- Dettagli
- Pubblicato Sabato, 10 Giugno 2017
- Scritto da Santino Verna
LA CULTURA NON...DOVREBBE ANDARE IN VACANZA
LE TECHE RAI: UN SERVIZIO INCOMPLETO PER CHI PAGA IL CANONE
L’anno sociale sta terminando e anche il palinsesto della RAI ne risente, con la chiusura dei programmi che riprenderanno con il nuovo anno sociale. Uno dei contenitori, per antonomasia, è “Domenica In” che si avvia verso il mezzo secolo, rappresentazione di un’Italia allegra e solare, in attesa dei risultati di calcio, anche se la domenica sportiva non è più come tanti anni fa.
Dalle teche RAI spuntano prevalentemente due filoni: film e intrattenimento. I film sono spesso di poco valore, non vengono proposte pellicole d’autore o di nicchia, e gli show oscillano tra la banalità e la volgarità. Cosa che non accadeva negli anni ’50, quando nei programmi per ragazzi non si potevano usare termini poco adatti alla loro età. Persino il verbo “convivere”, non poteva essere pronunciato nella TV di ragazzi, pena un rimprovero con tanto di multa.
Siamo in un mondo pieno di scurrilità e trivialità. Il problema è che prestiamo più attenzione quando queste vengono dalla TV. Se in piazza, ma pure nella sacrestia di una chiesa, ascoltiamo in una conversazione qualche parola oscena, magari durante una rovente discussione, lo diamo per cose normali.
Sul piccolo schermo uno showman che non di rado diceva qualcosa di vero, Gianfranco Funari, condiva le opinioni con tante parole scurrili, forse per richiamare l’attenzione o sfogare l’impazienza. Divenne più tardi un tormentone, quando, spuntata la barba bianca sul volto provato dalla malattia, nei discorsi sulla politica, scorrevano banali parole e gergo da osteria.
Cosa che si riscontra pure nella comicità. Totò nei suoi meravigliosi film non ha mai usato locuzioni oscene, eppure è stato definito “principe della risata”. Per tornare a Funari, nella breve apparizione in “Simpatici antipatici” definisce un antipatico con una parola volgare, puntualmente spiegata in una trasmissione, dove al conduttore era subentrato il comico.
Dalle teche potrebbero rispuntare tanti programmi regionali a diffusione nazionale, come quelli sulle tradizioni popolari, spesso con la consulenza di ottimi docenti, come Alfonso Maria Di Nola e Tullio Seppilli. Giugno, luglio e agosto, per rimanere nella festa del periodo, offrono tante possibilità, ma è pur bello rivedere una kermesse invernale.
Alla fine degli anni ’80 Sandro Lai presentò “L’età sospesa”, un programma su infanzia e tradizioni popolari, incentrato soprattutto nel Mezzogiorno. L’Abruzzo fu rappresentato dai serpari di Cocullo e dalla pantomima del lupo di Pretoro, entrambi con il comune denominatore di S. Domenico, l’abate ofidomaco, vissuto qualche decennio prima di S. Francesco. Se la rappresentazione di Pretoro ha per protagonista un bambino, l’ultimo nato del paese (quando non c’è, viene portato un neonato da Rapino o Roccamontepiano), Cocullo è una kermesse per tutti, dove l’emozione si legge sul volto dei bambini, incuriositi dall’antica tradizione delle serpi attorno al Santo.
Nel vicino Molise fu ovviamente ripresa la processione dei Misteri, a Campobasso, il giorno del Corpus Domini, con una serie di statue viventi, rappresentanti episodi del Primo e del Secondo Testamento e vite di Santi cari alla pietà popolare, come S. Isidoro l’Agricoltore. Le tre feste appena menzionate rientrano tutte nel periodo delle teche RAI, o comunque poco prima della fine dell’anno sociale, i serpari di Cocullo, il primo giovedì di maggio, il lupo di Pretoro, la domenica seguente (anche se a Palombaro, da diversi anni, la pantomima è stata ripresa, ma la prima domenica di giugno, consentendo quindi agli appassionati di assistere a tutte e due), i Misteri, il giovedì dopo la Ia domenica dopo Pentecoste o comunque nell’ottava del Corpus Domini.
Molte trasmissioni culturali erano realizzate grazie al DSE (Dipartimento Scuola Educazione), nata nel periodo in cui mamma RAI sentiva nelle proprie vene la missione educativa. A questo si potrebbero aggiungere le puntate di “A tu per tu con l’opera d’arte”, di Cesare Brandi, storico dell’arte e del restauro. Sarebbe un’ulteriore sottolineatura dell’Italia come Paese dell’arte.
Un programma da riproporre, scavando nelle teche, è “Almanacco del giorno dopo”, la cui sigla per l’arte e la musica consisteva un vero tuffo nella cultura. Andava in onda alle 19.40, quando la famiglia era radunata per la cena, specialmente in inverno, prima delle previsioni del tempo e del telegiornale più importante nel corso della giornata. Una scarna presentazione del giorno seguente, con la perfetta dizione di Paola Perissi, una delle presentatrici storiche della TV di Stato, e poi una serie di perle culturali.
Il canale culturale della RAI rimane il terzo, assegnato, nella lottizzazione, ai comunisti che non disdegnavano la cultura, mentre la Balena Bianca e il Garofano, si aggiudicano gli appalti e i posti presso le banche o gli enti. E anche se nei programmi culturali, compariva una chiesa o si delineava attraverso un ciclo pittorico la vita di un Santo, i comunisti non li depennavano. Costituiva pur sempre il patrimonio artistico e culturale del Paese, a fortiori dell’Italia, Paese cattolico soprattutto per la presenza del Papa nella penisola.
Corrispettivo radiofonico è sempre il terzo. La radio ha mantenuto il taglio culturale, più del piccolo schermo. Wikiradio, nel primo pomeriggio, è imago brevis dei programmi culturali di mamma RAI che dovrebbero essere proposti anche con il solleone. Perché la cultura, come la fede, non va in vacanza.
SANTINO VERNA