LA CHIESA DEL PATRONO DI PESCARA

UNA GUIDA TASCABILE SULLA CATTEDRALE DI SAN CETTEO

Per iniziativa del “Circolo Aternino” è stato presentato presso il Comune di Pescara, un agile volumetto sulla Cattedrale di S. Cetteo in Pescara, con testo di Umberto Santoro. L’impaginazione è di Angela Campolieti, da tanti anni solerte guida al “Mediamuseum”.

Alla presentazione, nella simbolica sala della torre, ad un tiro di schioppo dall’uscita dell’asse attrezzato, imago brevis della modernità di Pescara, oltre all’autore, c’erano lo xilografo Vito Giovannelli e l’Abate di S. Cetteo, Mons. Francesco Santuccione.

La chiesa di S. Cetteo, affettuosamente denominata dai pescaresi “San Ciattè”, nella fisionomia attuale, risale al 1933, quando fu costruita sulla chiesa precedente, per interessamento dell’Abate Pasquale Brandano, proveniente da Sulmona, e fresco di incardinazione nell’arcidiocesi di Chieti. Aveva preso il posto dell’Abate Giuseppe Verna, residente in una casa in Via Italica, poi venduta ai De Cecco della pasta, suoi compaesani di Fara S. Martino, legati alla famiglia anche da vincoli di comparatico. La città adriatica da sei anni era diventata provincia, con la fusione dei comuni di Castellamare Adriatico e Pescara. Nella toponomastica prevalse il nome a Sud dell’Aterno, perché patria di Gabriele D’Annunzio.

Il Vate è ovviamente ricordato nella guida, perché grazie alle amicizie con il potere, ottenne finanziamenti per la costruzione della Chiesa Madre di Pescara. Ma volle in cambio, e questo viene ribadito tranquillamente, la sepoltura della madre, Luisa De Benedictis, originaria di Ortona, all’interno della chiesa. Il trageda pescarese dotò la futura Cattedrale di una tela del Guercino, raffigurante S. Francesco, in abito cappuccino, come spesso accadeva nel XVII secolo.

D’Annunzio era lontano dalla Chiesa, ma era un uomo assetato d’infinito, come ha ricordato l’Abate Santuccione. Si potrebbe aggiungere che il comportamento immorale dell’Orbo Veggente è, in gran parte, frutto di una costruzione a tavolino. Il papà Francesco Paolo Rapagnetta, costringeva la moglie a preparare meravigliosi pranzi ad alcune sue amanti e questo traumatizzò il giovane Gabriele. Per questo, forse, l’unica donna del poeta, fu la madre. Teodolinda Pomarici, Eleonora Duse e Isadora Duncan, riempivano le conversazioni dei salotti romani, come tanti rotocalchi odierni.

S. Cetteo, semisconosciuto testimone della fede, fu Vescovo di Amiterno, sede titolare che oggi ricade nell’arcidiocesi dell’Aquila, al tempo di S. Gregorio Magno, quando l’arrivo dei Longobardi aveva ridefinito la situazione della penisola. Fu messaggero di pace e questo gli costò la vita. Gettato nel fiume Pescara, le spoglie ebbero dimora nella Cattedrale di S. Giustino a Chieti.

Nel 1949, Pio XII, creò la diocesi di Penne-Pescara, con sede a Pescara, nominando Vescovo, Mons. Benedetto Falcucci, compagno di studi di Mons. Angelo Giuseppe Roncalli, futuro S. Giovanni XXIII. La chiesa di S. Cetteo divenne quindi Cattedrale. Mons. Falcucci, per gravi problemi alla vista che lo portò alla cecità, dovette rinunciare al governo della diocesi a 54 anni, e gli subentrò il giovanissimo ausiliare, Mons. Antonio Iannucci, il padre della diocesi pescarese. Tra i due prelati ci fu sempre uno splendido rapporto.

Il nome vero e proprio della Cattedrale di Pescara è Tempio Nazionale della Conciliazione, perché unica chiesa al mondo dedicata all’evento compiuto l’11 febbraio 1929, quando Pio XI si affacciò dalla loggia della Basilica di S. Pietro, come annuncio dei Patti Lateranensi. La Cattedrale è dedicata a tutti i Santi Papi, una lunga teoria di Sommi Pontefici che va da S. Pietro, Principe degli Apostoli a cui il Signore ha affidato il potere delle chiavi, a S. Giovanni Paolo II. Il primo millennio cristiano è pieno di Santi Pontefici, il secondo molto meno, anche se per l’Abruzzo va ricordato S. Pietro Celestino. Prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II, i Santi Pontefici avevano pure una festa annuale, il 3 luglio, nell’ottava dei SS. Pietro e Paolo.

Nel pubblico c’era pure Franca Arborea, attrice e regista, al cui attivo ha più di 80 piece. Una lunga carriera artistica che sprigiona pescaresità da tutti pori, cominciata come cantante nel coro “Camillo De Nardis” diretto dal M° Fernando D’Onofrio, la compagine che ha lasciato un segno profondo alla sede RAI di Pescara, all’epoca una delle più impegnate nella valorizzazione delle tradizioni popolari della regione. Franca ha recitato in diversi radiodrammi, e dopo una feconda parentesi atriana nel teatro dialettale, ha avviato laboratori per le scuole e gli adulti. Ha recitato D’Annunzio, Antonelli e Shakespeare, per fare i nomi più conosciuti, e la sua presenza alla conferenza stampa era motivata dal suo ultimo lavoro “Cetteo”.

Un viaggio nell’era tardoantica, periodo poco esplorato da cinema e teatro, sorvolato anche nelle aule accademiche, dove tornano citazioni dannunziane come nella “Figlia di Jorio”, dove il personaggio eponimo non compare. E in questo caso, S. Cetteo, appare indirettamente.

S. Cetteo è festeggiato due volte l’anno: la prima domenica di luglio, con programma religioso e ricreativo nelle vicinanze della Cattedrale e il 10 ottobre, ricorrenza liturgica, presente nel proprio dell’arcidiocesi, incoraggiato e attuato dall’indimenticabile Arcivescovo Antonio Iannucci che con il grande Gabriele è stato uno dei fondatori di Pescara.

SANTINO VERNA