UNA PASQUA CON IL GREMBIULE

Sr. Anselma, indiana, Sr. Reginette,ruandese , Sr. Judit, keniota, Sr. Marguerite, ruandese: sono i nomi delle quattro religiose delle Missionarie della Carità uccise nelloYemen il 4 marzo scorso. Le foto del massacro le mostrano distese per terra, in un bagno di sangue, con indosso il grembiule, segno del loro servizio d'amore ai malati e disabili ospiti della  struttura assistenziale.

Lo scorso giugno avevano scritto alle consorelle di Roma raccontando la loro vita, accennando al clima di tensione e di pericolo in cui vivevano e concludevano con queste profetiche parole: "Insieme viviamo, insieme moriamo,con Gesù e la Madre nostra Maria".

Un gruppo di estremisti islamici hanno spezzato il loro sogno d'amore uccidendo altre dodici persone che condividevano il loro servizio.

Potevano fuggire, tornare in Italia, essere trasferite in posti più tranquilli per svolgere, con il sorriso sulle labbra, l'impegnativa missione sulle orme della loro fondatrice, la Beata Teresa di Calcutta.

Hanno scelto di restare, l'Amore non permette le comode fughe, l'Amore impegna, l'Amore dà senso alla vita.

Di un sacerdote in diano, Padre Tom, rapito dopo la carneficina, non si hanno più notizie.

Di loro non hanno parlato i media, il loro martirio è scivolato nel silenzio, l'uccisione delle testimoni della misericordia non fa notizia.

Penso che in questa Pasqua l'icona che racconta la bellezza di una esistenza donata agli ultimi sia proprio la foto di queste donne straordinarie con il grembiule bagnato di sangue.

In una lontana sera, mentre scendeva la notte sul monte di Sion, il Signore, ci racconta l'evangelista Giovanni, depose le vesti, si cinse un asciugamano, e lavò i piedi ai suoi discepoli. Quello che ho fatto io, disse agli apostoli stupiti e sorpresi, fatelo anche voi.

Da allora, uomini e donne, affascinati dal suo esempio, continuano a curvarsi sui piedi sporchi dell'umanità per lavarli con l'acqua fresca e limpida di un amore senza confini.

In questi giorni seganti da stragi e attentati, dobbiamo recuperare il senso stupendo di una gesto che parla di servizio, di disponibilità a condividere, a curvarsi sulle ferite che dilaniano il corpo e lo spirito, per versarsi l'olio della consolazione e il vino della speranza.

Occorre tirare fuori dai cassetti il grembiule accuratamente stirato e abbandonato e tornare ad indossarlo perchè solo la bellezza di gesti gratuiti e forti può salvare il mondo dal naufragio della civiltà.

L'odio spegne la vita e desertifica il mondo, rendendolo arido e invivibile.

"Se il grano caduto in terra non muore non produce frutto", disse il Maestro.

Non c'è spiga profumata senza la morte del seme nel grembo della terra.

Le quattro sorelle di Madre Teresa hanno fecondato con il loro sangue l'arido terreno di Aden. Martire, parola che viene dal greco, significa testimone. E non c'è testimonianza più alta e coinvolgente che il dono della vita.

Sarà Pasqua se entriamo nella logica del dono, del passaggio dall'egoismo all'amore, dal buio alla luce della fraternità, dalla stanchezza rassegnata alla speranza che genera il futuro.

E' giusto ed anche doveroso criticare, denunciare storture, evidenziare carenze e mancanza di impegno. 

Ma poi, se non vogliamo restare prigionieri di sterili parole, occorre, anche nella nostra città, "indossare il grembiule", mettersi in gioco, rimboccarsi le maniche, seminare gesti e segni di solidale disponibilità.

Il futuro comincia oggi, l'aurora è dietro l'angolo.

PAOLO PALLINI