Pubblicato Venerdì, 11 Settembre 2015
Scritto da Santino Verna

GIULIA ZAULI NALDI A DIECI ANNI DALLA MORTE

LA PRIMA DONNA PRIMARIO DEL NOSTRO OSPEDALE

A dieci anni dalla morte ricordiamo la Dott.ssa Giulia Zauli Naldi, Primario della Divisione di Pediatria e Neonatologia dell’Ospedale Civile “S. Liberatore” di Atri. E’ stata la prima donna nel nosocomio atriano a ricoprire il ruolo di primario. Era la “dottoressa” per antonomasia dell’ospedale.

Nata il 13 luglio 1920, veniva da una famiglia aristocratica che viveva tra Bologna, Castelbolognese e Faenza. I Zauli Naldi avevano dato personalità di spicco allo Stato Pontificio. Tra questi Mons. Domenico, Vescovo di Veroli, poi Arcivescovo titolare di Teodosia, Vicegerente di Roma. Prestigiosa anche la sede “in partibus”, perché fu assegnata dopo di lui al Vescovo Prospero Lambertini, Benedetto XIV, il “Papa Giovanni del XVIII secolo” (Nazareno Fabbretti).

La famiglia Zauli era di Faenza, i Naldi di Villa Vezzano di Brisighella, nelle vicinanze di Faenza. I brisighellesi si estinsero nei faentini, e questa è la ragione del doppio cognome. Giulia frequentò il liceo classico “Torricelli” di Faenza (nella foto di classe è la seconda seduta nella terza fila, da destra). Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Bologna, si specializzò in Pediatria e giunse a Teramo dove ricoprì l’incarico di Aiuto.

Quando entrò in funzione il nuovo stabile ospedaliero, nel rione S. Antonio in Atri, nacque il reparto pediatrico. Il Prof. Gasbarri, Primario di Teramo, aveva due aiuti, il Dott. Giuseppe Gaspari, fratello del politico Remo e la Dott.ssa Giulia Zauli. Il primo (aveva impedito a Remo l’iscrizione a medicina, imponendogli giurisprudenza perché vedeva l’ottimo futuro di ministro) rimase a Teramo e divenne primario, la dottoressa venne in Atri.

Ironia della sorte proprio nella cittadina dove molti dimenticavano il suo onomastico, perché il 22 maggio il Martirologio riporta non soltanto S. Rita da Cascia, venerata nell’erigendo Santuario di Capo d’Atri, ma anche S. Giulia, testimone della fede meno famosa, la cui devozione dalla Corsica giunse a Brescia, dove la chiesa eponima si perde nel “mare magnum” dell’edilizia sacra della città di Papa Montini.

Il reparto di pediatria contava tantissimi bambini, perché allora le degenze non erano brevi come oggi, dove il bimbo, per le cose più banali, può essere tenuto in casa. In estate era il momento dei bambini provenienti da vari luoghi geografici, perché erano villeggianti della costa del Cerrano (e non solo) che avevano bisogno del ricovero e andavano dalla dottoressa. La divisione, vista con la lente dei nostri giorni, poteva sembrare un reparto di geriatria, ma la dottoressa sapeva trasformarlo, con la sua equipe di medici, paramedici e ausiliari, in un laboratorio di cure e di amore. Non era tappezzato da pupazzi della Disney o da animaletti variopinti, ma era un luogo che ogni tanto poteva sprigionare non poca gioia.

Nelle cure della dottoressa c’era Gabriellino, originario di Teramo, il quale portava il camice bianco e simulava le visite mediche, con tanto di penna e taccuino per aggiornare la cartella clinica. Voleva diventare primario ospedaliero e sognava uno studio pieno di libri di medicina, ma l’altro sogno era quello del giornalismo. Perciò, sapeva trasformare la corsia in uno studio televisivo, dove l’argomento principale era il dibattito politico. E inventava trasmissioni come “Evviva i partiti” dove bastava una forchetta o una matita per avere il microfono.

La dottoressa era appassionata di fotografia e il suo studio, spartano a prima vista, era pieno di foto delle escursioni che compiva anche in Abruzzo, la regione scelta come terra d’adozione, pur non abbandonando la gradevole cadenza romagnola. Trascorreva le vacanze estive fuori Europa, senza dimenticare l’amata Canazei, e celebri rimangono gli scatti africani, commentati con piacevoli aneddoti.

Un giorno, in Africa, salì su una traballante corriera per andare in una tappa prevista. Vi era un ammonimento attraverso un filmato. Un uomo stava filmando la leonessa con i leoncini, ma ad un tratto esce il leone, e, scambiando la cinepresa per un’arma, lo aggredisce e lo sbrana. L’amico con l’attrezzattura per filmare era in un luogo nascosto e potette documentare l’orribile episodio, adottato dagli organizzatori per invitare i turisti a non fare gli spiritosi con le fiere.

S’interessava dei problemi del mondo, senza banali discussioni, e quando veniva invitata a cena dagli amici, doveva prima guardare tutto il telegiornale. Poi, si sedeva a mensa, con la compostezza di una patrizia d’altri tempi, e mangiando delicatamente, conversava fino a tarda ora. Amava fare lunghe passeggiate e le faceva spesso con la compianta Gabriella Savini e le sorelle Anna e Wanda Cichetti, passate anche loro all’altra riva, le quali uscivano per l’itinerario prestabilito anche con l’acqua a catinelle. Con la Prof.ssa Wanda, condivideva la passione della pittura che aveva intensificato nell’imminenza della pensione. Era una figurativa, ed era faentina anche nell’amore per l’arte, perché la città romagnola è famosa per la ceramica e si trova ad un centinaio di kilometri da Firenze.

Profondamente religiosa, la Dottoressa aveva respirato la pietà della terra d’origine. Faenza e Bertinoro, in Romagna sono un po’ le “mosche bianche” in una regione anticlericale, socialista e repubblicana, ma anche dove la gente è contro la Chiesa, la processione alla Madonna di S. Luca è sempre un momento toccante e commovente per tutti. Frequentava la Parrocchia di S. Gabriele.

La Dottoressa, per la legge anagrafica, nel 1985 fu collocata in pensione. Il Prof. Enzo Fanini, suo omologo per la divisione chirurgica, di due anni più anziano, e, praticamente, il fondatore del nuovo ospedale di Atri, beneficiò di un’altra disposizione e andò in pensione all’inizio del 1988. Il ruolo di Primario pediatrico passò all’Aiuto, Dott. Berardo Capuani che a sua volta passò il testimone al Dott. Gianfranco Visci, neuropsichiatra infantile, entrambi palestrati alla pediatria di Giulia Zauli Naldi. Più tardi sarebbe venuto il Dott. Mario Di Pietro e per il reparto pediatrico si voltava un’importante pagina.

Lo storico primario pediatrico rimase in Atri fino al 1991, nella casa dirimpetto all’ospedale. Con l’avanzare dell’età e le non perfette condizioni di salute, si trasferì a Pineto, facendo però la spola tra la cittadina balneare e Bologna, dove sarebbe avvenuta nel 1995 la prematura morte di Gabriellino.

Negli ultimi anni tornava raramente nella cittadina di adozione. Era tornata bolognese e le esequie furono celebrate nella chiesa di S. Maria della Misericordia a Porta Castiglione, la sua parrocchia all’ombra dell’omonima porta che possiamo definire con le parole di Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, “lo specchio della sua città”.

SANTINO VERNA