TRADIZIONE E DEVOZIONE VERSO UN SANTO MOLTO POPOLARE

SAN BIAGIO PATRONO MINORE DI ATRI

Patrono minore di Atri, è S. Biagio, Vescovo e Martire, la cui vita è integrata da tanti aspetti leggendari. La riforma del calendario, entrata in vigore nel 1970, ne ha conservato la memoria, anche se facoltativa. Ma la maggior parte dei sacerdoti, dove è vivo il culto, ricorda nella liturgia il Santo anargiro, perché protettore contro il mal di gola.

Vissuto tra il III e il IV secolo, fu Vescovo di Sebaste in Armenia, anche se l’Armenia di allora non corrisponde a quella attuale. L’antica città è oggi compresa in Turchia. Poiché professava la fede cristiana, fu martirizzato. Mentre si recava al patibolo, una donna gli presentò il figlioletto soffocato da una spina di pesce. S. Biagio tracciò un segno di croce e il bimbo fu salvo.

La festa fu fissata al 3 febbraio, giorno in cui tradizionalmente si esce dall’inverno. Sono finiti i giorni “della merla”, 29, 30 e 31 gennaio, il periodo più freddo dell’anno, e già c’è un annuncio di primavera, con la festa della Presentazione del Signore, un tempo della Purificazione di Maria. La “Candelora” è un ponte tra il Natale e la Pasqua.

S. Biagio appartiene alla trilogia dei Santi, molto venerati in Abruzzo, legati al freddo. E sono popolarmente recensiti con l’attributo iconografico più evidente, S. Antonio Abate “il barbato”, S. Sebastiano “il frecciato” e S. Biagio “il Mitrato”, legati alla vittoria sulle malattie. S. Antonio Abate, protettore degli animali protegge le bestie dalle malattie, S. Sebastiano è invocato contro la polmonite (originariamente contro la peste, ma quando questa fu sconfitta, la specializzazione si legò ai bronchi) e S. Biagio, contro le faringiti e le laringiti.

S. Biagio è detto mitrato, in quanto Vescovo, a differenza di S. Nicola di Bari, a volte raffigurato a capo scoperto, in segno di umiltà, ma anche per un compromesso tra Chiesa Orientale e Roma. La prima vorrebbe la tiara, la seconda la mitra. Il Santo protettore contro il mal di gola, è stato sempre vestito con paramenti latini.

Il Delitio, nel coro della Cattedrale di Atri, ha messo la mitra a S. Biagio, lasciando a capo scoperto S. Nicola. Quest’ultimo ha la casula rossa, non perché martire, ma come colore di dignità. Gli iconografi e i pittori del Tardo Medioevo non si ponevano lo scrupolo del colore liturgico. Sempre rimanendo nel coro della Cattedrale di Atri, S. Leonardo di Noblac, indossa la dalmatica verde.

S. Biagio, ad Atri, non ha la chiesa esclusiva, come S. Rita (venerata in S. Spirito, e ora, provvisoriamente in S. Nicola) e S. Nicola (nella chiesa eponima, anche se un tempo era venerato in Cattedrale, con l’organizzazione della Congrega dei Sarti). Dalla Cattedrale, il culto si è esteso a tutte le chiese cittadine dove il 3 febbraio si celebra la S. Messa. La liturgia è seguita dalla benedizione della gola, con due candele incrociate, benedette il giorno precedente.

Quando la Cattedrale fu chiusa, e si utilizzava la chiesa di S. Francesco, per il freddo si celebrò la Messa di S. Biagio nella cappella interna, già sacrestia, con largo concorso di fedeli.

S. Biagio è presente nel Museo Capitolare, presso un’ancona tardomedioevale, ovviamente nella comune soluzione iconografica di santo mitrato. Il manufatto si trovava un tempo in Cattedrale ed è stato oggetto di “museizzazione” per renderlo più fruibile ai visitatori, sempre rimanendo nel complesso monumentale del Duomo. Stessa cosa è avvenuta per la terracotta invetriata di Luca della Robbia, la Maestà (1470 ca.), certamente cimelio più attenzionato dagli storici dell’arte, ma anche il S. Biagio non è da meno.

Se a Milano si consuma il panettone raffermo e a Roma la pagnotta (benedetta nella chiesa di S. Biagio, antica sede del sodalizio armeno, in Via Giulia), ad Atri è la volta del tarallo, sorta di ciambella, dove non è escluso il legame con la macina, uno dei tanti strumenti di tortura dei Romani. Tornando agli affreschi del Delitio (non è solo storia dell’arte, ma anche delle tradizioni), una seconda immagine di S. Biagio, questa volta a figura intera, lo rappresenta con una macina, dotata di foro circolare, al centro. Il Delitio dipinse un doppione, probabilmente perché S. Biagio era molto venerato in Atri e nei dintorni, in quanto otorino dei poveri, come lo ha definito Emiliano Giancristofaro. Per ovviare al problema della replica, qualche storico dell’arte pensò al Papa S. Clemente, lo stesso delle due abbazie abruzzesi, un tempo entrambe in provincia di Teramo, ma sulla testa ha la mitra in luogo della tiara (usata fino a S. Paolo VI, e nell’araldica, fino a S. Giovanni Paolo II). Ai tempi del Delitio, il Papa al di fuori delle celebrazioni liturgiche, vestiva in rosso e la tiara, oltre al segno del potere, distingueva il Sommo Pontefice da tutti gli altri Vescovi.

Il poeta Antonino Anello ha dedicato a S. Biagio una poesia, musicata dal m° Prof. Cav. Glauco Marcone, “Lu taralle de Sante Biasce”, interpretato dal m° Quinto Paolini e Lucia Del Principio, negli anni iniziali del coro “A. Di Jorio”. Il poliedrico artista ultranovantenne, il grande Tonino Anello, con il percorso calendariale, ha lanciato il “la” per una soluzione culturale, oggi a gonfie vele, nell’ambito dell’Università abruzzese.

SANTINO VERNA