SEGNI E SIMBOLI DELLA SETTIMANA SANTA

LA CROCE DI PASSIONE IN ATRI

Dei quattro simulacri della processione del Cristo deposto, in Atri, la croce con i simboli della Passione è il trofeo meno attenzionato. Il Cristo morto, dallo struggente realismo, sulla bara settecentesca anch’essa con i simboli della Passione, desta commozione negli animi, come l’Addolorata, mentre il Calvario attira lo sguardo perché è la più grande macchina processionale.

I trofei sono quattro, perché ognuno “corrisponde” ad un quarto di Atri. La suddivisione fu compiuta nel XV secolo, nel momento d’oro degli Acquaviva, e ha suscitato l’orgoglio dei contradaioli, soprattutto in quelli di S. Giovanni (S. Domenico)). La Croce lignea è detta di “Passione”, perché comprende i simboli della Passione di Gesù, ma talvolta è recensita come Croce “del gallo”, per metonimia. Il gallo dipinto o sagomato, spesso in posizione apicale, ricorda sì il rinnegamento di S. Pietro e il pentimento che ne seguì con la professione di fede, ma anche la vigilanza, perché l’uccello domestico con il canto annuncia la nascita del nuovo giorno. Secondo un’antica leggenda il gallo intimoriva persino il leone.

Con la riforma della processione (1935) decretata dall’Arcidiacono Raffaele Tini, oltre alla Croce, furono presenti in Cattedrale, il Cristo deposto con la bara e l’Addolorata. Il Calvario rimase a S. Giovanni, perché non fu possibile acquistarne un altro e i contradaioli comunque non avrebbero permesso la fine della tradizione. Il rione aveva tanti abitanti e avveniva una sorta di processione penitenziale, quasi di corsa, per il rientro della macchina dalla Cattedrale a S. Giovanni. Poiché, sotto il profilo catastale, S. Giovanni rientrava con Mutignano, gli abitanti di S. Domenico non si consideravano atriani a tutto tondo, come lo erano quelli del centro, appartenenti a S. Maria e S. Nicola, o di Capo d’Atri, pieno di botteghe artigiane che formavano il tripode del ceto egemone con le famiglie facoltose e il capitolo della Cattedrale.

Atri non dispone dei trofei singoli della Passione, gli “arma Christi”, così chiamati perché erano le armi con cui il Signore ha vinto il maligno e acquistato il Paradiso. Evidentemente la scelta della Croce di Passione che tuttora apre la processione del Venerdì Santo, muovendo dalla Cattedrale (o da S. Francesco, in questi ultimi anni, quando è stata procattedrale), rispondeva al criterio della suddivisione in quartieri, presente ancora oggi. Sono sorti successivamente alla divisione acquaviviana, altri rioni, come Porta Macelli o “dietro la torre”, ma essi non facevano riferimento ad una chiesa capoquarto. Ormai avevano preso maggiore fisionomia le due parrocchie intramurali, S. Maria nella Cattedrale e S. Nicola, anche se, nell’ambito dell’Italia Meridionale in cui Atri rientrava per poco, soprattutto per via del Regno delle Due Sicilie, prevaleva più la congrega che la parrocchia.

La Croce di Passione contiene il gallo, la colonna, la scala, la spugna, la lancia, i dadi, il catino etc. e tutti sono presenti nei racconti neotestamentari, proclamati la Domenica delle Palme e il Venerdì Santo, gli unici due giorni dell’anno liturgico in cui viene proclamato il “Passio”, ordinariamente da tre diaconi, ma quando non vi sono, dal sacerdote a cui è riservata la parte di Gesù, affiancato da due lettori uomini, uno con la funzione di cronista, uno che presta la voce alla turba.

La Croce è portata da un ministrante della Cattedrale e in questi ultimi anni non ci son state grandi dispute per attribuirsi il primo trofeo in ordine di uscita nella processione. Forse la rissa c’è stata più per il turibolo, che per la Croce. E men che meno per la Croce di Passione, dato che c’è maggior attenzione per quella solenne (XVIII sec.) di Antonio Tacchini, custodita nel Museo Capitolare e portata in Duomo nelle principali feste dell’anno. Apre le processioni introitali, con le due file di ministranti, i diaconi, i canonici e il Vescovo, sempre accolto con grande festa.

Il ministrante della Croce di Passione, veste l’abituale tarcisiana, la tunica bianca con due liste perpendicolari rosse, mutuate dall’iconografia di S. Tarcisio, arrivata dal Belgio (tristemente presente sui nostri teleschermi per gli eventi di sangue proprio nell’imminenza della Pasqua), nel clima del Concilio Vaticano II. Ad Atri fu adottata inizialmente nella chiesa di S. Francesco, con le prime Messe in italiano, promosse dai Minori Conventuali, quindi dalla Cattedrale e S. Nicola, in due varianti, rispettivamente con liste totalmente rosse e con losanghe rosse su campo bianco, delimitate da due fili sempre rossi.

La processione del Venerdì Santo è la più sentita in Atri. Raramente non è stata fatta. Quando la pioggia ha fatto la sua comparsa, i simulacri non sono usciti. Come nel 2004, quando le statue erano pronte in Cattedrale, ma la celebrazione della Passione si teneva in S. Francesco. La gente, dopo l’atto liturgico, si precipitò in Duomo, dalla porta mediana e venerò il Cristo deposto e l’Addolorata, forse l’atto emotivo più sentito della giornata.

Un’altra Croce di Passione si trova nella chiesa della Madonna delle Grazie (Cona), presso la sacrestia. Una croce più sobria, ma sempre con la raffigurazione dei momenti relativi alle ultime ore di Nostro Signore con il suo corpo mortale in mezzo agli uomini. Ma qui non parliamo più di Atri, con la suddivisione in quarti. La Cona, quando il centro storico era assai popolato, sembrava assai lontana e anche il pellegrinaggio a piedi assumeva una fisionomia molto penitenziale.

Nella sezione della religiosità, nel Museo Etnografico, è presente la Croce di Passione, della seconda metà del XVIII sec., con la maggior parte dei simboli. Grazie al fondatore Ettore Cicconi, è stato ricostruito un ambiente importante per la ricostruzione della storia di Atri.

SANTINO VERNA