ALLA SCOPERTA DI DEVOZIONI PERDUTE

LA MEMORIA DI SANT’ELEONORA IN ATRI

La chiesa di S. Chiara in Atri custodisce le reliquie di S. Eleonora, di cui si conosce pochissimo. Il suo ricordo è tornato all’attenzione nel 2000, in occasione della monografia di Ettore Cicconi e del compianto Carmine Manco, sul giubileo di Atri (di nuovo all’attenzione quest’anno), declinato nei due annuali eventi, della Porta Santa (14-22 agosto) e del Perdono di S. Rita (21-29 maggio).

S. Eleonora rientrava in quest’ambito, perché i due studiosi atriani sono entrati nel “mare magnum” della religiosità atriana che in qualche modo ha giustificato i due appuntamenti in esame. La Porta Santa, connessa alla Solennità dell’Assunzione, titolare della Basilica Cattedrale, fu data, secondo la tradizione, da S. Pietro Celestino, la cui madre era originaria del territorio di Atri, patria peraltro del suo successore come Abate dei Celestini, Francesco Ronci, Beato “vox populi”. Il Perdono di S. Rita, più recente e quindi con notizie più abbondanti, fu dato nel 1901 da Leone XIII, lo stesso Papa che aveva canonizzato l’anno prima la Santa degli impossibili, su richiesta del Vescovo Giuseppe Morticelli, constatata la grande devozione degli atriani alla Santa di Cascia.

Cicconi e Manco in questo excursus sono entrati, ovviamente, nella chiesa di S. Chiara, dove la cantoria ha ospitato il simulacro con le reliquie di S. Eleonora, la cui festa cade il 21 febbraio. Anche se l’attenzione degli atriani è andata per gli altri due simulacri giacenti: S. Ercolano, custodito un tempo sotto l’altar maggiore e coperto da un paliotto serico, al di fuori della festa e S. Massimo, conservato nell’omonima cappella della chiesa di S. Caterina (S. Agostino), restaurata nel 1960 dalla famiglia Balducci in memoria di Massimo Balducci, morto prematuramente dieci anni prima.

E riaprì la timida discussione circa una migliore collocazione dei simulacri, per la venerazione. Venne fuori più di una ipotesi, e tra queste, la chiesa di S. Reparata, da poco ripristinata, come aula liturgica per le celebrazioni della Cattedrale e la vestizione dei sacri ministri, quando il numero è grande.

S. Eleonora, in posizione stante, doveva essere una Santa venerata e conosciuta, perché nome ricorrente nella famiglia Acquaviva. I duchi d’Atri e conti di Conversano ebbero un rapporto speciale con il monastero clariano, perché la loro prima dimora nella città dei calanchi, fu proprio nelle immediate vicinanze della comunità claustrale. All’inizio del XVI secolo, la duchessa Isabella Piccolomini-Todeschini, moglie di Andrea Matteo e nipote di Pio II, fece ospitare S. Camilla Battista Varano, perseguitata a Camerino, all’epoca nello Stato della Chiesa.

L’odonomastica ha sottolineato questo rapporto, perché nel 1951 la via laterale ha assunto il nome del figlio più illustre di Atri, il Beato Rodolfo Acquaviva. Anche se il luogo della devozione, mancando la chiesa dei Gesuiti, è la Basilica Concattedrale, alla cui parrocchia appartiene S. Andrea, annessa al Collegio e il palazzo ducale (originariamente apparteneva a S. Nicola).

Il nome Eleonora era diffuso anche a livello popolare. Compare in una poesia, “La voce dell’innocenza” di Antonino Anello, nella raccolta “Voci di piazza” (2005), recitata precedentemente in “Serata sotto le stelle”. Si parla di una famiglia, con tre figli, Marcello e due gemelle, Eleonora e Giulia. Non si parla della Santa del 21 febbraio, ma di S. Pasquale Baylon, invocato dalle donne in cerca di marito, quando il matrimonio costituiva il momento-chiave per le ragazze. Santo molto venerato nella nostra zona, soprattutto tra Castilenti e Villa Bozza.

S. Eleonora, dal portamento regale, ricorderebbe un’omonima Santa, Regina d’Inghilterra, vissuta nel XIII secolo. Era originaria della Provenza e avendo sposato il Re britannico era diventata inglese di adozione e a tutti gli effetti. Ma rimaneva in lei, l’affetto per la terra natia e nei pubblici impieghi aveva favorito i conterranei. Per questo non era molto amata. Finì il resto della vita in un monastero.

Nel monastero clariano di Atri, però l’attenzione è verso altre due Sante regine, presso l’altare dell’Addolorata, le omonime SS. Elisabetta di Portogallo e di Turingia (Ungheria), entrambe terziarie francescane. Le figure crisoelefantine a tutto tondo, hanno come attributo le insegne regali. Festeggiate rispettivamente il 4 luglio e il 17 (una volta il 19) novembre, è più venerata la Santa ungherese, in quanto Patrona del Terz’Ordine francescano, presente nella chiesa di S. Chiara, quando, soppresso il convento di S. Francesco, con il Capitolo Provinciale Ordinario del 1972, il nutrito gruppo di francescani secolari, volle continuare l’esperienza spirituale e umana, presso un’altra chiesa dell’Ordine Serafico, sia pure aggregata alla famiglia dei Minori “simpliciter dicti”, chiamati ancora oggi, per metonimia, Osservanti o Zoccolanti (quest’ultimo non è termine spregiativo, conservato peraltro nell’odonomastica e nella toponomastica, perché i frati calzavano zoccoli, data la lontananza dalla città e quindi dovevano servirsi di un abbigliamento pratico per attraversare le campagne infestate da rettili e insetti).

S. Eleonora è ricordata nell’imminenza di una ricorrenza cara al monastero di Atri, la vigilia della nascita al Cielo, di Madre Matilde Maria Chiara Grillone, Badessa, rifondatrice della comunità atriana. Originaria di Montefino, Fontanelle di Atri divenne il paese di adozione, ma fu atriana a tutti gli effetti, perché seppe leggere i segni dei tempi, con discrezione e buon senso.

SANTINO VERNA