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- Pubblicato Mercoledì, 17 Agosto 2016
- Scritto da Santino Verna
I RICORDI DEL PASSATO...
QUANDO C’ERA LA FESTA DEL COCOMERO AD ATRI
Uno dei tre cibi-icona della festa dell’Assunta in Atri, è il cocomero. Gli altri due sono le cipolle e la porchetta. Quest’ultima, più gustosa nei mesi freddi, ma sempre una carezza del palato, entrata per la porta maggiore tra i cibi di strada.
Il cocomero, classificato scientificamente proprio 100 anni fa, fu portato in Italia nel XIII sec. dall’Oriente, grazie ai rapporti, non sempre tranquilli, tra gli Arabi e gli Europei. Fu davvero un secolo d’oro per Atri, perché si svincolava da Roberto d’Altavilla, conte di Loritello e diventava libero comune. In pari tempo diventava sede vescovile, anche se non ebbe mai il Vescovo totalmente per la sua diocesi, dovendolo dividere prima con Penne (e con Città S. Angelo per un certo periodo) e poi con Teramo.
La fiera del 15 agosto, la più grande dell’anno, ricordata da Don Luigi Illuminati era quella di cocomeri e cipolle, arrivate dai luoghi vicini, come la Valle del Vomano e Città S. Angelo. L’inizio della kermesse agostana era l’apertura della Porta Santa, nei Primi Vespri dell’Assunzione di Maria Santissima, celebrazione capitolare che puntava l’attenzione anche sulla devozione al Beato Nicola (per seguire sempre lo stupendo affresco letterario dell’Illuminati), in odore di soppressione già dagli inizii del XX sec. e definitivamente allontanato dal rito, alla riapertura della Cattedrale.
Il giorno seguente, nel pomeriggio –si era negli anni dopo l’ultima guerra mondiale- nel chiostro della Cattedrale, avveniva la festa del cocomero, organizzata da Massimo Della Sciucca, venuto a mancare qualche mese fa, responsabile dei chierichetti di S. Maria. Il Duomo aveva un numero esorbitante di ministranti, originariamente e ovviamente tutti maschi, perché raggiungeva la sessantina. Il 23 ottobre 1988, domenica, nella S. Messa di Rai 1 (allora c’era soltanto in diretta la TV di Stato, la concorrente milanese arriverà qualche anno dopo), dalla Basilica di S. Giovanni Battista in Lonato (BS), lo speaker parlava di 50 chierichetti. Nella scheda liturgica e nella breve presentazione del celebrante e dell’animazione corale, se veniva specificato il numero di chi serviva Messa, vuol dire che era davvero un fatto di rilievo. E Atri, in quegli anni, si aggirava sui 60, provenienti dal vasto territorio della parrocchia che comprende tuttora centro storico, parte della periferia e tante aree rurali.
Nel periodo di Massimo Della Sciucca, era forte l’AC e i chierichetti non ebbero la gioia di servir Messa nella Cattedrale propriamente detta, ma nella succursale di S. Agostino, provvisoria sede della Cattedrale e della parrocchia nella medesima. Ma nel 1964, il Duomo era ripristinato e fu una grande gioia poter servire nella celebrazione presieduta da un principe della Chiesa, il Card. Fernando Cento. Divisa dei chierichetti era la tunica nera o rossa (non c’entra nulla con la Passione del Signore e la Pentecoste, era solo un colore festivo per dare più colore alla cerimonia) con la cotta bianca, la stessa degli storici custodi, Tommaso Antonelli e Gaetano Cervone. Dopo di loro venne Antonio Ferretti.
La riforma liturgica mise in soffitta le antiche divise e furono adottate le tarcisiane, la cui comparsa ufficiale fu l’ordinazione episcopale di Mons. Leopoldo Teofili nella cappella romana della Domus Mariae nel 1974. Le tuniche listate perpendicolarmente di rosso sono presenti ancora oggi, anche se vengono affiancate dai camici bianchi con varie decorazioni ai polsi e alle estremità (in questo caso dai chierichetti più grandicelli) e dal 2001 dalle albe, tuniche totalmente bianche.
Nel 1973, il pomeriggio del 15 agosto, cambiò fisionomia con la sfilata dei carri dipinti trainati dai buoi. Era il ripristino della Maggiolata, trasferita all’Assunta, per la maggior presenza di turisti e bagnanti, provenienti dalla costa del Cerrano e dagli altri lidi d’Abruzzo. Grazie al Rag. Antonio Manco e al Prof. Massimo Spezialetti, e ai loro valorosi collaboratori, il decollo fu sorprendente.
Nel 1975, l’epilogo della sfilata divenne la rassegna dei cori folkloristici in Piazza duchi d’Acquaviva, provenienti da tutte le parti del mondo. Era il terzo periodo d’oro dei gruppi del folklore abruzzese, prima dell’avvento dell’etnomusicologia. Il cocomero rimaneva e rimane sempre sul desco degli atriani, a pranzo e cena, ma anche a metà pomeriggio. E’ tradizione proprio gustarlo nel giorno dell’Assunta. Anche se uno non va pazzo per la cucurbitacea, per rinsaldare l’atrianità ne assaggia un brandello nel secondo giorno della Porta Santa.
Fruttivendoli e generi alimentari li mettono in mostra e come non ricordare quelli lavorati da Antonio Centorame e Antonio Di Vittorio, a Valle Piomba, proprio in quei luoghi della campagna ricordati da Don Luigi Illuminati? Li portavano nel quarto di Capo d’Atri e li vendeva nei locali terranei dell’avito palazzo Sanguedolce in Via Trinità, Elvira Del Rocino, moglie di Antonio Centorame, tifoso della Juventus e presente talvolta nei caroselli di fine campionato o per la conquista di una coppa, assieme agli amici, per le anguste vie della vecchia Atri, sventolando dal finestrino la bandiera zebrata.
Il chiostro della Cattedrale, parte integrante del Museo Capitolare con la cisterna romana, non è certamente più utilizzato per il semplicissimo rito del cocomero. Protagonista di un romanzo di Fabiano Del Papa, giornalista fermano, pescarese di adozione per professione, “Il mistero del cocomero”.
SANTINO VERNA