Pubblicato Lunedì, 28 Settembre 2015
Scritto da Santino Verna


ATRI E FIRENZE DA SECOLI UNITE NEL NOME DELLA STESSA PATRONA

SANTA REPARATA DI OTTOBRE

Nel Martirologio Romano il giorno di S. Reparata è l’8 ottobre. I Santi vengono festeggiati abitualmente nella data obituaria, perché ricorda la nascita al Cielo. Nella maggioranza dei luoghi (pochi) dove S. Reparata è protettrice o compatrona, viene festeggiata nella ricorrenza ottobrina e da qui il proverbio “per Santa Reparata/ ogni oliva è inoliata”, per ricordare la possibilità della spremitura.

Chi si chiama Reparata festeggia l’onomastico in questo giorno. In Atri sono rimaste poche le donne che si chiamano Reparata, ma sono comunque di più degli uomini che si chiamano Rodolfo. Per la festa onomastica, per un pranzo o almeno un caffè con parenti e amici, si preferisce la ricorrenza primaverile, ancora nell’atmosfera delle vacanze di Pasqua, nonostante il tempo che può tirare brutti scherzi, come nel 2004, quando la pioggia impedì la processione.

Atri è legata a S. Reparata, della cui vita si conosce poco, dall’inizio del XIV secolo, quando la cittadina dei calanchi era frequentata da mercanti fiorentini che percorrevano la Toscana, l’Umbria, la Sabina e la via che da Popoli portava al mare, perché si rifornivano di lana e zafferano. Dall’Alto Medioevo, S. Reparata era protettrice di Firenze, perché S. Zanobi, un Vescovo coevo di S. Ambrogio, ne aveva portato il culto nella città di Dante.

Per intercessione di S. Reparata, nel 406, il cristianesimo entrò definitivamente a Firenze con la sconfitta di Radagaiso, despota ostrogoto. La scelta della Santa si deve alla data dell’8 ottobre. Poiché la vittoria era arrivata quel giorno, fu attribuita all’opera intercedente della vergine e martire di Cesarea di Palestina. Episodio che ricorda la liberazione di Atri, nell’Alto Medioevo, dall’assedio saraceno, con le truppe comandate da Amirroco. Ma qui la storia di S. Reparata s’intreccia con quella di S. Margherita, nella non lontana Villamagna, dove il miracolo viene rievocato annualmente, il 13 luglio, con uno stuolo di figuranti, tra i quali campeggia una ragazza che impersona la martire antiochiena.

In Atri si rievocò nei secoli l’evento, con una serie di drammi sacri, l’ultimo dei quali fu “La Vergine di Cesarea”, di autori vari, con la musica del m° Antonio Di Jorio, rappresentato il 20 agosto 1964, per interessamento dell’allora Sindaco Prof. Emilio Mattucci. Esattamente un quarto di secolo dopo, il melodramma fu riproposto, sempre in Piazza Duomo, con meravigliosi attori lirici e la collaborazione del Teatro Minimo di Atri. La regia fu affidata a Danilo Volponi, l’assistenza ai due protagonisti del teatro cittadino del XX secolo, Alberto Anello ed Elio Forcella.

Nel 1353, la Santa divenne patrona di Atri, per volere del Vescovo di quel tempo, Marco Ardinghelli, domenicano conventuale, appartenente alla comunità di S. Maria Novella a Firenze, cuore della conventualità dell’Ordine dei Predicatori che avevano, in forma minore, la stessa divisione dei Francescani. Infatti il corrispettivo domenicano di S. Croce era S. Maria Novella, non S. Marco, la chiesa di Giorgio La Pira, sede dell’osservanza.

Seicento anni dopo, si sarebbe ripetuta la stessa cosa, per l’altro patrono della città: S. Gabriele dell’Addolorata. Questa volta un suo confratello, Mons. Amilcare Battistelli, appartenente alla sua stessa provincia religiosa, la giurisdizione del Medio-Adriatico, lo volle legato ad Atri. E infatti Pio XII dichiarò il Santo del sorriso, patrono “aeque principaliter” con S. Reparata di Atri.

La festa ottobrina di S. Reparata comportava un tempo l’esposizione del busto argenteo in Cattedrale, per la venerazione, assieme alle reliquie. Il busto era conservato nelle adiacenze del Duomo prima del trasferimento nel Museo Capitolare, per maggior sicurezza e anche perché opera d’arte. Vi è pure la statua lignea (XVII sec.) a figura intera che in qualche modo riecheggia il simulacro, nel prolungamento absidale, della chiesa eponima, accanto al Duomo. Ora vi è stata messa la copia dell’affresco del Delitio, nel coro della Cattedrale, con la Santa recante il plastico della cittadina, dove spicca la torre della Cattedrale, come nel busto processionale.

Un piccolo reliquiario di S. Reparata si trova nella sacrestia della chiesa di S. Nicola in Atri, come ricordava Mons. Giuseppe Di Filippo, Arcidiacono del Capitolo e Direttore del Museo Capitolare.

Nel XX secolo la chiesa di S. Reparata ha registrato qualche infelice intervento come la demolizione di altare, cantoria e campanile a vela sulla facciata. Quest’ultimo poteva sembrare superfluo, perché ci sono i sacri bronzi della Cattedrale, ma le campane sono un po’ il biglietto da visita dell’esterno di un edificio sacro, perché sono l’insegna della chiesa pubblica. Per intenderci: la Cattedrale è chiesa pubblica, non lo è la cappella dell’Istituto Ravasco. La demolizione clou fu l’Arco di Monsignore.

Nella tradizione atriana era “S. Reparata della vendemmia”, perché era ed è un importante appuntamento agricolo con l’uva. L’ottobrata, ovvero la sfilata dei carri a trazione meccanica con gli addobbi autunnali, è abbinata alla festa della Madonna del Rosario.

SANTINO VERNA