LA FESTA DELL'IMMACOLATA: QUELLA MESSA IN
ORARIO ANTELUCANO NELLA CATTEDRALE DI ATRI

SUL FILO DELLA MEMORIA...C'ERA UNA VOLTA...

Se oggi i “faugni” sono la caratteristica principale della solennità dell’Immacolata Concezione ad Atri, un tempo il centro di tutto erano le celebrazioni liturgiche. I fuochi erano in funzione della S. Messa in orario antelucano. I “faugni” sono di origine pagana come si evince dal nome “Fauni (ignes)”, i fuochi di Fauno, ma furono cristianizzati nel V sec., con il Concilio di Efeso, quando i padri conciliari uscirono con le fiaccole per le vie della città, per festeggiare Maria Santissima Madre di Dio. L’eco dell’Oriente giunse ad Atri con una certa rapidità, grazie anche al porto di Cerrano.

La cristianizzazione, però, è connessa anche alla S. Messa di notte (così la denominava Don Luigi Illuminati). Infatti i contadini che salivano ad Atri, in mancanza di luce artificiale, rischiaravano il cammino più o meno lungo, con le torce di canne. Da una soluzione funzionale, probabilmente, si passò alla ritualizzazione, tornando idealmente ai padri efesini. I partecipanti svegliano i ritardatari, bussando alle porte e talvolta dando calci alle saracinesche. Più per amplificare il rumore che per la sveglia. E’ l’invito alla gioia collettiva, per la S. Messa dell’Immacolata.

Un tempo le tre navate della Cattedrale erano gremitissime. E’ pur vero che Atri aveva più abitanti di oggi. La Messa era cantata, e questo lo racconta Illuminati,  ma si era ancora alle arie ottocentesche, messe alle porta con il decreto di Papa Sarto, nel 1903. Atri rispose sempre con entusiasmo, ma l’apice ceciliano dell’Immacolata si avrà con il ritorno dei Minori Conventuali, nel 1936, e la diffusione del “Tota Pulchra” di P. Alessandro Borroni, l’opera più famosa del musicista marchigiano, composta nel 1894. Potendo contare su meravigliose voci virili con l’aiuto di quelle bianche, il canto mariano della Concezione è sempre stato il brano liturgico più atteso, a dispetto della conformazione operistica. Un po’ come il “Miserere”  di Saverio Selecchy a Chieti, eseguito anche in Atri.

La Messa dell’8 dicembre era in terzo, ovvero con celebrante, diacono e suddiacono. Era la cosiddetta Messa “a tre preti”, molto possibile nella città acquaviviana, ricca di clero locale. Il popolo partecipava con grande fede, nonostante l’assenza di riscaldamento. Erano fredde le case, fredda pure l’atmosfera, ma nel cuore tanto era il calore umano.

Analoga soluzione si ripeteva il giorno di S.Lucia, patrona della vista, una delle cinque vergini dell’Avvento con S. Barbara, S. Odilia, S. Eulalia e S. Bibiana. Delle cinque era ed è la più conosciuta, soprattutto nel Nord-Est d’Italia, perché distribuisce i doni ai bambini, nella notte precedente la festa. E’ amata anche nei Paesi della Riforma, perché associata a feste di solidarietà. In Abruzzo è venerata particolarmente a Lanciano, presso la chiesa eponima, ma quasi ogni paese ne celebra l’annuale memoria. La festa di Atri era appannaggio dei fabbri, un tempo numerosi, e la statua era custodita in S. Agostino, la cui denominazione vera e propria è S. Caterina, vergine e martire al di fuori dell’Avvento, ma collocata nel suo vestibolo. A Roma gli zampognari arrivano tradizionalmente il giorno della martire del 25 novembre, e complice la rima, si dice “A Santa Caterina/ la neve si avvicina”.

Poi arrivarono i minatori del Belgio, con la festa di S. Barbara, sempre con la Messa in orario antelucano. In precedenza pure S. Nicola aveva ad Atri le stesse prerogative. Ne aveva l’appannaggio la Congrega dei sarti e quando questa finì, erano i valorosi maestri dell’ago e del ditale ad organizzarla pur senza l’apparato istituzionale.  I sarti si trasferirono fuori Abruzzo, ci fu chi morì e divenne anziano, e finì pure la festa di S. Nicola, presso l’omonimo altare in Cattedrale. Peppino Antonelli ricordava con commozione quella feriale mattinata dicembrina.

Quella S. Messa alle 6 del mattino (una volta alle 5) la ricordiamo tutti con nostalgia. Soprattutto perché vissuta accanto alle persone care, ora non più tra noi. Sono gli angeli che ci proteggono dal Cielo. Gli angeli che ci hanno insegnato ad amare quest’antica tradizione atriana, un tempo vissuta solo dagli atriani.

SANTINO VERNA