Pubblicato Giovedì, 18 Giugno 2015
Scritto da Santino Verna

SUOR ELISA DE AMICIS, UN ANGELO DELL’OSPEDALE DI ATRI

 

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Ringraziamo Santino Verna per il commosso ricordo di Suor Elisa: una suora "diversa" per il suo stile aperto e forte, la capacità di incontro e di dialogo, la fermezza e la tenerezza del suo carattere. Ha attraversato la storia della nostra città con il carisma del sorriso e la ricchezza materna del suo cuore. Era prima una "donna vera" e poi una suora consacrata al servizio di Dio toccandone la carne in quella degli infermi.  In tanti le hanno voluto bene.  Medici, infermieri, e operatori sanitari l'hanno stimata ed amata.  La traccia del suo passaggio nel nostro Ospedale profuma ancora di immenso amore. Grazie, cara Suor Elisa, per il dono della tua bella e luminosa presenza! ( p.p.)

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Il 15 giugno, nel pieno del mese del Sacro Cuore, ha incontrato sorella morte a Roma, dopo breve e intensa malattia ribelle ad ogni tentativo della scienza, assistita amorevolmente dalle sorelle e dai nipoti, Suor Elisa De Amicis, A.I., per tanto tempo all’ospedale di Atri come infermiera professionale.

Era nata a Luco dei Marsi il 15 maggio 1936, nello stesso anno di Papa Francesco, da una famiglia numerosa dove non sono mancate sofferenze e lutti. Per un disegno provvidenziale, incontrò, ancora ragazza, P. Primo Fiocchi, M.I., cappellano al “Forlanini” di Roma che stava organizzando un gruppo di ragazze con il desiderio di consacrarsi al Signore, nonostante i postumi della tubercolosi. Il 25 marzo 1960, giorno fondamentale della Congregazione, emise la professione temporanea, mantenendo, come già avveniva in altri Ordini e Congregazioni, maschili e femminili, nell’ambito della riscoperta del sacerdozio battesimale del popolo di Dio, il nome di Battesimo. Il nome è tutto un programma, si direbbe, perché il nome Elisa, richiama due Sante della carità: Elisabetta, madre del Battista, legata al secondo mistero rosariano della gioia, il sì di Maria Santissima all’umanità ed Elisabetta di Turingia, la francescana che vedeva nei poveri l’icona di Gesù crocifisso.

Dopo la professione perpetua Suor Elisa divenne maestra di formazione e, ottenuto il diploma di infermiera professionale, esercitò il lavoro accanto agli infermi prima presso l’ospedale “SS. Annunziata” di Chieti, quindi al “S. Liberatore” di Atri, dove le “fiocchine” hanno prestato il prezioso servizio per quasi mezzo secolo, prima nel complesso antico di Largo S. Spirito, poi in quello moderno di Viale Risorgimento. Ha svolto il servizio precisamente nelle divisioni di otorinolaringoiatria e di oculistica, due reparti molto frequentati, anche da pazienti dei posti più lontani, richiamati dall’ottima andatura del nosocomio e dai rispettivi primari Dott. Nicola Costantini e Dott. Giuseppe Francani.

Suor Elisa si conquistò subito la simpatia degli atriani, degli ammalati ricoverati, del personale medico, paramedico e ausiliari e quanti s’incontravano con la realtà della sofferenza nel rione S. Antonio. Faceva parte di quel drappello di religiose che oggi tutti rimpiangiamo, per quella cura particolare al degente, la buona parola al momento giusto, il servizio disinteressato che non guardava all’orologio o alle ferie non godute. I leggeri occhiali incorniciavano il suo volto diafano, il portamento semplice e aristocratico, la sua discrezione, la sua passione per i fiori, visibile nella casa delle suore ricavata nel nuovo complesso, inaugurato nel 1979 e nella cappella, frequentata anche da chi non era legato all’ospedale, e per otto mesi, nel 1989, dai parrocchiani di S. Gabriele, quando il crollo del timpano curvilineo della chiesa, rese impraticabile la stessa.

Suor Elisa si vedeva poco per il centro storico di Atri, perché sempre impegnata nelle corsie, e sempre accanto ai sofferenti. Come del resto le consorelle. In qualche Messa del Vescovo in Cattedrale, in due, come i discepoli del Vangelo, si sedeva con discrezione spesso nella navata destra, rivestita dell’abito blu, in luogo di quello infermieristico di colore bianco. Andava più che altro nella Parrocchia di S. Gabriele, più vicina all’ospedale, e legata al mondo della sofferenza, anche grazie alla pluriennale collaborazione con l’Unitalsi di Atri, attraverso le processioni “aux-flambeux” nel tardo pomeriggio dell’11 febbraio e la sera dei Primi Vespri del 12 maggio.

Nel 2002, con la chiusura della casa di Atri, Suor Elisa fu trasferita a Roma, per continuare il servizio infermieristico. Con lei partirono altre due istituzioni del nosocomio, Suor Maria Imelda Anzolin, peraltro sorella d’assistenza nella sottosezione foraniale dell’Unitalsi e Suor Beniamina Sbarbati, animatrice del gruppo atriano del pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, punto di partenza per quello atriano da S. Gabriele alla Cona, promosso da Don Paolo Pallini, dal 1983. Qualche anno prima era partita l’attuale Madre Generale della Congregazione, Suor Carmelina Lecci, ma per la Bolivia, dove fu inaugurata una fiorente missione.

La partenza delle Ancelle dell’Incarnazione fu vissuta con grande dolore dagli atriani che speravano sempre in un ripensamento. Pochi mesi dopo giunse la notizia della venuta di un’altra famiglia di suore, ma questo non si realizzò. La frequenza del corso di scienze infermieristiche presso l’ateneo teatino di una religiosa alimentava la speranza, ma ormai un felice capitolo era chiuso.

Il servizio a “Villa Primavera” nella capitale è stato interrotto soltanto dalla malattia che ha portato Suor Elisa all’abbraccio con il Padre Celeste. Le esequie sono state celebrate in Parrocchia da un piccolo gruppo di sacerdoti, tra i quali P. Francesco Di Salvatore, O.F.M.Conv. della Provincia abruzzese-molisana dei SS. Bernardino e Angelo, attualmente di comunità al Sacro Convento di Assisi, per tanti anni cappellano dell’ospedale di Atri, proprio durante il periodo di Suor Elisa. Un ricordo è stato dettato dalla Madre Generale.

Grazie Suor Elisa del tuo prezioso insegnamento, perché ci hai insegnato a vedere Gesù nei tanti sofferenti che hai incontrato, attraverso la tua serenità che traspariva in ogni tuo gesto, a lode della Trinità.

SANTINO VERNA