L'APPUNTAMENTO CON LA TRADIZIONE

UNA LOCATION PARTICOLARE PER IL S. ANTONIO ABATE IN ATRI

Domenica 20 gennaio, prima alla fattoria sociale “Rurabilandia”, poi nell’ex-chiesa di S. Andrea, in Atri, tra pomeriggio e sera, si rinnova la rappresentazione musicata del S. Antonio Abate, a cura dell’associazione culturale “Cul. Tur. A’.” e della schola-cantorum “A. Pacini”.

Nella chiesa di S. Andrea è la kermesse è articolata in due parti, dopo il walking tour per il centro storico: il laboratorio dei “cellitte di S. Antonie”, dolci per antonomasia del Santo Abate e la rappresentazione, questa volta con l’interpretazione di Adriano Astolfi, nella parte di S.Antonio e di Gian Carlo Angelozzi, in quella del diavolo. Entrambi gli attori e cantori atriani sono componenti della schola- cantorum “A. Pacini”, diretta dal maestro teatino Fabio A. D’Orazio.

La location della trecentesca chiesa di S. Andrea è indirettamente legata alla diffusione e alla promozione del S. Antonio Abate. Fu il Concilio di Trento, con la Compagnia di Gesù, ad offrire come catechesi popolare la rappresentazione della vita dei Santi. La vita di S. Antonio, nel deserto, si prestava bene alla catechesi, perché il Santo aveva lasciato gli averi per ritirarsi nella solitudine, dove fu tentato dal demonio. Ma con l’ascesi, riuscì a vincerlo e a conquistare il martirio bianco.

I Gesuiti furono presenti ad Atri, grazie al Preposito Generale, l’atriano P. Claudio Acquaviva, appartenente alla dinastia ducale, tra le più potenti del Regno di Napoli, dal 1606 al 1767, sei anni prima della soppressione, decretata da Clemente XIV, Papa dell’Ordine Francescano Conventuale. Il Collegio di Atri, formò tanti giovani, e tra questi ricordiamo Troiano Odazi, docente di economia all’Università di Napoli. Nel palazzo era presenta una sala teatrale, per le attività formative e ricreative. Fu quello il primo teatro moderno di Atri. La parentesi gesuitica dell’antico ospizio beneficato dal Cardinal Giovan Battista Cicada, nonostante la memoria del Beato Rodolfo, non è molto ricordata ad Atri.

L’annessa chiesa di S. Andrea, continuò a vivere dopo la chiusura del collegio, e fu sempre legata all’attiguo stabile, Scuola di Arti e Mestieri e Convitto. Persa la funzione liturgica, il suo interno a croce greca, dal 2003 è la sede della schola cantorum, impegnata anche nella riproposta di una delle tradizioni più sentite in Abruzzo, a partire dal Tardo Medioevo.

La schola è dedicata al canonico toscano, giunto in Atri per l’insegnamento al Seminario, nella fase più prestigiosa quando richiamava alunni da tutta la regione, particolarmente versato nella musica. Quest’anno ricordiamo il centenario della morte. Il coro di voci virili, nacque nel 1987, sul sentiero della tradizione canora promossa dai Francescani Conventuali, dopo il ritorno in S. Francesco, nel 1936. Fondato dai fratelli docenti Carmine e Concezio Leonzi, entrambi ne sono stati maestri direttori. Con i professori Leonzi la compagine canora ha spiccato il volo, con la prima tournèè transoceanica, nel dicembre 1999.

L’insolita e significativa location, non è quella dei luoghi originari del S. Antonio, interpretato soprattutto da Umberto Sacripante, il più grande santantoniaro d’Abruzzo, perché per decenni veniva rappresentato nelle case delle famiglie facoltose, dove si radunavano amici e parenti.

Quando il reperimento di salsicce, formaggio, prosciutto e vino non fu più un’esigenza, anche per sfidare i rigidi inverni, il giro per le case si affievolì e si sviluppò la rappresentazione nei teatri, nei circoli ricreativi e nelle prime TV private, per trasmettere nei giorni seguenti, la registrazione. Dove non erano presenti ampi spazi profani, si ricorreva alla chiesa (non era questo il caso di Atri), dove era presente il simulacro di S. Antonio Abate o comunque un’immagine dipinta del Santo. Il clima di gennaio sconsiglia luoghi esterni, ma celebre rimane il S. Antonio in Piazza Navona. Certamente nella capitale non si ha il freddo di Atri o altri luoghi d’Abruzzo, ma anche a Roma il freddo, talvolta, non scherza.

Un S.Antonio itinerante ad Atri, fu quello del 17 gennaio 2002, organizzato dal “Passagallo” di Pineto, valorizzando i centri antichi del Cerrano. La kermesse non piacque al poeta dialettale Antonino Anello che subito immortalò l’evento nella poesia “Atre nostre”. Sembrava un’invasione di campo: vi immaginate per le strade di Fara un camion di pasta dei Pirenei?

Il pomeriggio di gennaio dedicato a S. Antonio Abate, potrebbe essere l’occasione per riportare sul calendario cittadino, la benedizione degli animali della campagna. Una consuetudine riportata in vita nel 2002, ma finita pure questa. E’ tornata però la fiera boaria, in agosto, e questo è uno dei segni tangibili dei mutamenti culturali.

SANTINO VERNA