RICORDO DI MASSIMO DELLA SCIUCCA

Proprio nel mese di Maria Santissima, di cui era profondamente devoto, ha concluso la giornata terrena, dopo lunga sofferenza, Massimo Della Sciucca, autentico atriano, pieno di valori umani e cristiani.

Nato nel 1940 da Carmine e Gina Sciarra, la sua famiglia era profondamente religiosa, legata soprattutto alla chiesa di S. Giovanni, nel cui rione c’è ancora Vico Sciarra, la salita pedonale dirimpetto ai Gesuiti.

Massimo, da ragazzo, fu chierichetto della Parrocchia di S. Maria e ne divenne responsabile, in anni veramente formidabili, perché entrava in vigore la riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Visse con straordinaria emozione, uno dei momenti più belli della vita del Duomo di Atri dal dopoguerra ad oggi: il Congresso Eucaristico Diocesano, esattamente 50 anni fa, con la presidenza del Card. Ildebrando Antoniutti. La città era scossa in quelle ore, dalla prematura scomparsa di Peppino Iommarini, papà di Massimo, pittore, poeta e musicista.

Da responsabile dei ministranti, organizzava nel pomeriggio del 15 agosto, presso il “giardino” della Cattedrale, l’aulico chiostro del Museo Capitolare, quando ancora c’era la sfilata dei carri trainati dai buoi, con i gruppi in costume, il rinfresco con il cocomero.

Massimo fu inoltre solerte barelliere della sottosezione Unitalsi di Atri, soprattutto durante la presidenza della Signorina Antonietta Mattucci, con il pellegrinaggio in estate a Loreto, della durata di tre giorni, con tantissimi infermi e pochissimi barellieri. I pellegrini, quasi nessuno. O semplicemente persone che si prendevano cura particolare di un ammalato, senza vestire la divisa. Più tardi la situazione fu ribaltata: moltissimi volontari e non molti ammalati, per cui bisognava pregare il responsabile per portare una carrozzina e non rimanere con le mani in mano. Massimo non fu più tra i protagonisti dell’Unitalsi atriana, con la presidenza del Dott. Vittorino Teofili, e vi tornò da adulto, quando ormai l’associazione nata all’ombra della Grotta di Massabielle non era più soltanto il treno bianco.

Massimo è stato anche donatore dell’Avis. Ha studiato ad Atri e a Chieti, e per lunghi anni ha lavorato come responsabile del settore tecnico all’ospedale civile dell’amata cittadina, assistendo alla trasformazione da famiglia allargata ad azienda. Ne divenne un po’ il capo dell’Ufficio Stampa e gli occhi si facevano lucidi, quando doveva denunziare un’ingiustizia o dichiarare un problema riguardo la più grande azienda di Atri. Ha temuto fino all’ultimo giorno di vita lo spegnimento del nosocomio, non solo perché efficiente per servizio, pulizia, decoro e accoglienza dei degenti, ma perché costituiva il biglietto da visita della città degli Acquaviva.

Il grande senso dell’amicizia, in Massimo, trovava l’acme nelle diverse rimpatriate con gli amici, di solito in un ristorante dei dintorni di Atri. Si finiva sempre per parlare di ospedale, ma amava pure le bellezze artistiche e paesaggistiche della cittadina natale. Siamo convinti che il Signore lo ha accolto in Paradiso, dove ha ritrovato i cari della famiglia e gli amici di una vita.

SANTINO VERNA