Protagonista della storia religiosa di Atri

MONS. AURELIO TRACANNA A 50 ANNI DALLA MORTE

Il mesto suono delle campane, quell’11 febbraio 1967, fece pensare a qualche atriano, nel disbrigo delle incombenze quotidiane, alla morte del Sommo Pontefice. Era fresco il ricordo della nascita al Cielo, neanche quattro anni prima, di S. Giovanni XXIII, il Papa che un gruppo di giovani atriani aveva incontrato in Piazza S. Pietro.

Invece aveva incontrato sorella morte Mons. Aurelio Tracanna, Arcidiacono del Capitolo e Delegato Vescovile di Atri. Un sacerdote che aveva conquistato il cuore degli atriani per la levatura morale e lo zelo sacerdotale. Era nato nella città degli Acquaviva nel 1906, da Ernesto e Uliana Fornaro, e dopo di lui vennero i quattro fratelli, Liberatore, il Prof. Dante, il Rag. Guido e Licinio.

Entrato nel Seminario di Penne, dove fu primo prefetto, proseguì gli studi teologici a Chieti, dove ebbe per compagno, Don Gaetano Tantalo, morto in fama di santità. Ordinato presbitero il 26 luglio 1931 da Mons. Carlo Pensa, ultimo Vescovo di Penne e Atri, fu incardinato ovviamente nella diocesi atriana dove svolse tutto il ministero sacerdotale. Molto portato per la musica, fu organista della Cattedrale.

Nel 1935 rinverdì la tradizione ceciliana, avviando la schola cantorum dei ragazzi, trasformata nel coro “S. Francesco”, quando tornarono i Conventuali nella chiesa del Patriarca dell’Ordine Serafico. Il coro divenne subito un’istituzione per Atri, nell’affollatissima chiesa di S. Francesco, dove si svolgevano con solennità e magnificenza tutte le feste della tradizione conventuale, a partire dall’Immacolata.

Parroco di S. Nicola, Don Aurelio promosse i restauri della chiesa, riportandola ad una migliore lettura delle linee romaniche-gotiche. La pietà popolare aveva momenti toccanti come la processione del Corpus Domini nel piviere, con la benedizione dei degenti a Largo S. Spirito, con l’altarino allestito nei pressi della Rocca di Capo d’Atri, quella della Medaglia Miracolosa e di S. Giuseppe. La festa di S. Nicola avrebbe avuto l’exploit con il successore Don Antonio Toscani che volle la statua, collocata nella navata destra, e Mons. Giuseppe Di Filippo, con l’indimenticabile Divina Liturgia in rito bizantino, la mattina del 6 dicembre 1987.

Don Aurelio istituì anche il circolo parrocchiale “S. Giovanni Bosco”, quando le due compagini ecclesiali di spicco in Atri erano l’AC e le Dame di Carità. Ancora cominciava la fioritura dei Movimenti, promossi dal Concilio Vaticano II, con la riscoperta del sacerdozio battesimale del popolo di Dio. Il circolo di AC ebbe breve vita, ma tanto entusiasmo da parte dei giovani dell’allora popolosa parrocchia. Durante il parrocato di Don Aurelio furono ridefiniti i confini del piviere: S. Nicola perse territorio in campagna ma acquistò da S. Maria nella Cattedrale, buona parte del centro storico. Basti pensare che il Duomo arrivava fino a Palazzo Sanguedolce, casa acquistata dal Dott. Giovanni Pacchioli.

Giunto il grande Vescovo Gilla Vincenzo Gremigni, per Don Aurelio si prospettava la promozione a Vicario Curato, cioè Parroco, di S. Maria. Fu nominato Arcidiacono e Delegato Vescovile, prima dignità capitolare che faceva le veci del Vescovo. Don Aurelio non volle lasciare S. Nicola, e vi rimase nella veste di Economo Spirituale, locuzione trasformata più tardi in “amministratore parrocchiale”, con tutte le funzioni del Parroco. Nelle funzioni di Arcidiacono e Vicario fu confermato dal Servo di Dio Amilcare Battistelli, immediato successore di Mons. Gremigni.

Seguì i lavori di restauro della Cattedrale, sottoponendosi, a dispetto della cagionevole salute, ai lavori manuali. Ebbe l’idea di collocare la vaschetta con i leoncini simmetrici (XIII sec.), legati all’architettura della chiesa di S. Maria Maggiore a Lanciano, nel fonte battesimale della Cattedrale, liberata dalla piramide con la statua apicale di S. Giovanni Battista. La collocazione fu affidata allo scultore Giuseppe Antonelli, coadiuvato da Andrea Marcone.

Su consiglio di Don Ottavio De Caesaris, sacerdote pennese, docente di musica al Seminario “S. Pio X” di Chieti, Mons. Tracanna dotò la restaurata Cattedrale del mastodontico organo a canne, in sostituzione di quello barocco, sulla cantoria, di Camillo da Osimo. L’organo fu installato alla vigilia del ripristino del Duomo, e ha suonato in tante solenni occasioni, del calendario liturgico e di festosi eventi, come il Congresso Eucaristico Diocesano del maggio 1966, il “Nunc Dimittis” di Mons. Battistelli che avrebbe lasciato la diocesi, in conformità al volere del Beato Paolo VI, pur rimanendo nel ritiro di S. Gabriele, dove avrebbe concluso quasi centenario la giornata terrena e di Mons. Aurelio Tracanna, vittima di una malattia ribelle ad ogni tentativo della scienza, a cui non aveva dato peso.

Il profondo animo mariano che trovava l’acme dell’anno nel pellegrinaggio con gli ammalati a Loreto, quando Lourdes non era una meta molto possibile, fu ricompensato dall’ultimo respiro esalato l’11 febbraio, quando la Madonna appariva la prima volta a Bernadette, nella grotta di Massabielle, icona della Trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor, per il richiamo all’Eucarestia, alla Parola, alla Confessione.

Nel 1968 le spoglie di Don Aurelio, dalla cappella di famiglia nel camposanto di Atri, furono traslate, per volere della Badessa M. Chiara Grillone di cui ricordiamo i 40 anni della morte il 22 febbraio prossimo, nella chiesa di S. Chiara, in ricordo della premura verso le Povere Dame, zelo condiviso con Giuseppe, Emilia e Rita Addari, una piccola Betania che dispensava conforto e gioia in una Atri che non c’è più.

SANTINO VERNA