliesi. Ebbe prestigiosi incarichi nella medesima. La conversazione andò a finire, naturalmente, su Don Tonino Bello, nato al Cielo due anni prima. Mons. D’Addario parlò dei problemi della diocesi, in primis la disoccupazione, eterna piaga del Mezzogiorno d’Italia.

Terminata l’intervista, ci trasferimmo nella sala da pranzo e consumammo un delizioso pasto. E continuò la conversazione sulla vita della Chiesa. Mons. D’Addario era molto attento alle comunicazioni sociali, e come il suo maestro, Mons. Iannucci, per Manfredonia-Vieste aveva la pagina settimanale di “Avvenire”. Voleva un laicato maturo e preparato nella Chiesa.

Sulla strada di casa, meditavo la gioiosa impressione del Vescovo Vincenzo. Volevo tanto averlo come successore degli apostoli nella diocesi di Teramo-Atri. L’annuncio del sogno avverato, porta la data di una sera d’inverno, a Perugia, dove mi trovavo all’Università, quando mio padre, telefonicamente, raccontandomi la vita della Chiesa locale, mi diceva del prossimo Vescovo aprutino-atriano. Ovviamente con beneficio d’inventario. Quella sera, ad Atri, vi era la neve, come nel marzo ’95. Nella Parrocchia di S. Gabriele era venuto Mons. Nunzio Galantino, su invito di Don Paolo, ed era stata data con massima discrezione e quasi distrattamente, la notizia. Giovani e meno giovani, non diedero molto peso all’informazione: “è di Pescara”, forse perché per diversi atriani la città dannunziana non è scritta a grandi carattere nello scrigno del cuore.

Quasi non volevo crederci. Quella Chiesa, vissuta più vedendo le bobine in una nastroteca di uno stabile di Pescara, che nella realtà, si rendeva presente sotto la volta degli evangelisti di Andrea Delitio e nella ferialità di una cittadina piena di nebbia.

Le campane della Cattedrale, il 24 agosto 2002, confermarono la notizia. E le stesse campane, due mesi dopo, accolsero Mons. D’Addario. Ora ci protegge dal Cielo.

SANTINO VERNA