Altri tempi....

ATRI TRA LE  NEVICATE DEL 56 E DEL 17

Atri non è mai morta con la neve e per la neve. Però quello che è successo questa volta è stato paradossale. Ho detto che ai miei tempi Atri sapeva convivere con la neve, ma il paragone con oggi per diversi motivi non si può fare.

Primo: la popolazione. Quando passo per Capo d’Atri mi sembra vuota e disabitata e mi viene tanta malinconia e tanta tristezza, ai miei tempi era viva, vitale, piena di fermento e di attività. Tra via Picena e largo Forosetto c’eravamo una trentina di ragazzi (maschi) sempre pronti per giocare e sempre pronti a fare dei lavori: spalare la neve, rimettere la legna, fare le bottiglie di pomodoro.

I ragazzi di oggi non sanno neanche cosa significa spalare la neve. I genitori hanno paura, e non posso dare a loro torto, e tengono i figli rinchiusi in casa a giocare con il computer, con il cellulare e con facebook. Nel 56, ad Atri, c’erano poche macchine per cui potevamo goderci la strada e trascorrere gran parte della giornata fuori casa.

Durante le nevicate si continuava a giocare sia con i giochi normali che con quelli della neve: “a palluttat” (due squadre che si tiravano palle di neve); a fare il pupazzo (Pietrino Iezzi era bravissimo); “la sciuvularel” scivolare sul ghiaccio con qualsiasi mezzo ma il migliore era una lastra di ferro e il posto migliore era nella discesa dietro la chiesa di San Nicola. Qui c’erano i fratelli Catelli (Antonio e Ferruccio) con il papa bravissimo e valente meccanico che avevano la lastra.

Secondo: il lavoro. Nel 56 Atri era pieno di artigiani e spesso il posto di lavoro  coincideva con la casa ed erano in pochi a dover fare un centinaio di metri per arrivare sul posto. Oggi tutti hanno il posto di lavoro lontano da casa e devono per forza utilizzare la macchina e pertanto nasce la necessità di avere le strade libere dalla neve.

Terzo: espansione di Atri. Dal 56 Atri inizia a costruire fuori dalle mura storiche, diventa lunga ed estesa. Da porta Macelli si arriva alla Cona. Con questa situazione è impossibile spalare la neve da soli in tutte le zone nuove. Oggi Atri ha bisogno dell’intervento esterno, soprattutto dopo la straordinaria nevicata di questi giorni, per pulire anche il centro storico. Davanti a questa necessità non vedo nessuno scandalo se si dota di una turbina e non possiamo lamentarci se i soccorsi arrivano con un po’ di ritardo, perché tutto l’Abruzzo era in emergenza e chiedeva aiuto.

Ho visto ed ho apprezzato quello che hanno fatto i giovani di Silvi, Pescara e Roseto e il personale delle istituzioni, e la generosità dei comuni di Pineto e Silvi. A loro va un grande ringraziamento da parte del giornale e mio anche se sono a Roma lontano dai disagi di questi giorni.

La mancanza di luce, telefono, pane ed alla fine dell’acqua è stata gravissima. A miei tempi  il pane non è mai mancato, perché lo facevano le nostre mamme e durava una settimana e la mancanza del riscaldamento non esisteva, perché ci si riscaldava con la legna e con “lu vrascir” (il braciere). Gli Enti preposti devono agire, non possono prenderci in giro, non possono raccontarci barzellette, si può comprendere le difficoltà esistenti per trovare il guasto ma non si può bloccare per giorni una intera provincia.

Negli anni 50 la luce andava via per qualche ora e non come adesso per una settimana. Nelle nevicate la luce non è mai mancata nonostante che la tecnologia fosse alle prime armi e non come adesso ultramoderna. Ad Atri c’era l’UNES e l’ENEL arrivò con la nazionalizzazione dell’energia elettrica voluta dalla DC di Moro e Fanfani.

Per dire la verità non so decidere se abbia fatta più neve adesso o nel 56 però adesso è stato più tremendo ed insopportabile.

Nicola Dell’Arena