Il calore della tradizione

SANT’ANTONIO DI GENNAIO A MUTIGNANO

Si rinnova il 13 gennaio prossimo nel borgo storico di Mutignano, il “Sant’Antonie de jennare”, giunta alla VIa edizione. Una tradizione cara alle genti d’Abruzzo, perché S. Antonio Abate ne è patrono morale. Essendo regione agrosilvopastorale e marginalmente marinara, a dispetto dei circa 130 kilometri di costa, un tempo con il problema dei lidi insalubri, S. Antonio fu scelto dal popolo a protettore della regione. Poi, in tempi recenti, verranno le dichiarazioni di S. Gabriele e S. Camillo.

S. Antonio Abate non è mai stato in Abruzzo, ma la sua devozione si diffuse nel Medioevo, anche grazie ad un giullare dell’Italia Settentrionale, autore della “Historia Sancti Antonii”, distante dalla biografia ufficiale di S. Atanasio, Vescovo di Alessandria. La festa del 17 gennaio non è stata suscettibile di cambiamenti e questo ne ha rafforzato il culto, a differenza di altri testimoni della fede soggetti a trasferimenti di data. Prendiamo S. Tommaso, ultimo Apostolo dell’anno solare, festeggiato in piena di Natale, proprio per le ferie privilegiate con il canto delle antifone, viene ora festeggiato il 3 luglio. Anche l’omonimo Aquinate con la stessa situazione del tempo forte, in questo caso in Quaresima, dal 7 marzo, ha ora la data del 28 gennaio. Un po’ meglio è andata a S. Elisabetta d’Ungheria, dal 19 al 17 novembre, quindi lo spostamento non ha causato problemi.

Al povero S. Gioachino, non solo il trasferimento della data, non più il 16 agosto, ma la festa in condominio con la sua sposa, S. Anna, il 26 luglio, anche se nella religiosità popolare quest’ultima prevale sullo sposo. A livello liturgico la memoria è detta dei SS. Gioachino e Anna. E neppure la festa dei nonni, di recente nascita, si è imposta nel pieno della calura estiva, perché questa è il 2 ottobre, anche se i nonni si festeggiano ugualmente nel giorno dei genitori di Maria Santissima.

S. Antonio Abate si è fortemente identificato con il mese della festa, da diventare “Sant’Antonie de jennare”, per differenziarlo da S. Antonio di Padova, il quale da Fernando assunse il nome del patriarca del monachesimo, quando abbandonò l’abito agostiniano per assumere il saio minoritico, desideroso della missione tra gli infedeli.

Mutignano, come tanti paesi d’Abruzzo, aveva la tradizione del S. Antonio, rituale del solstizio invernale con la celebrazione della fine della fase discendente del sole e la ripresa delle giornate lunghe. Erano i giorni delle vacanze del contadino, legati alla consumazione del maiale, poiché non c’erano gli attuali sistemi di conservazione. La famiglia più ricca, nel nome di S. Antonio, doveva dare a quella più povera prosciutti, salsicce, formaggi e uova.

Questo avveniva in forma minore, nelle vigilie di Capodanno e dell’Epifania, con squadre di cantori e suonatori. Nel clima della festa di S. Antonio Abate si entrava subito dopo la Pasquetta (prima Pasqua dell’anno), anche perché non incontriamo Santi particolarmente importanti per la terra d’Abruzzo. Per questo si menzionava il proverbio: “Dopo Natale è subito Carnevale!”, intendendo per Natale l’Epifania, quasi un secondo Natale. E un tempo il Carnevale era molto più sentito di oggi, perché era l’unico periodo dell’anno in cui era lecito divertirsi.

Intorno al Grande Giubileo del 2000, la festa di S. Antonio Abate ha ripreso vigore, nelle Terre del Cerrano, grazie alla ricerca etnomusicologica di Carlo Di Silvestre, allievo di un luminare della materia, Roberto Leydi, morto 15 anni fa. Il risveglio religioso del Giubileo ha suscitato l’interesse verso Santi e Beati della regione e non poteva mancare il fondatore del monachismo.

Due anni prima era nato il comprensorio delle Terre del Cerrano, quattro comuni uniti dalla topografia e dalla storia, Atri, Pineto, Roseto e Silvi, anche se inizialmente l’area non comprendeva Roseto. I comuni erano idealmente uniti dalla torre quadrangolare, compresa nel comune di Pineto, ma presente nello stemma municipale di Silvi. Il comprensorio è presente nel componimento “Atre nostre” di Antonino Anello, declamato in “Serata sotto le stelle” ad Atri, nel 2002. Il poeta ultranovantenne, ebanista, cantore e autore di commedie, rispolverò una piacevole canzonetta, con la musica del m°Prof. Glauco Marcone. E si riferiva proprio alla rappresentazione del S. Antonio, declinata nella versione etnodemologica, senza pretese melodrammatiche e velleità virtuosistiche, ma con figuranti e strumenti popolari nel vero senso della parola, corredati da utensili da cucina per amplificare il rumore e segnalare il passaggio dei “santantoniari”. La tradizione abruzzese vuole il corteo itinerante e la sosta di casa in casa, almeno in quelle principali. Mutignano diventa il centro territoriale del S. Antonio, a partire dalle 16 del 13 gennaio, nel sabato precedente la festa. L’anticipo è motivato dalla presenza di gruppi forestieri che il 16 e il 17 sono presenti nei propri paesi. Quest’anno è la volta dei “Maccabarri” di Penne.

Da qualche anno il “Sant’Antonie de jennare” non ha più la solerte guida del “Passagallo” di Pineto, la compagnia di canto popolare, il cui esordio fuori Abruzzo fu nella città dell’altro Antonio, a Padova, presso il sodalizio abruzzese-molisano, e quando si parla del padre di tutti i monaci, il pensiero corre sempre al più famoso omonimo, le cui spoglie riposano in quella sgargiante Basilica, quasi un’evocazione della Gerusalemme Celeste dove accorrono festose tutte le genti.

SANTINO VERNA