RICORDO DI GIUSEPPE ADOLFO DE CECCO

UN GRANDE IMPRENDITORE, ORGOGLIO DELL’ABRUZZO

Ha esalato l’ultimo respiro, dopo lunga malattia, cristianamente accettata e portata con imbattibile coraggio, Giuseppe Adolfo De Cecco, patron dell’industria pastaria di Fara S. Martino, le cui origini risalgono al 1886, all’ombra della Chiesa di S. Nicola, sempre nella cittadina alle falde della Maiella.

Giuseppe Adolfo era nato il primo ottobre 1948. Proprio nel giorno del compleanno ha concluso la non lunga giornata terrena. Un giorno dell’anno che ricorda a chiare lettere il suo affetto per Fara, anche se adottato da Pescara, come diversi componenti della famiglia. Il primo ottobre la Chiesa festeggiava S. Remigio, Vescovo di Reims, eponimo della Chiesa Maggiore di Fara, dove sono stati battezzati tutti i faresi. Un Santo conosciuto anche dai non appassionati di agiografia, perché in questo giorno, fino al 1976, venivano riaperte le scuole. A Fara S. Martino, S. Remigio non era festeggiato con particolari celebrazioni o attrattive esterne, perché non era più patrono a livello istituzionale e la statua in posizione stante, accanto a S. Martino in trono, ricordava l’umile subordinazione nei confronti del Vescovo di Tours.

Giuseppe Adolfo, affettuosamente chiamato Don Peppe, aveva rinnovato nei nomi due della pentade “De Cecco”, ovvero Giuseppe, Giovanni, Saturno, Adolfo e Onofrio. I cinque della famiglia che hanno reso grande l’industria e famosa Fara in tutto il mondo. La pasta di Fara era molto apprezzata da Gabriele D’Annunzio, e gli veniva servita alla Capponcina. Senza dimenticare i numerosi emigrati nelle Americhe, la cui pasta di Fara era un tuffo nelle radici. Don Peppe che lascia la moglie, il figlio, e i due nipotini, da oltre trent’anni era in prima linea al timone della pasta De Cecco, e si divideva fra i tre poli di Pescara, Fara e Ortona. Sulla scia dei De Cecco, sono sorti a Fara, nel corso degli anni, altri pastifici, industriali e semiartigianali, e nacque la leggenda sullo stemma municipale nelle cui linee è da rintracciare un fusillo.

Don Peppe ha operato nella cultura, nel social e nello sport, sempre con discrezione e goliardia. Ricordava, anche nei lineamenti, lo zio Dott. Giustino, Presidente della Regione Abruzzo, prematuramente scomparso. Giuseppe Adolfo assunse la presidenza del Pescara, quando la squadra stava attraversando un periodo non felice. Dopo le promozioni e le brevi permanenze in serie A, la massima serie sembrava un ricordo blindato nel cassetto. Grazie a Don Peppe, i biancazzurri riconquistarono la serie cadetta e quando lasciò la presidenza, per contrasti interni, nel 2012, il Pescara riconquistò la massima serie. Fu la prima ascesa del Pescara in A, dopo la morte di Mario Santarelli, il quale avrebbe magnificato la squadra dallo stadio “Adriatico” e non avrebbe avuto entusiasmo per il Lanciano, in quegli anni sulla cresta dell’onda.

Giuseppe Adolfo è stato legato anche alla “Renato Curi-Angolana”, fusione di due squadre, una pescarese, una civitarese. Fu un omaggio al giovane calciatore di Montefiore dell’Aso, morto sul campo a Pian di Massiano, ora con il suo nome. Quando era a Pescara, abitava proprio vicino all’ex-pastificio “De Cecco”.

Fara S. Martino ricorda quest’illustre figlio e anche Pescara, dal momento che l’industria De Cecco, forma un nesso inscindibile con la città adriatica, al pari di D’Annunzio e Flaiano, perché anche attraverso il primo piatto del desco meridiano, ha portato cultura, lavoro, socializzazione e solidarietà.

SANTINO VERNA