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- Pubblicato Sabato, 13 Giugno 2015
- Scritto da Alfio Carta
LA DIVINA ROMANITA’: TRA STORIA MITO E LEGGENDA
3° PARTE
LA ROMA IMPERIALE DI CESARE AUGUSTO
La costruzione di un passato su misura non appartiene affatto alla fantascienza. A volte,come Augusto, si è alla ricerca disperata di antenati illustri che diano maggiore credibilità a nuove situazioni di grandezza. È quindi logico che la comunità romana, impersonata da un grande condottiero di una grande potenza, ricercasse la sua identità in un passato che fosse prefigurazione ed auspicio della futura grandezza. Ci voleva anzitutto un eroe, anche non eponimo,legato a qualche saga famosa già nota nel bacino del Mediterraneo. Tra i grandi serbatoi di capostipiti illustri, c’erano i racconti legati alla guerra di Troia. Il mito Troiano fu in grado per secoli di fornire antenati illustri a tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Quello che si prestava maggiormente non era neppure greco, ma un principe troiano, un nipote di Priamo,di nome Enea, figlio di un mortale (Anchise ) e di una Dea (Afrodite).Egli, secondo Omero, fu sottratto alla morte perché era destinato a perpetuare la stirpe troiana.
Sul mito di Enea Virgilio innestò l’idealizzazione della storia di Roma, il cui dominio sul mondo è presentato come una missione voluta dal fato stesso ancor prima della fondazione della città, che raggiungerà la sua più compiuta manifestazione con l’impero di Augusto, discendente di Afrodite e quindi egli stesso Dio. La fatalità della nascita e della gloria di Roma viene avvalorata dall’espediente poetico della profezia di Anchise. Nell’Eneide la storia non viene narrata;l’opera, concepita come la celebrazione dell’epopea di Roma e del suo principe Cesare Ottaviano Augusto,racconta in sostanza le peregrinazioni del mitico eroe troiano Enea ed il suo arrivo in Italia, dove i suoi discendenti porranno le basi del futuro dominio romano sul mondo.
Anche la nuda trama del poema ha una sua schematica bellezza con significati sublimi: gli è che la leggenda (che di per sé non sarebbe stata più che una bella favola, una delle tante intorno ai fondatori di città ) ed insieme la storia (che di per sé avrebbe impedito il volo alla fantasia), sono concepite come il germe che si svolgerà in frutto nella missione imperiale, per cui la rovina di Troia, la fondazione di Cartagine e la nascita di Roma (con la sua virtù unificatrice e dominatrice) sono fatti grandiosi ricongiunti in una sola prospettiva di idealità e realtà, che innalza insieme le memorie venerande, la gloria fulgida e la certa speranza. E il passato non è contemplazione statica o estatica, ma incalza l’avvenire. Ne è simbolo plastico l’atto di Enea che imbraccia lo scudo (istoriato da Vulcano – innanzi citato – e recato al figlio da sua madre Venere) “in su la spalla… la fama e il fato de’nepoti alzando“(En. VIII, 925 segg. ). A quale scopo?
Per l’incivilimento e il reggimento ordinato con le leggi ela giustizia, nella pace fortemente salvaguardata. La missione storica di Roma, missione voluta dal fato, che raggiungerà la sua più compiuta manifestazione con l’impero diAugusto, viene avvalorata dall’espediente poetico della profezia nell’episodio dell’incontro tra Enea ed il padre Anchise nell’Averno, dove Enea riceve i presagi dall’ombra paterna…versi immortali che racchiudono tutta la missione universale dell’ origine divina di Roma“.
Tu regere imperio populos, Romane, memento/haetibieruntartes, paciqueimponeremorem,/ parcere subiectis et debellare superbos“(una forma solenne di imperativo).
“Ma voi Romani miei, reggete il mondo / Con l’imperio e l’armi, e l’arti vostre sian l’esser giusti in pace, invitti in guerra : perdonare a’ soggetti (sottomessi), accòr (accogliere benevolmente) gli umili/ Debellare i superbi …..”
È tutta qui,in questi sublimi e commoventi versi, l’epopea di Roma ed Augusto,la missione pacificatrice universale di origine divina di Roma imperiale e del suo sommo artefice. Enea è ciò che manca all’Italia, è Roma in anticipo, è la romanità che s’inizia. È vero, egli viene dal di fuori, viene dall’Oriente; eppure viene non a dividere e osteggiare, ma, superando i contrasti,a integrare, ordinare e fondere, perché finalmente si schiuda il grande avvenire preconizzato da Giove in cielo all’Italia e a Roma.
Alfio Carta