GLI STUDENTI DELL’ATERNO MANTHONÉ A PALAZZO
DI GIUSTIZIA NEL RICORDO DI VITTORIO BACHELET

Il 12 febbraio di quarant’anni fa Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura (Csm), appena terminata una lezione all’università La Sapienza di Roma venne ucciso, nell’aula professori, da un nucleo delle Brigate rosse. A sparare furono prima Annalaura Braghetti e quindi Bruno Seghetti.

Per celebrare la figura di un eccelso uomo dello Stato, con l'obiettivo di contribuire a ricordare il giurista e politico italiano e di stimolare una riflessione sui valori democratici e i principi di giustizia sociale e di crescita civile, culturale e sociale del Paese, domani, nel tribunale di Pescara è prevista una cerimonia pubblica a cui parteciperanno 60 studenti dell’Istituto tecnico statale Aterno – Manthoné, diretto da Antonella Sanvitale.

La manifestazione prevede il saluto del procuratore della Repubblica, Massimiliano Serpi, del provveditore di Pescara/Chieti, Maristella Fortunato, del presidente del Tribunale, Angelo Bozza. Sarà, inoltre, proiettato un filmato Rai mandato dal  ministero dell’Istruzione. Ed è prevista anche una visita alla sede del palazzo di Giustizia.

«È con grande orgoglio che la nostra scuola, sempre impegnata in percorsi di eccellenza di Educazione civica, partecipa a questo ricordo», aggiunge la dirigente scolastica Sanvitale, «perché i giovani abbiano ben chiari gli orrori del passato per evitare che si ripetano in futuro. Ma il ricordo del passato deve stimolare la riflessione su quegli anni senza seminare altra violenza e far maturare una coscienza civile e democratica sempre più solida e condivisa. Forse, per onorare un grandissimo esponente della nostra cultura e giurisprudenza le parole più indicate sono quelle che pronunciò il figlio Giovanni, all’epoca 25enne, durante i funerali che mi permetto di riportare: “Preghiamo per i nostri governanti: per il nostro presidente Sandro Pertini, per Francesco Cossiga. Preghiamo per tutti i giudici, per tutti i poliziotti, i carabinieri, gli agenti di custodia, per quanti oggi nelle diverse responsabilità, nella società, nel Parlamento, nelle strade continuano in prima fila la battaglia per la democrazia con coraggio e amore. Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri”. Un atteggiamento di comprensione e non di rivalsa, confermato nei giorni scorsi in un’intervista al Corriere della sera».