TANTE EMOZIONI CON...UN PIZZICO DI NOSTALGIA

SETTANTA ANNI DI TEATRO DI ANTONINO ANELLO

Cifra tonda per il poeta atriano Antonino Anello. Ricorda i 70 anni di attività teatrale, cominciata nel 1946. L’ humus atriano fu fondamentale, perché l’attività teatrale nella città dei calanchi si perde nella notte dei tempi. Testimonianza tangibile è il teatro romano (I sec. d.C.), tornato all’attenzione nel 1984, quando un’operazione di scavo ha messo in rilievo aspetti che ne documentano l’esistenza.

Il primo teatro moderno risalirebbe al XVII sec. presso il Collegio dei Gesuiti, istituito come attività culturale del medesimo. Era una sala in Via Card. Cicada, all’interno del poderoso stabile. I due teatri appena menzionati, felice coincidenza, si trovano nei pressi della casa di Tonino Anello.

Ma il teatro che maggiormente ha influito nell’opera di Anello è il Comunale, inaugurato nel 1881, attualmente unico edificio teatrale della provincia di Teramo e uno dei pochi in Abruzzo. Con la demolizione del teatro nella città pretuziana, e l’assenza di teatri storici in provincia di Pescara, il monumento dirimpettaio della Cattedrale è l’unico dell’area tra il Tronto e l’Aterno. Anche il Comunale di Atri, rischiò dopo la ricostruzione postbellica e l’alba del miracolo economico, la distruzione, come attestano gli sventramenti e le superfetazioni edilizie della parte intramurale di Atri.

Tonino Anello ha il teatro nel sangue. Da bambino, assieme ai coetanei, recitava nei fondaci e ogni quartiere di Atri aveva la piccola compagnia teatrale, dato che il Teatro costituiva uno dei pochi divertimenti del paese. Altrove si prolungava il piacere del desco e si aspettavano con ansia giorni dedicate a pranzi più abbondanti, mentre Atri disponeva di consistenti alternative culturali.

Dal 1946 parte l’opera di attore e autore del poliedrico maestro. Ricordiamo tra i primi lavori “Una gara in montagna” e “Se la radio non ci fosse”, da non confondere con lo spettacolo dal titolo quasi omonimo, “Se la terra non ci fosse”, iniziato nel 1944 al Marrucino, con la presenza di Raffaele Fraticelli, l’alter ego di Anello per l’Abruzzo Citeriore. Da quello spettacolo nacque il personaggio di “zì Carminuccio”, approdato poco dopo negli studi, prima di Via Trieste, poi di Via De Amicis, a Pescara, per il programma meridiano “Pe la Majella”, promosso da Edoardo Tiboni.

Nel 1964, Tonino Anello, partecipa con la schola cantorum “S. Francesco” al melodramma “La Vergine di Cesarea”, di autori vari, con musica di Antonio Di Jorio. La rappresentazione, promossa dall’allora Sindaco di Atri, Prof. Emilio Mattucci, lasciò gli atriani a bocca aperta, perché l’allestimento fu quasi cinematografico, con l’ambientazione in Piazza Duomo e la riapertura, per l’occasione, della Cattedrale, impraticabile per il penultimo restauro della sua lunga storia. La voce di basso di Tonino risuonò nel coro dei Saraceni, per rievocare il leggendario assedio altomedioevale, fermato con l’intercessione di S. Reparata, appunto la Vergine di Cesarea, ricalcato sull’analogo episodio di Villamagna, dove protagonista è S. Margherita d’Antiochia.

Nel 1968, sempre con la musica di Antonio Di Jorio, tornato da Rimini per l’occasione, Tonino Anello viene applaudito per la commedia musicale “Paese mè”, suggerita da una delle canzonette più belle del maestro di Atessa. Brano dedicato ad Atri, sin dalla prima strofa, anche se non si parla esplicitamente della città degli Acquaviva. La commedia, riproposta nel 2005, e di nuovo, lo scorso Natale, nell’ambito delle celebrazioni per i 40 anni del coro cittadino, con la direzione del M° Prof. Concezio Leonzi e la regia di Alberto Anello.

Nel 1975 l’opera di Tonino Anello si fonde con il coro folkloristico “A. Di Jorio” di cui diventa autorevole componente, e con cui vive la sgargiante stagione dei primi anni. Celebri rimangono i suoi sketch, dove mette in risalto l’abilità di attore e dicitore, in maniera goliardica e divertente, senza scivolare nella scurrilità. E questo trova riscontro anche nelle poesie in vernacolo.

Nel 1978 nasce il Teatro Minimo, con la sapiente guida di Tonino e la conduzione dei figli Alberto e Francesco, attori e registi. Cominciano subito con meravigliosi lavori come “L’età contro”, “Vita di paese”, “Commedia” e molti anni dopo, “Impiegati, impiegati”, analisi sulla situazione lavorativa degli ultimi anni del secolo breve. Senza dimenticare, “la Passione di Gesù”, per dieci edizioni presente nelle manifestazioni della Settimana Santa e “L’Uomo di Nazareth”, con la soluzione della “passerella” e il maggior contatto con il pubblico, con tre edizioni. Elio Forcella, sempre nel ruolo di Ponzio Pilato, il personaggio più atteso dopo Gesù.

Nel 1989, il Teatro Minimo va, per pochi minuti, in diretta su Rai 1, nel collegamento con “Uno mattina”, il contenitore cominciato tre anni prima. I giovani attori vengono ripresi sul palcoscenico del Comunale, mentre preparano il “Canto di Helewin”, una rappresentazione di sapore medioevale, imago brevis dei drammi storici dell’associazione teatrale. Da quell’esperienza nascono le due edizioni del corteo in costume, nel 1998 e nel 1999, la prima condotta dal Teatro Minimo con la regia di Piergiorgio Cipollini, la seconda con Sabatino Ciocca. Nel 2000 era in programma la terza, sul Beato Rodolfo (menzionato nella poesia “Atre nostre” di Tonino), ma i soliti problemi dell’ultimo momento bloccarono la realizzazione.

Le locandine del Teatro Minimo tappezzano la bottega di Antonino Anello e rappresentano la storia per immagini di una valente istituzione atriana. E, attraverso i personaggi ed interpreti, sempre con la sapiente regia e guida degli Anello, viviamo la stessa emozione del vecchio registro di classe o della lista degli esami, con un pizzico di malinconia, perché per qualche minuto ci piacerebbe rivivere quell’atmosfera.

SANTINO VERNA