Pubblicato Sabato, 20 Giugno 2015
Scritto da Santino Verna

UNA CHIESA E LE BELLE TRADIZIONI DI UNA VOLTA...

SAN GIOVANNI BATTISTA: I COMPARI A FIORI

La festa di S. Giovanni Battista (24 giugno) coincide con il solstizio estivo, ovvero la fine della fase ascendente del sole. Dalla Natività del Precursore le giornate cominciano pian piano, ad accorciarsi, ma l’estate non è conclusa, anzi è appena cominciata. Ci sarà ancora un mese abbondante, con il periodo più caldo dell’anno, quando il sole è nel segno zodiacale del leone.

S. Giovanni Battista ha due feste annuali: la Natività (solo Gesù e la Madonna, prima di lui e oltre lui, hanno la festa del Natale), e il Martirio, la decollazione, il 29 agosto. Ovviamente è più importante la nascita e un riferimento indiretto al Battista è il 9 novembre, festa della Dedicazione della Basilica Lateranense, la Cattedrale di Roma e del mondo, propriamente del SS. Salvatore, ma popolarmente di S. Giovanni in Laterano, anche se in condominio con l’omonimo Apostolo ed Evangelista.

In Atri abbiamo la chiesa di S. Giovanni (XIII sec.), retta dai PP. Predicatori fino al 1809, quando, per via delle soppressioni, i figli di S. Domenico lasciarono la città ducale. La cura della chiesa fu affidata, come per gli altri edifici sacri, al clero diocesano, molto abbondante nella cittadina e all’Arciconfraternita del SS. Rosario, emanazione dell’Ordine Domenicano. Nel XVII sec. la chiesa aveva assunto, già nei documenti, la denominazione di S. Domenico, perché alla locuzione S. Giovanni Battista dei Domenicani, si sostuì facilmente quella di S. Domenico, Patriarca dell’Ordine divenuto popolare grazie ai suoi figli, anche se in Abruzzo era più famoso l’altro S. Domenico, di Colfornaro, sacerdote e monaco benedettino, venerato particolarmente a Cocullo, Palombaro, Pretoro e Villalago.

I domenicani trasformarono buona parte della chiesa magistrale in luogo sacro dell’Ordine, perché fino al presbiterio escluso tutto parla di S. Domenico, a partire dal soffitto con la gloria del Santo e la diffusione della famiglia religiosa nei quattro angoli del mondo, opera di Salvatore Nobili, sull’esempio della gloria di S. Ignazio nell’omonima chiesa romana. Le cappelle laterali, di patronato di famiglie aristocratiche di Atri come i baroni Forcella, presentano devozioni domenicane. Fanno eccezione S. Liborio, culto portato nella cittadina all’inizio del XVI sec. durante l’invasione francese e S. Filippo Neri, legato alla “commenda” di S. Giovanni in Venere in Fossacesia. Un altare, inoltre, è intitolato al SS. Nome di Gesù, devozione promossa da S. Bernardino da Siena, morto a L’Aquila, la cui canonizzazione fu sostenuta dal Vescovo di Atri e Penne Giovanni Ranellucci da Palena, trasferito pochi anni prima della morte in Orvieto. Stando ai numeri fu più Vescovo di Penne e Atri (le Chiese avevano dal 1252 perfetta uguaglianza, quindi nessuna aveva la precedenza sull’altra), ma con l’attuale definizione del Vescovo emerito è l’ultima sede quella recensita per il successore degli apostoli.

S. Giovanni Battista nell’omonima chiesa atriana è titolare, in pratica, soltanto del presbiterio e del coro. Vi sono le storie del Precursore di Gesù, e per interessamento di Piergiorgio Cipollini, storico locale e studioso di araldica, nel 2000 è stata realizzata dal m° Federico Tamburri una vetrata nel coro con la decollazione. Un’altra vetrata fu realizzata all’inizio degli anni ’80 sulla facciata, accanto a quella della Madonna del Rosario, per promuovere la figura del primitivo e vero titolare della chiesa, senza sminuire S. Domenico per il quale fu realizzata una vetrata sul fianco destro della chiesa, lato dell’Epistola si direbbe con un linguaggio più ingiallito, accanto a S. Caterina da Siena, alter ego femminile del Patriarca dell’Ordine dei Predicatori (nome ufficiale dei Domenicani).

