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- Pubblicato Giovedì, 09 Febbraio 2017
- Scritto da Santino Verna
MEDICO DELLA NAZIONALE DI CALCIO
LEONARDO VECCHIET A 10 ANNI DALLA MORTE
Il 9 febbraio 2007 moriva a Chieti, nella divisione di malattie infettive dell’ospedale clinicizzato, il Prof. Leonardo Vecchiet, medico della Nazionale italiana di calcio. E’ stato promotore dello studio e della ricerca della medicina sportiva, il cui punto di arrivo è stata l’istituzione della facoltà di scienze motorie all’U.d’A. di Chieti- Pescara, con sede a Chieti.
Il Professore era nato a Trieste nel 1933, ma nella città di Italo Svevo vi era solo nato, in quanto le radici erano friulane. Laureato in medicina a Firenze nel 1957, approdò in Abruzzo nel 1965, quando a Penne divenne il primario più giovane d’Italia. Era già nell’agone della medicina sportiva, legata alla città degli studi accademici, soprattutto con il centro di Coverciano.
Divenne famoso soprattutto nel 1982, quando l’Italia vinse in Spagna la coppa del mondo. La partecipazione del Presidente della Repubblica Sandro Pertini avvicinò il calcio a tanti profani e ridestò fiducia nel popolo italiano, ancora negli strascichi del periodo di piombo. Il Prof. Vecchiet è ricordato per la fetta di pizza dolce che portava ogni sera, personalmente, a Paolo Rossi.
I mondiali immediatamente successivi, non furono molto piacevoli per l’Italia, ma lo furono per l’Abruzzo, perché il ritiro in vista del Messico, a causa delle simili condizioni climatiche, si tenne all’Aremogna di Roccaraso. Il Prof. Vecchiet giocava in casa, perché ormai era diventato abruzzese di adozione, ed era affiancato da due illustri conterranei, il c.t. Enzo Bearzot e l’allenatore dei portieri Dino Zoff, appena uscito dal calcio giocato. Il medico della nazionale seguiva la squadra in tutto e per tutto, con rigore scientifico ma anche con l’affetto paterno.
Nel calcio in quella primavera abruzzese, ognuno cercava la squadra e le radici, come Mario Santarelli, Capo-Servizi della RAI di Pescara e insostituibile signore dello sport, alle prese con giocatori, dirigenti e organizzatori. In ognuno sapeva ritrovare un quarto di abruzzesità. Anche se non era affatto abruzzese, fece diventare tale Walter Zenga, portiere dell’Inter, in quanto aveva iniziato la carriera a S. Benedetto del Tronto…quindi a due passi dall’Abruzzo.
Era un volto conosciuto l’illustre medico friulano, perché oltre alle apparizioni accanto alla Nazionale, era invitato alla trasmissione “Check up”, di Biagio Agnes, su RAI 1. Uno dei programmi dove la TV di Stato si riconfermava la più grande azienda culturale del Paese. Ricordiamo la sua presenza in studio, accanto al farmacologo milanese Rodolfo Paoletti.
Il Prof. Vecchiet aveva il culto delle radici, e partecipava al “fogolar furlan”, il sodalizio dei friulani fuori Friuli. Era presente in Abruzzo con il Prof. Francesco Iengo, storico del cinema, consorte della Prof.ssa Eide Spedicato, docente di Sociologia all’U.d’A., Don Bruno Fraulin, Superiore della comunità del Centro Medico-Sociale “Don Orione” di Pescara alla vigilia della canonizzazione del sacerdote di Pontecurone e l’ex-Direttore sportivo del Chieti, Enrico Graziani. Rimanendo in ambito calcistico ricordiamo altri due friulani, Giovanni Galeone, storico allenatore del Pescara, forse quello per antonomasia ed Edoardo Reia, suo successore. Pur essendo nato a Trieste, era meno legato ai giuliani, ben rappresentati in quell’Abruzzo che offrì asilo, insieme agli zaratini, nell’amara pagina subito dopo la guerra. E ancora oggi si radunano nella chiesa dello Spirito Santo.
Di profondo spirito religioso, da buon friulano, il Prof. Vecchiet fu invitato da Sat 2000, per la trasmissione “Un Vescovo, una città”, dove il Pastore della diocesi interloquiva con un personaggio della stessa. Si trovò a suo agio con l’allora Arcivescovo Edoardo Menichelli, ora Cardinale di S.R.C., il quale ha sempre mantenuto buoni contatti con il mondo dello sport. Ne fu conferma, la stessa trasmissione, quando ormai era Arcivescovo di Ancona-Osimo, con Giovanna Trillini.
Le esequie del Prof. Vecchiet, furono celebrate nella Cattedrale di S. Giustino, da Don Umberto Fantoni, della pastorale universitaria. Erano presenti gli amici provenienti dal mondo universitario e, ovviamente, dello sport. In prima fila, Dino Zoff, al quale un ragazzo chiese l’autografo durante la celebrazione. Lo storico portiere della Juve e della Nazionale, con la proverbiale compostezza, disse che non era il caso. Per motivi di salute non c’era Enzo Bearzot. La salma fu tumulata in Friuli, il cui nome è doppiamente legato al pallone, non solo per lo stadio di Udine (uno dei 12 utilizzati per Italia ’90 per rappresentare il Triveneto, insieme a Verona), ma per la figura carismatica di S. Luigi Scrosoppi.
SANTINO VERNA