UNA LAPIDE DI GIUSEPPINO MINCIONE A VILLA BOZZA

UN GRANDE UMANISTA LEGATO ALLA NOSTRA CITTA'

Nel primo anniversario della morte del Prof. Giuseppino Mincione, insigne umanista, la natia Villa Bozza lo ricorda proprio il 17 giugno 2016 con una cerimonia, all’ombra della chiesa della Madonna delle Grazie, la Parrocchia di origine del docente. E sarà scoperta una lapide, alla presenza del Sindaco di Montefino, Dott. Ernesto Piccari, per ricordare alle future generazioni il poeta trilingue.

La S. Messa in suffragio sarà concelebrata dai sacerdoti amici del Professore, Mons. Vincenzo Amadio, già Vicario-Generale di Pescara-Penne, Don Venanzio Dell’Aquila, Don Michele Cocomazzi e Don Remo Chioditti, quest’ultimo già Parroco di Villa Bozza e direttore di “Radio Speranza”, dove il Professore ha condotto rubriche abruzzesistiche di alto livello.

Un evento che, indirettamente, riguarderà anche Atri, perché per tanti decenni, Villa Bozza faceva parte, essendo territorio comunale di Montefino, del mandamento della cittadina acquaviviana. Circoscrizione territoriale ben definita che nel caso atriano, riguardava sia i comuni costieri di Pineto e Silvi, sia (ovviamente) il capoluogo, ma anche i tre municipi dell’entroterra a Sud del Vomano, vale a dire la già menzionata Montefino, Castilenti e Cellino Attanasio. In più, il Prof. Giuseppino Mincione, con la famiglia, per diversi anni, per via della professione di insegnante, ha abitato in Atri.

Il Professore nacque il 22 ottobre 1922 e sin da bambino mostrò enorme talento negli studi. Frequentò il Seminario di Penne, dove si rivelò uno studente modello in tutte le discipline, particolarmente nel latino che lo vedeva già autore di versi negli anni verdi. Penne era un Seminario molto rinomato per gli studi, come del resto molti istituti ecclesiastici e religiosi dell’epoca, quando il latino era la lingua regia. Passò per gli studi superiori al Seminario di Chieti, dove fu compagno di Mons. Leopoldo Teofili, futuro Arcivescovo di Lanciano, di Atri e di Mons. Giovanni Gravelli, Nunzio in Bolivia, di Città S. Angelo. Come altri compagni tornò nel mondo civile e si laureò all’Università di Roma con il massimo dei voti.

Nel 1948 sposò Adriana Corradi, di Castiglione Messer Raimondo ed ebbero due figli Cinzia ed Elpidio, presenti entrambi alla cerimonia. Cinzia, funzionaria da poco in pensione del catasto di Pescara è residente nella città adriatica, Elpidio, medico e odondoiatra, è docente universitario a Modena, e risiede a Spilamberto, dove il Donducci, artista semisconosciuto dell’arte barocca, ambientò il riposo dalla fuga in Egitto con uno dei primi S. Giuseppe della storia con in braccio Gesù Bambino. Agli atriani Spilamberto entrò nel cuore nel 1967, quando arrivò uno dei figli più illustri, Padre Abele Conigli.

Il Prof. Mincione parallalemente alla professione di docente, anche universitario, con il nascente ateneo abruzzese localizzato tra Chieti, Pescara e Teramo, dove fu uno dei pochi cattedratici locali della prima ora (tutti gli altri colleghi venivano da fuori regione), ha coltivato il folklore, componendo canzonette, entrate tutte nei repertori dei cori folkloristici regionali.

Per Atri compose “Cambane de Atre”, nel 1955 entrato nell’agone mediatico con la “Radiosquadra” di mamma RAI, dove la tenerezza delle radici restituisce una meravigliosa immagine della città dei calanchi, con le campane delle undici chiese intramurali. Ma forse il riferimento maggiore sono i sacri bronzi della Cattedrale. La stagione folkloristica del Prof. Mincione è però quella abbinata al Prof. Antonio Piovano, di Città S. Angelo, con il quale ha scritto innumerevoli canzonette, come “Mi ti messe na hunnelle” e “Mundagna nostre”. Quest’ultima ha avuto molta fama grazie al coro “Tommaso Coccione” di Poggiofiorito, diretto dal m° Camillo Coccione, perché può essere definito un piccolo inno all’Abruzzo, con il ricordo dei monti, aspri e selvaggi, come l’Adriatico di D’Annunzio, terra di pastori e briganti, ma pure di eremiti e uomini di fede, con teorie processionali e riti ancora imbevuti di paganesimo.

Il binomio Mincione- Piovano ha pure realizzato il canzoniere gastronomico per far conoscere i piatti, rustici e dolci, della terra d’Abruzzo. Alcuni addirittura semisconosciuti come il “tatù” di Bisenti, associato ai maccheroni alla mugnaia, riscoperti nella seconda metà del XX secolo e indagati dall’antropologo Emiliano Giancristofaro. Trasferitosi con la famiglia a Pescara, il Prof. Mincione ha scritto la poesia “Pescare”, con la musica del m° Antonio Di Jorio, dove si canta la bellezza della principale città d’Abruzzo, senza le opere d’arte e il paesaggio di Atri o di altri borghi della regione, ma sempre incantevole per i palazzi moderni e le strade larghe, percorse dai simboli della motorizzazione di massa.

Alla cerimonia a Villa Bozza, interverranno due amici del Professore, il suo alter ego per l’arte ceciliana, Prof. Antonio Piovano e il Prof. Candido Greco, di Penne, che ripercorrerà in breve il Mincione umanista. Non dimenticando che il docente bozzese fu tra i soci fondatori dell’ISA (Istituto Studi Abruzzesi) dove si può intravedere la nuova Arcadia regionale con Ernesto Giammarco, Ermanno Circeo, Edoardo Tiboni, Giovanni Iannucci.

E proprio l’Arcadia di fine Ottocento fu uno degli ultimi studi del Professore, nella casa di Piazza Martiri Pennesi: la fanciullezza di Gabriele D’Annunzio accanto al papà Francesco Paolo. A questo si aggiunge l’oratorio sulla chiesa della Santa Gerusalemme, la futura S. Cetteo, ora Cattedrale di Pescara, dove avvenne nell’XI secolo il miracolo del sangue. Con Giuseppino Mincione si entrava davvero nei meandri dell’Abruzzo con la luce dell’umanista nel vero senso della parola.

SANTINO VERNA