- Dettagli
- Pubblicato Lunedì, 31 Dicembre 2018
- Scritto da Santino Verna
UNA BELLA TRADIZIONE ATRIANA
ALPINI E PROTEZIONE CIVILE NELLA CHIESA DEI CADUTI
Il 29 dicembre scorso, nella Chiesa di S. Liberatore in Atri, si è rinnovato l’incontro di Alpini e Protezione Civile, con la S. Messa, seguita dal momento conviviale appena fuori Atri. Instancabile animatore è Alvaro Guardiani, il cui volto si illumina di gioia quando parla degli Alpini. Ha dato un breve saluto all’inizio della celebrazione.
La tradizione, ormai entrata nello sgargiante cartellone cittadino, con forza e discrezione in pari tempo, è nata nel 2001, quando Don Paolo Pallini propose l’idea ad Alvaro
. Era un giorno come tanti, e l’incontro tra l’ex-alpino e il sacerdote, nel centro di Atri, portò alla prima edizione, nella Chiesa di S. Gabriele, alla cui parrocchia appartengono diversi Alpini e componenti della Protezione Civile.
Da qualche anno, la S. Messa viene celebrata nella Chiesa di S. Liberatore, conosciuta come “Cappella dei Caduti” (si dovrebbe dire “Chiesa dei Caduti”, perché ha il portale non all’interno di un edificio, ma affacciato all’esterno e il campanile a vela con le funi visibili sul lato dell’Epistola), perché nel 1935, l’allora Arcidiacono Raffaele Tini, fondatore del Museo Capitolare, promosse il ripristino della chiesa quattrocentesca, legata all’omonimo ospitale, dedicandola ai caduti della Grande Guerra. Il sacrario diventava quindi il sostituivo del camposanto, per quanti avevano il nonno o il papà dispersi nel Nord-Est, come ama ricordare Antonella Pavone, figlia di Massimo, angelo custode della Chiesa di S. Liberatore. Sul lato dell’Epistola sono ricordati tutti i caduti atriani della Ia e della IIa guerra mondiale e su ognuno si potrebbe scrivere una storia.
Don Paolo nella vibrante omelia ha anche ricordato indirettamente la vicenda della Chiesa e del vicino ospizio, embrione dell’attuale nosocomio. Proprio tra quelle mura, il Beato Rodolfo, figlio del duca Giovan Girolamo Acquaviva, e quindi nipote di P. Claudio, Preposito Generale della Compagnia di Gesù e di Margherita Pio di Carpi, maturò la vocazione religiosa e missionaria, non beneficiando mai della posizione dello zio, di soli sette anni più grande di lui. Rodolfo, si raccoglieva al cospetto del Santissimo in S. Liberatore e poi si recava all’ospizio (fino agli anni ’30, collegato internamente alla chiesa, attraverso una porta sulla cantoria in controfacciata), per confortare i poveri e gli infermi.
Don Paolo si è soffermato su Don Carlo Gnocchi, sacerdote ambrosiano, recentemente beatificato che all’indomani della guerra, volle raccogliere le vittime del conflitto, i “mutilatini”. Un ragazzo da lui accolto volle salutarlo, il giorno delle esequie chiamandolo “San Carlo”. Nell’omelia è stato pure ricordato il trapianto della cornea, reso possibile grazie alla donazione di questo dinamico prete, nella cui opera si è formato Mario D’Alessandro, bibliotecario e articolista, studioso di tradizioni popolari, presente in Atri, il giorno dell’Immacolata con il suo alter ego Valerio Di Valerio, prematuramente scomparso nel 1995.
Presente il Sindaco di Atri, Prof. Piergiorgio Ferretti con l’Assessore Dott. Gabriele Astolfi. Nell’assemblea, Luciano Troiano, in prima linea nella salvaguardia delle tradizioni popolari abruzzesi, e ricordiamo soltanto la sua solerte collaborazione nel C. A.T. A. (Centro Antropologico Territoriale d’Abruzzo), presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara. La Chiesa gremita ha sfidato il freddo dicembrino. Si stava bene, anche passeggiando per Atri, rischiarata dalle luminarie natalizie. La celebrazione è stata animata dagli zampognari di Cepagatti, coordinati da Ciriaco (Cecetto) Panaccio. Sono stati eseguiti brani natalizi, mariani e alpini, in sintonia con la celebrazione liturgica, nei Primi Vespri della Santa Famiglia, festa entrata nel calendario, con Leone XIII, quando la dolce istituzione cominciava ad accusare diversi colpi.
Il brano di maggior commozione Tu scendi dalle stelle, composto da S. Alfonso M.de Liguori, e un tempo eseguito nella Novena di Natale con tutte le strofe. Senza parole, ovviamente, ma con la zampogna e il piffero, e gli esecutori avvolti in pesanti mantelli, dove spiccava la barba bianca di Ciriaco, nella Chiesa dove le celebrazioni nel corso dell’anno, si contano sulla punta delle dita. Il canto è avvenuto accanto al presepe di Italo Bosica, donato alla Chiesa dei caduti. Una composizione turriforme, dove era presente il motivo della fuga in Egitto, con Gesù Bambino in braccio alla Madonna, sull’asinello, condotto da S.Giuseppe. Sarebbe stata la più tenera illustrazione di questa festa.
D’obbligo, Il silenzio e Signore delle cime. All’Offertorio, zampogna e piffero hanno eseguito l’Ave Maria di Settimio Zimarino, francescano docente al Pontificio Seminario “S.Pio X” di Chieti. Un canto entrato in tante case abruzzesi, grazie a TRSP, pluriennale esperienza mediatica portata avanti da Don Stellerino D’Anniballe, Parroco di S. Pietro in S. Antonio in Vasto.
Una meravigliosa ora passata insieme, per alcuni è stata la prima volta, nell’auspicio della prossima canonizzazione di Don Carlo Gnocchi e Rodolfo Acquaviva.
SANTINO VERNA