UN LIBRETTO RITROVATO!

IL DRAMMA CHE RACCONTA LA STORIA
DEL "BEATO NICOLA"

 Credevo di aver perduto il libricino, dalla foggia strana ed antica. L'ho cercato per tanto tempo tra le mie carte e i mie libri e oramai lo davo per perso, ma, come spesso accade, quando hai smesso di cercare qualcosa, essa rispunta.

Si era insinuato, data la mole ridotta, all'interno di un libro ben più voluminoso.
Si tratta de "IL BEATO NICOLA" con il sottotitolo "L'assurda vicenda di un Santo che non è più Santo" di Pino Zanni Ulisse, professore Atriano, purtroppo scomparso prematuramente.
  Ricordo che il libretto, per la sua forma e contenuto, mi affascinò subito negli anni giovanili. L'edizione è del 1965 della storica tipografia atriana di Quinto Zanni, in Corso Adriano n.1, pensate!   L'edizione fa parte della collana denomina "Poche e bbone" con il simbolo di una civetta appollaiata su una pila di libri, che denota e certifica sapientemente la naturale vena auto-ironica del tipografo e di una certa, purtroppo, passata intellighentia atriana che considero la più vera ed importante.

Il dramma fu anche prescelto al concorso nazionale “Gente Nostra”.

Ma veniamo al contenuto: si tratta di un dramma in tre atti che si svolge nel Sec. XV e si conclude nel XVII, racconta del cavaliere Nicola Orsini proveniente da Pagliara o di un povero di nome Pisciella, poi diventato frate eremita con il nome di Beato Nicola per via di un tormentato amore con una bella atriana, Reparata insidiata dal Duca poi suicidatasi sul Colle della Giustizia per disonore.

Tutti ad Atri conoscevano questa leggenda, questa bellissima e tragica storia d’amore medievale che ha affascinato intere generazioni, soprattutto gli strati più popolari.

Nella Cattedrale, appena varcata la soglia dell’ingresso principale e lo scalone, sulla destra, veniva esposto un sarcofago con uno scheletro fornito di bisaccia del presunto Beato che si diceva, in una notte di tempesta di neve, come ve ne sono spesso ad Atri, si era rifugiato nella Cattedrale e essendo morto di freddo e di stenti, le campane avevano suonato miracolosamente da sole.

Il Beato riconosciuto tale dalla tradizione popolare, ma non dalla Chiesa ufficiale, fu poi trasferito in sagrestia.

La leggenda pop del nostro Beato, era di quelle avvolte nel mistero che popolano la fantasia che colorano le epoche e ci trasportano in quello spazio inesplorato e più riposto della nostra mente.

 La storia raccontata da un ispirato Pino Zanni, è densa della cultura umanistica dell’autore, dell’amore per la storia e la cultura atriana non disdegnando la vena popolare e l’animo paesano più vero.

 Il Clericus Vagans (l’autore stesso), Frate Nicola, Don Luigi (forse Illuminati), le comari, Rodolfo, Rita ed il Coro; questi i personaggi principali di un affresco con sullo sfondo Atri medievale.

La storia d’amore tragica per Nicola e Reparata, diventa festosa due secoli dopo per Rodolfo e Rita, nello scenario della declassificazione del Beato e di grandi riflessioni sulla fede, sul mondo e sull’esistenza. Un racconto breve, ma tosto, di una attualità dirompente, un piccolo capolavoro da incorniciare.

Mi sfugge se in tanti anni trascorsi dalla edizione del ’65, vi sia stato qualche tentativo di rappresentazione del dramma, ma sarebbe il caso veramente di farne una nuova edizione e di proporne una rappresentazione adeguata da parte delle tante compagnie teatrali atriane.

Una vera occasione per cimentarsi con storie e sensibilità locali e non soltanto per ospitate di pur importanti spettacoli teatrali, nella consapevolezza così di contribuire anche alla crescita di talenti e professionalità locali.

Claudio Angelozzi