UN CULTO SECOLARE

SANT’ANTONIO DI PADOVA E I QUATTRO RIONI DI ATRI

Sant’Antonio di Padova, festeggiato il 13 giugno, la cui memoria è preparata dalla Tredicina, con inizio il 31 maggio, per arrivare alla festa con tredici giorni compiuti, è presente nei quattro rioni storici di Atri: S. Nicola, S. Maria, S. Giovanni, S. Croce. Non ha quindi l’esclusiva come S. Rita, venerata solamente nell’erigendo Santuario di Capo d’Atri, segnato dal terremoto.

Luogo fondamentale del culto antoniano in Atri, il quarto S. Nicola, dove ricade la chiesa di S. Francesco. Trasformata in epoca barocca, fu eretto, nel transetto destro, l’altare con l’Estasi di S. Antonio. Con il ritorno dei figli di S. Francesco (1936) fu commissionato il simulacro, in abito conventuale, nell’iconografia tradizionale. La statua fu poggiata sull’alta base, ed evidenziata, in occasione dell’annuale festa. Il 13 giugno 1944, per intercessione di S. Antonio, Atri fu salva dalla guerra e per tante edizioni la festa del Santo divenne quasi l’alter ego di S. Rita.

Il quarto S. Maria ha nel Museo Capitolare una sacra conversazione dove è presente il Taumaturgo di Lisbona. Il Delitio, a corredo del ciclo pittorico, non ha inserito S. Antonio. L’unico francescano presente è S. Bernardino, abruzzese di adozione e fresco di canonizzazione. Il processo fu compilato dal Vescovo di Atri e Penne Giovanni Ranellucci di Palena, poi trasferito ad Orvieto. Come alter ego di S. Tommaso d’Aquino, nelle vele degli evangelisti e dottori, sarebbe caduto a fagiolo S. Bonaventura, ma agli atriani, forse, in quel momento, era indirettamente più caro S. Tommaso, in quanto aveva trascorso l’infanzia a Loreto Aprutino, rivale di Penne, a sua volta, rivale di Atri. Ironia della sorte, il Vescovo atriano più legato agli affreschi si chiamava Antonio, nome non molto presente nella cronotassi dei Vescovi. L’ultimo è stato Mons. Antonio Nuzzi, nato al Cielo nove mesi fa.

Da qualche anno, la statua di S. Antonio è presente nella chiesa di S. Reparata, perché la chiusura di S. Francesco ha trasferito le funzioni di quest’ultima alla vicina Cattedrale. La festa, solamente religiosa, non comprende più la processione per le vie di Atri e la consegna del giglio da parte di un bambino. Tra i bimbi che ebbero tanti anni fa questa gioia, Nino Bindi, docente di diritto a riposo. Nel dimenticatoio è stata messa pure l’estrazione del quadro, con la gioia della famiglia vincitrice, perché la casa era stata visitata dal Santo. Nei giorni seguenti, come avviene per altre feste, il capofamiglia offriva il pranzo ai deputati e se si andava in campagna, era molto lauto.

E’ mantenuta, invece, la benedizione e distribuzione del pane dei poveri, la cui raccolta per tanto tempo veniva organizzata da Gaetanina Modestini, entrata nella Pasqua eterna il 18 maggio 1988, proprio nei giorni in cui si pensava alla festa del Santo di tutto il mondo. In suffragio di Gaetanina veniva celebrata la Messa, nei Secondi Vespri di S. Antonio, in S. Francesco, con l’animazione della schola cantorum “S. Francesco” diretta dal cognato m° Cav. Prof. Glauco Marcone. Nella corale spiccavano i fratelli Enrico, Mario e Arturo, le migliori voci della città di Atri. Formavano un nesso inscindibile con la schola, tanto da avere per sinonimo “coro dei Modestini”. L’indimenticabile Arturo partecipava con solerzia alla festa di S. Antonio, portando nella processione, la croce astile.

Il confetto argentato sulla pizza dolce sarebbe stato il “Si quaeris miracula” di Oreste Ravanello, eseguita soprattutto nella Basilica del Santo. Ma la schola preferiva, dopo la benedizione e il congedo, cantare l’”O dei miracoli”, versione per il popolo del “Si quaeris”, con l’ovvio riferimento a Padova. Il popolo cantava, ma subito si precipitava verso il pane, nelle versioni della pagnotta e del panino. Nel 1994 la tradizione legata a Gaetanina s’interruppe, e si era già nell’VIII centenario della nascita di S. Antonio.

Il pellegrinaggio delle reliquie non arrivò in Atri, e neppure nella forania. L’amministratore di S. Francesco, Giuseppe De Gabrielis, si procurò un bel numero di santini da Padova, come prolungamento della festa del 13 giugno. La fine della scuola con le ultime interrogazioni, il lavoro nei campi con la trebbiatura, le celebrazioni delle Cresime (un tempo data fissa il 2 giugno in Cattedrale) e delle Prime Comunioni, il giorno feriale del 13, hanno portato non poco a dimenticare il Santo dei miracoli.

Il quarto S. Giovanni, negli anni ’50 e ’60, festeggiava S. Antonio, con l’esposizione della statua, in abito osservante, come in molte chiese non conventuali, in simultanea con S. Francesco. Non sembrava una concorrenza o un fastidio, perché il rione S. Domenico, all’epoca era molto popolato, prima del trasferimento degli abitanti nella periferia Sud o in altre aree fuori dal centro storico, o addirittura, in altri comuni. In più era ed è un “quarto a statuto speciale” della città degli Acquaviva. Per molti anni il S. Antonio è rimasto sul credenzone ligneo della sacrestia, a vegliare i sacri ministri prima e dopo la celebrazione. Recentemente è stato portato su un piedistallo in chiesa.

Il quarto S. Croce (Capo d’Atri) ha la statua nell’oratorio della Trinità, in una scarabattola a muro. Una vecchia statua del Taumaturgo di Lisbona è conservata in casa Verna, ereditata dal Canonico Antonio Giardini, ultimo economo in ordine di tempo del Seminario di Atri, devoto del Santo di cui portava il nome.

SANTINO VERNA