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- Pubblicato Venerdì, 22 Gennaio 2016
- Scritto da Santino Verna
UN GIOIELLO SCONOSCIUTO
LA CHIESA PROTESTANTE DI MUTIGNANO
La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio) è occasione per parlare di un gioiello della forania di Atri, la chiesa protestante di Mutignano. Per la verità si dovrebbe parlare di ottavario, in quanto i giorni sono otto. Sia la settimana che l’ottavario sono carichi di significato, il sette e l’otto come numeri perfetti, rispettivamente per il senso di pienezza (tre e mezzo più tre e mezzo, quindi la perfezione con una metà più una metà con la perfezione) e il giorno della nuova creazione, unione tra il cerchio e il quadrato, l’infinito con il finito.
Mutignano, borgo legato ad Atri, per contiguità territoriale e la difesa del porto di Cerrano, nel 1326 era uno dei tredici villaggi soggetti alla città degli Acquaviva. Fu scelto come luogo di incontro tra i potenti del tardomedioevo, grazie al Vescovo di Monopoli, confessore della Regina Giovanna. Più tardi vi fu il trasferimento di alcune famiglie aristocratiche atriane, come i Filiani, la cui villa nei pressi della stazione di Mutignano diede nome al luogo.
Nel luogo dove sorgeva la chiesa di S. Ilario, dal 1682 patrono di Mutignano (sostituì S. Silvestro a cui è tuttora intitolata la chiesa parrocchiale), per via delle reliquie arrivate da Roma, (come in Atri, nel 1605, erano arrivate quelle di S. Reparata, per interessamento di Claudio Acquaviva, zio del Beato Rodolfo), nel 1881 fu eretta la chiesa metodista, quando il borgo aveva perso il prestigio dei secoli precedenti, con il Consiglio di Reggenza, ovvero compagine che poteva mettere in discussione quanto diceva il duca. Ed era prerogativa soltanto di Atri e Mutignano. L’edificio fu rinnovato nel 1932, per interessamento di Nicola Sfredda. Era l’anno in cui fu ricompattata la confessione metodista, nata in Inghilterra nel XVIII secolo, in ambito anglicano e così denominata per la serietà e la pietà metodica.
Il termine “protestante” non è il significato vero e proprio dei riformati, perché si riferisce alla protesta che fecero gli stessi alla dieta imperiale del 1529. In questo comune denominatore mettiamo valdesi, metodisti, luterani, e per estensione anche quaccheri e mormoni. Nell’accezione popolare abruzzese sono tutti “evangelisti”, intendendo tali anche i Testimoni di Geova, in realtà una setta e pertanto non una confessione cristiana.
La denominazione “Riformati” rimanda alla riforma del XVI secolo, per la quale si ebbe la Controriforma che ebbe più o meno due derive: la Controriforma propriamente detta, della Compagnia di Gesù e la Riforma Cattolica, promossa da S. Filippo Neri. Entrambe le espressioni furono tradotte nella catechesi attraverso l’arte rispettivamente di Fratel Andrea Pozzo e Federico Barocci. Per avere un’idea del primo, guardiamo il soffitto della chiesa di S. Giovanni in Atri, con la gloria di S. Domenico e l’espansione dell’Ordine nei quattro continenti, non tanto un’illustrazione geografica, ma la rappresentazione della famiglia dei Predicatori che raggiunge tutto l’orbe, simboleggiato dal numero quattro: Settentrione, Meridione, Oriente e Occidente. Tutti formano una croce e le iniziali greche del nome di Adamo.
La chiesa riformata fu eretta, grazie ad emigrati mutignanesi che avevano trovato accoglienza nei Paesi transalpini. Come ringraziamento dell’ospitalità, la conversione alla nuova confessione era spesso la soluzione. Caso analogo si è verificato nella Valle Siciliana. Il gruzzoletto racimolato all’estero, permetteva oltre al ritorno in patria con la casa che a sua volta dava lavoro all’indotto locale, la costruzione di un edificio sacro con le sembianze di una vera chiesa cattolica, soprattutto all’esterno, in luogo della sala, ricavata in un immobile, come possiamo vedere a Pescara, nella sede della comunità evangelica di Via Aterno, vicino al Villaggio del Fanciullo “Don Orione”, visibile dall’asse attrezzato.
La chiesa, in Corso Umberto, si presenta dalla fisionomia di edificio cattolico, con la facciata neogotica e il campanile a vela. Sul portale la scritta, motto della confessione “La mia parrocchia è il mondo” e questo è il primo segnale di chiesa non cattolica, perché i cartigli abitualmente parlano latino, la lingua del cattolicesimo, perché lingua universale. L’edificio, delimitato da abitazioni private, si trova ad un tiro di schioppo dalla settecentesca chiesa di S. Antonio di Padova, trasformato in auditorium. L’interno, a forma aulare, con qualche aspetto neogotico, come la monofora a sesto acuto, ha il pulpito, l’arredo sacro più importante della scarna liturgia della riforma, in legno.
Mutignano aveva una piccola comunità di riformati, circa una quarantina di aderenti. La confessione diversa da quella cattolica, legata alla Parrocchia di S. Silvestro, non creava problemi. I mutignanesi volevano bene ai fratelli riformati.
La comunità riformata è stata attiva a Mutignano fino al 1996, quando l’esiguità dei fedeli ha comportato la chiusura del pregevole edificio neogotico. Dal 2010 la chiesa è stabile privato, acquistato da un discendente anglofono del protestante, autore del rinnovo della comunità mutignanese.
Dalle contrade intorno alla Cona e da Viale Aldo Moro in Atri è possibile scorgere, anche se con qualche difficoltà, il peculiare edificio di Mutignano, motivo in più per vivere nella forania comprendente Atri, Pineto e Silvi, la settimana per l’unità.
SANTINO VERNA