SETTANT’ANNI DI INTENSA ATTIVITA’ ARTISTICA PER ANTONIO PAVONE

HA RACCONTATO LA VITA CON LA TAVOLOZZA DEI COLORI

Nel ricordare i 92 anni che il Prof. Antonio Pavone, compie il 4 agosto, mettiamo in risalto una cifra tonda del suo sgargiante iter artistico: i 70 anni dell’esposizione in Atri, durante la festa di S. Rita, delle sue pitture figurative. La guerra rimaneva ancora un doloroso ricordo, ma gli atriani vollero festeggiare ugualmente con tanta solennità, la Santa degli impossibili, nella chiesa di S. Spirito che presto potrebbe diventare anche Santuario. E’ infatti il secondo luogo italiano dopo Cascia del culto ritiano.

Nato in Atri, da Luigi e Maria Nespoli, in una famiglia numerosa, ha trascorso l’infanzia tra Largo Forosetto, lo spiazzo per antonomasia del quarto Capo d’Atri e Contrada Fornace, dove abitavano i nonni materni, con il fumacchio che entrava nelle lezioni di educazione tecnica nella scuola media del Prof. Tobia Iannetti, di qualche anno più giovane, ma da molto tempo passato all’altra riva.

Il Prof. Pavone ha frequentato la scuola elementare in Atri, e il talento artistico fu notato dalla direttrice, Prof.ssa Eleonora Massaria Mannucci che rilevò la profonda diligenza nello studio e l’amore per la geografia. Tonino era rimasto colpito dal mappamondo. Quando fu l’ora degli studi superiori, fu la volta romana, dove ebbe modo di conoscere, negli anni di guerra, Marcello Mastroianni. Tra i maestri Mario Mafai, uno dei protagonisti dell’arte contemporanea.

Nel paese natale fu sempre amico del Canonico Luigi Illuminati e del pittore Carlo Verdecchia. Quest’ultimo ebbe sempre una parola d’incoraggiamento riguardo l’arte, con il motto “Nulla dies sine linea”.

Nel 1945 sposò Raffaella Di Polvere, beneventana trapiantata a Milano e sfollata in Atri. Ebbero due figli Katia e Lucio e l’insegnamento abruzzese del Professore ha avuto come luoghi Teramo, Atri e Popoli. Sono stati sempre fonti d’ispirazione artistica. L’esperienza di docente di discipline artistiche all’estero hanno contribuito alla formazione pittorica di Antonio Pavone.

La Turchia gli ha lasciato un segno profondo, rafforzando la vocazione di naturalista. Nella chiesa di S. Antonio a Istanbul, frequentata dagli islamici, soprattutto nel giorno antoniano della settimana, il martedì (le esequie del Santo, fonte di riconciliazione tra le fazioni padovane si tenne nella terza feria), ritrovò P. Luigi Iannitto, ora ultranovantenne, con il quale aveva cantato per un breve periodo, nella schola cantorum di Atri, presso la chiesa di S. Francesco. Imago brevis della permanenza anatolica, una tela con la chiesa di S. Sofia nell’antica Bisanzio.

Egitto e Somalia completeranno notevolmente la vocazione ambientalistica. Nell’ex-colonia italiana diverrà il ritrattista ufficiale di Siad Barre. E sempre a Mogadiscio, nei primi anni ’70, ritroverà un altro concittadino, il Prof. Nicola Cesare Occhiocupo, più tardi Preside della Facoltà di Giurisprudenza di Parma e Magnifico Rettore della medesima università. Il Prof. Pavone chiuderà l’esperienza africana, con un periodo in Nigeria, dove fermerà nelle tele tante meraviglie del Continente.

L’insegnamento all’estero gli ha consentito l’anticipato ritorno in Italia. Stabilitosi con la famiglia in Atri, ha realizzato l’atelier a Colle Sciarra, negli antichi terreni della nonna Arcangela. Può essere definito il “Colle dell’Infinito” di Atri, con le ubertose campagne, il sole che rende caldo il verde dei prati, l’Adriatico di Pineto selvaggio e dolce allo stesso tempo. Dal colle è possibile scorgere il centro di Atri dove spicca la torre campanaria di S. Maria a cui fanno corona gli antichi stabili.

Nel 1987 il Prof. Antonio Pavone è stato, in Atri, tra i fondatori della sezione di “Italia Nostra”. Avendo conosciuto in Turchia lo storico presidente Giorgio Bassani, volle regalare, assieme ad altri amici, la presenza del gruppo ambientalista in un paese segnato, ahinoi, da superfetazioni edilizie e infelici interventi urbanistici. Qualcuno ricorda le mani nei capelli di Vittorio De Sica, venuto nel paese dei calanchi, per una location. Eppure quei pugni dell’occhio possono tranquillamente rimanere, nei pressi della Cattedrale, perché documentano la mentalità di un periodo della storia. Erano gli anni in cui allestiva il presepe da lui restaurato, con l’amico scultore Giuseppe Antonelli, di quattro anni e mezzo più grande, nella chiesa delle clarisse, visitato soprattutto nel giorno dell’Epifania.

All’inizio degli anni ’90, il Professore è stato uno degli ultimi ospiti della rubrica pomeridiana “Abruzzo in radio”, condotto da Margherita Del Bono, dagli studi di Via De Amicis in Pescara, per la RAI regionale. Ha raccontato l’esperienza atriana e nei Paesi extraeuropea con la grande abilità del narratore. Ha proseguito l’avventura su Radio Speranza. Qualche anno dopo sono iniziati gli appuntamenti su “Comunità in cammino”, il periodico della Parrocchia di S. Gabriele dell’Addolorata, diretto da Don Paolo Pallini.

Antonio Pavone ha alternato negli argomenti, Atri e l’estero, la fanciullezza e l’età adulta, raccontando piacevoli episodi come l’annuale scampagnata alla Cona, il lunedì di Pasqua, attraversando il Colle S. Antonio, quasi totalmente disabitato. L’articolo fu abbinato alla proposta del ripristino della benedizione degli animali, nel pomeriggio del 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate, questa volta in Piazza Mambelli, all’ombra di quella che fu la chiesa atriana dedicata al fondatore del monachismo. Esultò di gioia, nel 2002, quando seppe la notizia della nomina di Mons. Vincenzo D’Addario, Arcivescovo di Teramo-Atri. Gli occhi di zaffiro brillavano, perché un figlio della terra d’Abruzzo, tornava al timone della Chiesa atriana, dopo diversi decenni.

Nel 2013 “Teramo Nostra” ha organizzato, in estate, una mostra di Antonio Pavone per ricordare quelle che tenne nel capoluogo pretuziano alla fine degli anni ’50 e agli inizi dei ’60, nel ricordo del cenacolo artistico frequentato da Tommaso Cascella e Venanzo Crocetti.

Il Prof. Pavone è un artista a 360 gradi. Offre anche una catechesi attraverso l’arte nei soggetti sacri dove si è spesso cimentato con immensa padronanza del pennello.

SANTINO VERNA