AUTENTICO "SIGNORE" DI UNA ATRI CHE NON ESISTE PIU'

L’ULTIMO SALUTO AD ALFIO CARTA

di Concezio Leonzi

È scomparso nella sua casa romana, all’alba del 26 gennaio 2017, il dott. Alfio Carta, nato ad Atri nel 1929 e residente a Roma, dove si era trasferito per ricoprire l’incarico di alto funzionario della Società degli Autori ed Editori (SIAE), di cui fu per più di un decennio Vice Direttore Generale e Capo del personale. Laureato a soli 22 anni in Giurisprudenza, praticante notaio e avvocato nello studio dell’avv. Nicola Mattucci di Atri, si trasferì a Roma “pur contro insistenti pressioni familiari perché rimanessi ad Atri”, come lui stesso scrive in un recente articolo di taglio autobiografico. “Abbandonai capricciosamente lo studio legale del compianto Nicola Mattucci perché sospinto non dalla visione di una meta seducente, ma da una  profonda, forte, istintiva e irrefrenabile vocazione  per la carriera amministrativa, senza  però smettere di compulsare le pandette presso studi legali di Roma. Allontanarmene fu doloroso: il paese natale, pur nella sua sacralità, non è  però il luogo dove resti pietrificato una vita e nemmeno il luogo che abbandoni e cancelli; ti resta per sempre irraggiungibile ma sempre vicino nella sua lontananza, ed io infatti non me ne sono mai realmente allontanato. Partecipai a cinque concorsi direttivi e per fortuna li vinsi tutti, con la soddisfazione di raggiungere in tutte le competizioni il primo posto. Potevo quindi scegliere le sedi di lavoro. Mi sentivo attore spacchettato in un vasto orizzonte di possibilità di lavoro. Prima alla Presidenza del Consiglio, con l’incarico di dirigere, ancor giovanissimo,  una  Rappresentanza provinciale a Chieti, poi ad un Commissariato di Novara, quindi alla Direzione Generale SIAE a Roma, vicino alla fidanzata, che poi sarà mia moglie”.

Dalla signora Emiliana, Emiliana Cionci dei Marchesi Tirelli de Casole, Alfio ebbe due figlie, Edy e Maria Teresa, rinnovando con quest’ultima il ricordo dalla sorella omonima, professoressa di Lettere che insegnò per lunghi anni nella Scuola Media “Mambelli” di Atri. Don Alfio, come i vicini e gli amici lo chiamavano simpaticamente, tornava spesso e volentieri ad Atri, per riassaporare l’atmosfera della cittadina natale dove era conosciuto e assai stimato. Nei rientri atriani gli faceva sempre compagnia un caro amico, per tutti “zio Fabrizio”, amico-fratello-autista, avvocato di una compagnia di assicurazioni, vicino di casa a Roma e diventato negli anni componente effettivo della sua famiglia. “S’arvète l’avvucate, avrà ‘rmenute don Alfie!”.

La passione di Alfio Carta per la musica, e per l’operetta in particolare, di cui era fine intenditore, era nota a tutti (lo pregai persino di scrivere una guida all’ascolto per il Cd dell’Archivio Di Jorio dedicato alle arie da operetta di Antonio Di Jorio). Non mancò mai di partecipare, con i suoi siparietti dedicati alla piccola lirica, alle tante edizioni della manifestazione musicale estiva “Serata sotto le stelle”: per i suoi duetti aveva cura di scegliere personalmente la partner, che doveva essere – ricordo le sue parole – civettuola, carina e spigliata, come le soubrettes di una volta. Per una edizione particolare fece addirittura impreziosire i risvolti del suo frac con centinaia di perline, operazione per la quale fu necessaria la certosina pazienza di un famoso sarto romano. Altra sua passione era, poi, il desco, aristocratica occasione di incontro, di amicizia, di buon gusto: le cene con Alfio erano un rito. Punteggiate sempre da ameni pettegolezzi, che si alternavano con dotta favella ad argomenti filosofici, politici, di attualità. E poi, a fine pasto, davanti all’immancabile bicchierino di genziana, dal suo cilindro di memorie atriane rispuntavano puntualmente i fatterelli più curiosi, i personaggi della sua gioventù, i luoghi mai dimenticati. “Anche quest’estate sono tornato al mio natìo loco per trascorrervi un pieno periodo stagionale. Atri s’accende l’estate di tutti i colori dell’iride, brillanti e sfumati l’uno nell’altro; forse è il mio animo, come cristallo di rocca, che riflette questa visione così sublime che può nascere soltanto da una fantasia alterata, un artificio tanto eccitante al  primo approccio del ritorno  quanto appagante nel prosieguo del contatto con  il paese del cuore” “…La vecchiaia e la malattia, fra gli infiniti mali, portano anche qualche vantaggio: niente timidezze, ma è ancor più inebriante saper godere anche del limitato  mondo in cui può spaziare lo sguardo, ridotto alle cose vicinissime, come la finestra del mio studio dalla quale godo l’arpeggio degli striduli squittii  delle rondini e la vista di questi straordinari uccelli che dal loro volo radente fanno risuonare altissimo nel cielo il loro canto puro e agile. E tutto questo solleva il mio spirito sopra il dolore, più in alto del destino, invitandoci ad aprire il nostro cuore alla gentilezza ed alla bontà. Mi soffermo ad ammirare e gustare il loro semplice modo di essere, specie all’alba, ad ogni alba,  quando salutano il nuovo giorno in modo gioioso ed universale, rubando i primi albori. Dalla finestra del mio studio, che affaccia sulla  via S. Domenico, domino l’intero paesaggio, tutto mi appare inebriante: i tetti d’attorno  (quelli di una volta, i coppi,  “ li pinge” ) come un tappeto grigio steso sotto, offrono uno spettacolo gentile che stride al cospetto degli orridi tetti condominiali della città. Nelle notti insonni,  come si addice ad un vecchio incanutito pensatore, quando le candele del cielo sono tutte consumate e la gioconda luce del dì  procede in punta di piedi, godo l’aria fresca dell’alba, momento magico che segue da vicino lo spuntar del sole lontano sul mare, il nostro mare,  Pineto, la mia spiaggia ormai di un tempo che fu. Un mare azzurro, tranquillo, infinito e nel lontano, grandi strisce d’argento lo imbiancano, lunghe fino agli estremi orizzonti”.

Sulla scia di queste tenere immagini, salutiamo per l’ultima volta il caro Alfio Carta, autentico “signore” di una Atri che non esiste più.

Un suo desiderio, che spesso mi confidava, era quello di riunire, post mortem, i suoi scritti in un volume. La sua famiglia, a cui era affettuosamente legato, saprà certamente esaudirlo.

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La redazione di indialogo si unisce al dolore dei famigliari per la scomparsa di un grande atriano, prezioso e apprezzato collaboratore della nostra testata.