Pubblicato Mercoledì, 03 Giugno 2015
Scritto da Santino Verna

Un grande figlio della nostra terra

ZOPITO DI TILLIO, GRECISTA E FORGIATORE DI ABRUZZESI

Il 28 maggio ha incontrato sorella morte a Pescara, dopo breve malattia ribelle ad ogni tentativo della scienza, il Ch.mo Prof. Zopito Di Tillio. Aveva festeggiato il lunedì precedente l’onomastico e forse non aveva ricevuto tanti biglietti o telefonate dagli ex-alunni, perché a molti era sfuggito il semisconosciuto protettore di Loreto Aprutino.

Proprio nella cittadina dove si rievoca il miracolo del bue, era nato nel 1930 e il papà aveva sperimentato l’emigrazione negli USA. Preparatissimo e diligentissimo in tutte le materie scolastiche, dopo la maturità classica s’iscrisse all’Università a Roma e con il massimo dei voti e la lode si laureò giovanissimo.

Cominciò l’insegnamento presso il liceo classico “G. D’Annunzio” e molti professionisti, ora alle soglie degli 80 anni, lo ricordano giovane docente con il cappotto color cammello durante i rigidi inverni che colpiscono Pescara, soprattutto nelle prime ore della giornata. Rimase alla sezione A e fu docente di latino e greco fino al 1995, quando per raggiunti limiti di età, fu collocato in pensione. Poteva rimanere ancora, ma preferì continuare gli studi filologici e letterari nella casa in Via Carducci, sempre nei pressi del liceo di Pescara che richiama studenti da un po’ tutto l’Abruzzo.

In quelle aule incontrò quella che sarebbe diventata sua moglie, la Prof.ssa Mariadele Bucciante, originaria di Fossacesia, docente di storia dell’arte in varie sezioni, sempre del “D’Annunzio”, alter ego negli ultimi tempi della Prof.ssa Maria Concetta Maione, per l’ultima materia del campo primario del classico, a volte sottovalutata dagli studenti.

Il matrimonio del Prof. Di Tillio e della Prof.ssa Bucciante, fu celebrato nella chiesa di S. Antonio a Pescara, legata a Loreto Aprutino, per via del barone Acerbo, il cui altare è quello frontale della navata sinistra. Gli Acerbo furono presenti al sacro rito, presieduto dall’allora Vescovo di Penne-Pescara, Mons. Benedetto Falcucci.

Poteva fare una brillante carriera accademica, e fu docente soltanto a Urbino e Chieti. Nella città di Achille fu collaboratore del Prof. Raffaele Del Re, un docente all’antica, il cui assistente doveva pagargli il pranzo, mentre lui restituiva il caffè. Erano riti intrisi di goliardia, cameratismo e bonario nonnismo, ben accettati a Chieti che ha sempre imitato Bologna e Padova e non gli atenei dell’Italia Centrale più anticonformisti e imbevuti di contestazione.

Il Prof. Di Tillio era esigente e paterno allo stesso tempo. Sapeva rendere facile e piacevole una materia ostica e difficile non tanto dal punto di vista della mole della letteratura, quanto del meccanismo delle versioni. Spronava gli studenti a farne tante, perché più si traduce meglio è, come in un allenamento sportivo, lui legato indirettamente allo sport per via della figlia Avv. Maria, pallavolista dell’Antoniana, la squadra realizzata da P. Giorgio Di Lembo, Ministro Provinciale dei Minori Conventuali, prematuramente scomparso due anni fa. Gli altri due figli, Prof. Alfredo e Prof. Antonio, sono entrambi stimatissimi professionisti e hanno portato e portano in alto il vessillo della cultura abruzzese nel mondo.

Le interrogazioni con il Prof. Di Tillio non destavano molta ansia, anche se erano veri esami universitari, perché bisognava portare, due volte l’anno, un intero programma. Il docente ti chiedeva di tutto, come ricordava, Denis Jaromil Roio, pescarese a tutto tondo a dispetto del nome, appartenente ad una delle ultime classi in ordine di tempo del Professore. Durante i colloqui erano inesorabili i suggerimenti dei compagni e quando un ragazzo doveva rispondere “Alicarnasso”, fu intercettato male il bisbiglio e la città lontana divenne “Atessa”.

Il Professore non era un grande amante di abruzzesistica, come i suoi colleghi umanisti che passavano ore del tempo libero a scrivere canzonette poi completate dal musicista o a ricercare in archivi e biblioteche storie regionali. Scrisse con l’amico Prof. Walfrido Del Villano “Abruzzo nel tempo” e a 50 anni dalla morte di Gabriele D’Annunzio “Novelle dannunziane”, scelte e commentate da lui, con proposte di approfondimento sul figlio più illustre di Pescara e sulla società di un tempo.

Parlava poco di politica, a differenza di altri colleghi che imbastivano qualche volta la lezione di riferimenti a questo o quel partito. Una volta gli uscì di bocca “non sono di quell’appartenenza”, e così bollava quanti in quegli anni salivano sul carro del vincitore, dopo aver detto male a quel colore per tanti anni. Insomma era contrario al “partito della pagnotta” che riceve sempre consensi ed elogi.

Uomo di grande fede, era devoto di S. Antonio di Padova, dove si recava anche perché richiamato dal prestigioso ateneo, dove aveva insegnato uno zio della moglie, il Prof. Luigi Bucciante, anch’egli di Fossacesia, inserito sul sentiero di tanti figli dell’Abruzzo Citeriore che nella città di Antenore, come Nicoletto Vernia, portarono la loro conoscenza e ricerca. Una delle ultime volte vi era stato con la moglie e la cugina Dott.ssa Elena Di Guglielmo, titolare dell’omonima farmacia a Montesilvano Marina e consorte del Dott. Paolo Alleva, il patron dello Sport-Caffè abruzzese.

Da pensionato si recava spesso dal figlio Alfredo, docente alla “Bocconi”  di Milano anche per incontrare i nipotini Edoardo e Ginevra. Gli altri due nipotini Valerio e Cristina sono in Abruzzo. Esultò di gioia la sera del 13 marzo per l’elezione di Papa Francesco, novello S. Francesco per la difficile società contemporanea. E ne parlava durante gli incontri con gli ex-alunni.

Le esequie sono state celebrate nella chiesa di S. Pietro Apostolo, dal Parroco e Vicario- Generale di Pescara-Penne, Mons. Vincenzo Amadio, presenti uno stuolo di professori e studenti, di ieri e di oggi, del liceo di Pescara che è diventato grande anche e soprattutto grazie al docente di Loreto Aprutino che ha suscitato sempre un grande senso di appartenenza, sotto il denominatore comune del grande Gabriele.

SANTINO VERNA