Se vetrate, tele, paliotti, bassorilievi e immagini piane non colpiscono l’emotività dell’occidentale, in particolare di quello dell’Italia centromeridionale, nel 1994 vi fu messa una piccola statua di S. Giovanni Battista, nell’iconografia tradizionale, come si può vedere, in un pilastro della Cattedrale di Atri. E’ un affresco tardomedioevale che descrive il parente di Nostro Signore in tutta la sua bellezza scarna e rude, resa ancor più forte da Micheal York nel Gesù di Nazareth di Zeffirelli.

Nella chiesa di S. Nicola vi era una statuetta del Battesimo di Gesù, con S. Giovanni che l’amministrava. Portato via dai ladri, fu acquistato un nuovo piccolo simulacro da Assunta Di Nardo Di Maio, madre di Suor Laura Mattucci (Ravasco), e benedetto dal Parroco Mons. Giuseppe Di Filippo, il 3 maggio 1987, IIIa domenica di Pasqua. Collocata sul fonte battesimale, fu tolta dalla Sovrintendenza per consentire una migliore lettura dell’affresco della scuola di Andrea Delitio raffigurante la Maestà tra i SS. Sebastiano e Rocco, dipinto “contra pestem”. Il tema non ha molto a che fare con il Battesimo, e il fonte battesimale vi fu collocato quando si doveva individuare un luogo della chiesa per tale scopo. In precedenza solo la Cattedrale, in Atri, aveva il Battistero o meglio il fonte.

S. Giovanni Battista compariva pure nella rappresentazione della Passione di Gesù, in Atri, nella versione teatrale-itinerante-monumentale all’aperto, con la regia di Danilo Volponi, e l’allestimento del Teatro Minimo con la solerte guida di Ettore Cicconi. Era la testa nel vassoio, difficilmente visibile dagli spettatori, nella scena del banchetto di Erode Antipa, in Piazza Duomo.

A S. Giovanni si stringevano i comparatici. Un amico donava ad un altro un mazzo di fiori e la restituzione avveniva il 29 giugno, festa dei SS. Pietro e Paolo. Tra i due quindi si stabiliva una parentela spirituale sigillata dalle parole: “Cumbare e cummare ngi diceme male/ se male ci diceme/ a l’Inferne ce ne jeme. Arrivate a mezza strate/ ci magneme la frittate. Arrivate a mezza vije/ ci diceme l’Ave Mmarje. Arrivate a mezza porte/ chiame mamme ca so morte”.

Ovviamente si teneva pure ai padrinati veri e propri, del Battesimo e della Cresima. La madrina era associata alla figura della levatrice, così chiamata non solo come sinonimo di ostetrica, ma in quanto colei che “levava” il figlioccio o la figlioccia dal fonte battesimale. Il rito del Battesimo, avveniva fuori dalla Messa e partecipavano in pochi. E così l’amministrazione della Cresima, conferita dal Vescovo che in qualche modo faceva un simbolico esame della dottrina cristiana.

Il testimone di nozze diventava “compare d’anello” e a volte la funzione veniva scambiata. Un amico era testimone delle nozze di uno sposo che a sua volta ricambiava allo sposalizio dell’amico. Altro modo per dire il comparatico era il “sangiovanni”. E da qui il proverbio: “San Giovanni/ non vuole inganni”.

Altra tradizione, mutuata dall’Abruzzo più interno, la bottiglia con l’albume dell’uovo per trarre auspici sulla futura professione. Appariva nella maggioranza dei casi, all’alba di S. Giovanni, la forma di un bastimento e ognuno leggeva una destinazione o un lavoro diverso. L’emigrazione transoceanica, il barcaiolo, il pescatore, il commesso viaggiatore, il riparatore di navi, il balneatore…già una consistente rosa di mestieri. E il sole, in quel giorno si lavava il volto, con l’ausilio di S. Giovanni che qualcuno vedeva in abiti sacerdotali, una confusione con l’Evangelista dallo stesso nome, come è possibile scorgere sull’altar maggiore nella chiesa di S. Chiara. Cristiani si diventa certamente con il Battesimo (S. Giovanni Battista), ma occorre viverlo giorno dopo giorno, accanto a Gesù (S. Giovanni Apostolo).

SANTINO VERNA