Pubblicato Giovedì, 01 Ottobre 2015
Scritto da Aristide Vecchioni

LE NUOVE VIE DEL CRISTIANESIMO 

Tutto appartiene a Dio e, pertanto, tutto deve essere

concesso in uso comune, senza privilegi e senza esclusioni.

Cipriano, De opere et elemosynis, 25

 

La natura ha stabilito la comunione;

l’usurpazione ha creato la proprietà privata.

Ambrogio, De officiis ministrorum,28-32  

I PARTE \ LE DUE CHIESE

La guida più modesta alla lettura della recente lettera enciclica LAUDATO SI’ di Papa Francesco, esige un discorso preliminare sul fondamentale divario tra l’intransigente visione conviviale comunitaria (agape) e la religio societatis, ansiosa di modellarsi con il potere dominante.

Ho già scritto più volte su questa rivista circa la natura contraddittoria delle due componenti che confluiscono nel cattolicesimo(1). Vi è una Chiesa ufficiale, quella della oligarchia curiale, legata a una liturgia tutta domenicale, chiusa nelle sagrestie. Tale concezione distorta della fede giustifica ogni situazione con il pretesto della volontà di Dio. Così, nel corso dei secoli, la Chiesa istituzionale e conservatrice, ha sostenuto le caste dominanti impedendo ai gruppi emarginati (donne, classe operaia, negri, poveri) il riscatto della loro condizione di oppressione e sfruttamento. Non a caso, Pio X afferma che la Chiesa comprende pastori e gregge. La gerarchia dirige, i fedeli ubbidiscono. In altre parole la moltitudine, rassegnata e paziente, deve assumere il ruolo passivo di un branco di pecore(2). Per fortuna il cattolicesimo non è monocorde. Erompono esperienze religiose vitali che, sulla scia del cristianesimo primitivo, si aprono a contesti di vita odierni con impegno permanente. Esse vogliono rendere operante lo spirito sociale del Vangelo e recuperare ideali appannati. Rifiutano la prospettiva astratta della ricompensa alle ingiustizie nell’al di là e, con fermezza, chiedono hic et nunc, l’emancipazione delle classi sfruttate, dei popoli oppressi, delle culture disprezzate. Parliamo di un orizzonte di fede che guarda con intelligenza e sensibilità ai problemi della moderna società. Nel secolo appena trascorso, l’essenza di tale missione viene incarnata da Giovanni XXIII che sostiene la preminenza del momento pastorale su quello teologico. Egli abbatte steccati secolari rifiutando lo spirito settario di crociata dei suoi predecessori. Si rivolge agli uomini di buona volontà, credenti e non, perché operino per il bene dell’umanità. Memorabile rimane il suo discorso inaugurale al Concilio. Afferma che occorre abbandonare le nostalgie del passato, non cercare l’appoggio del potere, ancorarsi al mondo del lavoro. Il suo vigoroso apporto per il rinnovamento della religione cattolica, prospetta una «Chiesa altra», l’ecclesia pauperum, ove la fede viene vissuta come testimonianza, attuando storicamente i princìpi di fratellanza universale. Papa Francesco tutela e valorizza questa «seconda Chiesa». Nell’Evangelii gaudium passa in rassegna le patologie sociali e scrive: Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della iniquità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L’iniquità è la radice dei mali sociali(3). Dalle parole ai fatti. Nette e coraggiose sono le sue iniziative. A ottobre 2014, presso il Centro Salesianum della Città del Vaticano, egli promuove l’incontro mondiale dei movimenti popolari (zapatisti, marxisti, indignados, anarchici e sindacati) per parlare di casa, terra, lavoro, istruzione e umanità insidiata da affarismo, miseria, corruzione. Evento senza precedenti, da ripetere annualmente, per dare voce a coloro che non vengono ascoltati e sfidare l’inquietante silenzio della pseudo sinistra occidentale che nulla riesce a dire.

(continua)

Aristide Vecchioni

Note

1) cfr. principalmente La città cristiana tra storia e utopia possibile in Rivista Abruzzese, a LIII, 2000, n4.

2) v. Enciclica Vehementer, 1906.

3) Papa Francesco, Evangelii gaudium, Ed. S. Paolo, 2013, p.216.

__________________

Il presente articolo apparirà sulla «Rivista Abruzzese», rassegna trimestrale di cultura, n°4, 2015, ottobre-dicembre.