Attenti a quel libro...

La tragedia di un popolo, il dolore di un padre nel nuovo romanzo di un grande scrittore israeliano

È uscito da pochi giorni il nuovo romanzo dello scrittore israeliano David Grossman dal titolo “Caduto fuori dal tempo”. Catalogarlo tout court nel genere del romanzo è senz'altro riduttivo perché, oltre al linguaggio estremamente evocativo tipico del genere poetico, anche nella veste grafica risulta suddiviso in parti in prosa e in parti in versi. Versi privi di rime, scarsi di punteggiatura, parole rarefatte sulla pagina bianca. E, a mio avviso, potrebbe ben prestarsi anche ad una sceneggiatura teatrale come quella della tragedia greca o delle commedie di Pirandello piuttosto che di Beckett o Jonesco. Ad esempio, le parti in prosa sono affidate allo “ Scriba delle cronache cittadine ” che assolve al compito di spiegare le vicende dei vari personaggi, compito che, nella tragedia greca appunto, appartiene al coro. I personaggi, poi, si muovono, come in tanta commedia moderna, dolenti ed estraniati , tutti con un identico fine: lasciare la terra dei vivi per andare “ laggiù ” dove il mondo dei vivi si separa da quello dei morti, alla ricerca, tutti, di un figlio perduto; chiusi e fissi, tutti, nel loro dolore. Che è, poi, lo stesso dolore di cui Grossman ha fatto personale esperienza per la morte del suo secondogenito  Uri, caduto nella guerra che Israele ha combattuto con  Hezbollah nell'agosto 2006. Dolore che fa da sfondo anche all'altro grande romanzo dello stesso autore “A un cerbiatto assomiglia il mio amore”: qui lo scrittore è mosso dall'antica idea che l'esercizio della narrazione possa tenere in vita un uomo in pericolo ( Grossman aveva iniziato a scrivere il romanzo prima della morte del figlio che ne aveva letto alcuni capitoli tornando a casa in licenza). In “ Caduto fuori del tempo “ lo scrittore vuole, invece, catturare la morte con le parole e lottare contro “ la distruzione, la cancellazione  e l'oblio “. ( È solo che il cuore / mi si spezza, / tesoro mio, / al pensiero / che io... / abbia potuto / trovare / per tutto questo / parole.)

Ma cosa mai ha potuto spingere una come me, né recensore né tanto meno critico, a  scrivere , vincendo anche una certa timidezza, queste poche righe di impressioni?

Innanzitutto è di questi giorni il riaccendersi dello scontro tra Israele e Palestinesi per il controllo della striscia di Gaza: la televisione ed il web ci rimandano scene di strazi indicibili, occhi di madri persi nel vuoto di una sofferenza senza nome per figli    caduti come vittime sacrificali sull'altare di un odio che sembra non voler mai finire e che di continuo alimenta il devastante fuoco della guerra. Di tutto questo vedevo espressione compiuta nelle pagine del libro di Grossman e via via mi appariva sempre più chiaro come egli avesse veramente trovato le parole per descrivere lo strazio ed il lutto per  tentarne anche, in qualche modo, una rielaborazione attraverso la scrittura.

E poi lo stupore per la profonda conoscenza della psiche femminile che lo scrittore dimostra di possedere. Come dimenticare la descrizione dei sentimenti di Orah (“ A un cerbiatto assomiglia il mio amore “) , la madre che, nella speranza di scongiurare la morte del figlio non facendosi trovare in casa per riceverne notizia, intraprende  un lunghissimo viaggio e che, pur di allontanare da sé il devastante presentimento, scava a   mani nude una buca nella terra per nascondervi il volto e sentirsi in tal modo rassicurata dal contatto profondo con la madre di tutti i viventi? Come dimenticare le parole  in “ Caduto fuori del tempo “ che, pur in bocca ad un uomo, sono proprie di una natura e di una sconfinata tenerezza femminili: ” Muovendomi ti / farò muovere / figlio mio / sradicato / freddo / sterile /” e che sembrano l'eco delle parole che Jacopone da Todi fa pronunciare a Maria ai piedi della Croce?

Sarà forse che il dolore per la morte di un figlio non conosce diversità di espressione ed appartiene indifferentemente all'umano e al divino, all'uomo piuttosto che alla donna i quali, alla fine, almeno in questo, risultano essere uguali. 

 Gabriella Romano