I NOSTRI MORTI DIMENTICATI

“Proteggete i miei padri: e chi la scure asterrà pio dalle devote frondi  men si dorrà dei consanguinei lutti“.

Così Ugo Foscolo, nei Sepolcri, dava corpo poetico all’intangibilità dei cimiteri. Quello cattolico italiano di Hammangi, Tripoli, dove riposano  ottomila nostri connazionali, è stato profanato in una devastazione orribile, che dovrebbe spaccare il cuore di chi vive, dopo averlo fatto con le pietre delle tombe e la dignità di chi vi riposa.

Invece poche dichiarazioni di circostanza. Nessun tweet presidenziale, ieri dedito ad una commemorazione banalotta dell’immenso Pasolini. Nessun  hastag o campagna social. Non è Palmira, non sono i Buddha di Bamijan.  Sono le anime italiane, artefici di un colonialismo che non c’è più, eppure anime di nonni e bisnonni che qualcuno piange ancora.

Qualche italiano, ma non l’Italia. Che, invece è altrove,  tra il giorno dei Santi e dei morti. Alle prese con qualche zucca da buttar via.

Per le azioni di ampio respiro servono coraggio e memoria. Entrambi li abbiamo sotterrati. Ed è sempre il due novembre di noi stessi.

Alfio Carta