IL SANTO MARTIRE PATRONO DEI VIGILI URBANI

SAN SEBASTIANO, VENERATO NELLA CATTEDRALE DI ATRI

Il 20 gennaio la Chiesa ricorda, anche se memoria facoltativa, S. Sebastiano martire, associato al Papa S. Fabiano, anche lui martire. In Oriente ricordato il 18 dicembre, Sebastiano è patrono degli arcieri, e, in quanto guardia pretoria, anche dei vigili urbani. Dal 1575 è patrono della Misericordia di Firenze, nel cui oratorio di Piazza Duomo viene celebrata l’Eucarestia con la distribuzione dei panellini (come si fa per il pane di S. Antonio).

Nacque nel III secolo a Narbona, anche se S. Ambrogio lo dice nativo di Milano. Ovviamente, sia la città francese che il capoluogo lombardo ne rivendicano i natali. Per risolvere il problema, si è detto che era di padre francese, ma nato a Milano. Era cristiano e, da milite, servì sia l’Imperatore che il Papa. Tra gli esercizi delle armi avrebbe praticato anche la scherma e per questo ha la venerazione degli schermidori (il patrono è però S. Michele Arcangelo, per via della spada con cui sconfigge il dragone infernale). Portava il conforto ai cristiani perseguitati e convertì diversi pagani. Visitò in carcere i SS. Marco e Marcelliano e, mentre ricevevano dai parenti l’invito ad abiurare la fede per riavere la libertà, Sebastiano li incoraggiava a mantenere la fede in Cristo, per ricevere la palma del martirio.

La persecuzione non risparmiò neppure S. Sebastiano, condannato al supplizio delle frecce, impalato ad una colonna. Il suo martirio suscitò tanta commozione a Roma e divenne uno dei Santi più venerati nella città eterna, il terzo dopo i SS. Pietro e Paolo. La Basilica di S. Sebastiano al Palatino divenne una delle sette chiese, assieme alle quattro maggiori (S. Pietro, S. Paolo, S. Giovanni, S. Maria Maggiore), a S. Croce in Gerusalemme e S. Lorenzo al Verano. Le sette chiese divennero itinerario di pellegrinaggio, rinverdito nel clima della Riforma Cattolica, da S. Filippo Neri. Nel mondo cristiano ebbero una vasta eco, tanto che si ebbe una riproposizione nella città di Monselice. A Milano gli fu dedicata una chiesa in centro.

La peste del 680 a Roma rinnovò il culto di S. Sebastiano, perché secondo la leggenda giravano per la capitale due angeli, uno nero e uno bianco. Quello nero andava con la spada per uccidere, il bianco, sempre con la spada, per guarire. In quest’ultimo il popolo riconobbe il martire di Narbona, e da allora fu invocato contro la peste. I Santi contro la peste erano tre, oltre a S. Sebastiano, S. Rocco e S. Antonio Abate, molto venerati dal popolo cristiano.

Per S. Rocco la spiegazione è più semplice, in quanto fu colpito dalla peste bubbonica durante il lungo pellegrinaggio da Montpellier a Roma, sulle tombe degli Apostoli. Riguardo S. Antonio Abate, perché nel Medioevo era considerato protettore contro un po’ tutti i mali, degli uomini e del bestiame, e da qui il detto, diffuso in Abruzzo, “da pericule, male e lambe/ Sant’Antonie ce ne scambe”.

L’eco della peste di Roma con la protezione di S. Sebastiano giunse in Atri e il primo affresco di Andrea Delitio nella Cattedrale, in un pilastro ottagonale, ebbe per tema proprio questo Santo. Il pittore marsicano volle dar prova dell’abilità artistica, per farsi commissionare il coro, rimasto senza decorazioni, per due secoli. La scelta di S. Sebastiano non fu casuale, perché gli artisti dal tardomedioevo in poi lo usavano come pretesto per dipingere il nudo quasi integrale.

In Abruzzo S. Sebastiano era ed è abbastanza venerato contro la polmonite, malattia tipicamente invernale. Associato quindi a S. Biagio, contro il mal di gola. Il legame con la fastidiosa infezione rimanda ancora alle frecce. Come S. Sebastiano fu colpito dalle saette, l’uomo è “colpito” dalla polmonite. Vasto, Ortona, S. Sebastiano dei Marsi e Pietranico, sono tra i luoghi che venerano particolarmente il martire del periodo più freddo dell’anno.

Il Delitio gli riservò altri due affreschi nella più grande chiesa atriana, sia nudo che vestito. Sia cioè nell’iconografia tradizionale, sia in quella più inconsueta che mette in risalto la dignità di guardia, con il simbolo appena accennato della freccia. Ma si preferisce maggiormente il S. Sebastiano nudo, per il facile riconoscimento ed evitare la confusione con altri testimoni militi come S. Maurizio, S. Candido, S. Ercolano etc. o semplicemente martiri laici vestiti da “militi del Signore”.

Nella chiesa di S. Nicola, in Atri, la bottega del pittore marsicano immortalò – e siamo sempre nella seconda metà del XV secolo- il martire di Narbona, sulla controfacciata, nella navata sinistra. Il dipinto fu realizzato contro la peste, e per questo, vi compare, con al centro una Maestà, S. Rocco, anche se in una fisionomia più leggiadra. Non è il S. Rocco dalla lunga e non molto curata capigliatura e barbato, come nel vicino oratorio, ma il confessore di Montpellier secondo lo stile del tardogotico abruzzese. L’affresco molto tempo più tardi è diventato pala del fonte, perché la chiesa di S. Nicola, in quanto parrocchia, ne aveva (e ne ha) la prerogativa. Fu scelta la collocazione nella navata sinistra, perché anticamente era il lato del maligno, e nel Battesimo viene scacciato (e questo si può vedere anche in Cattedrale).

Penalizzato dalla vicinanza alla festa di S. Antonio Abate, S. Sebastiano fu festeggiato in Atri nel 2001 con il raduno dei vigili urbani in Duomo. Fu l’ultima apparizione pubblica di Don Giovanni D’Onofrio, Arciprete e Presidente del Capitolo, visibilmente infermo. Infatti concluse la giornata terrena quattro giorni dopo, festa della Conversione di S. Paolo.

SANTINO VERNA