Pubblicato Mercoledì, 25 Ottobre 2023
Scritto da Super User

DIECI ANNI DALLA DIPARTITA DI PAOLO ALLEVA,
PATRON DEL PUNCH DI FARA

L'AROMA E IL PROFUMO DEI LIQUORI D'ABRUZZO

A dieci anni dalla conclusione della giornata terrena, ricordiamo il Dottor Paolo Alleva, farmacista e patron del Punch, uno dei liquori più famosi d’Abruzzo, ideale per siglare lauti pasti e soprattutto per combattere influenze e raffreddori invernali.

Il Dottor Paolo, affettuosamente chiamato “Don Paolo” e scherzosamente “Von Paulus” dall’inseparabile amico Maestro Raffaele Ricciuti, nacque nel 1926 dal farmacista-chimico Dottor Ovidio ed Emilia Grossi. Aveva due sorelle, Lola e Nicoletta. Il papà, fresco di studi compiuti a L’Aquila, nel 1903 aveva aperto la farmacia nella natia Fara, e subito, con l’aiuto della governante Bernarda, aveva avviato l’opera di Punch, Sport Caffè e Fata del Cavallone.

Il Punch fu elogiato da Don Cesare De Titta, protagonista dell’Arcadia abruzzese tra XIX e XX secolo, amico del farmacista. Ogni tanto giungeva a Fara, accompagnato da un amico motociclista (l’umanista era assiso in sidecar), per la rimpatriata in casa dello speziale, insieme a Don Ireneo Tinaro, Don Evandro Marcolongo e Don Luigi Illuminati. Era presente pure Modesto Della Porta. Qualche volta Don Cesare, dalla natia S. Eusanio, giungeva in velocipede, e il ritorno serviva a smaltire il pasto meridiano, sempre a base di carne, con i liquori dello speziale.

Alter ego del Punch, tipico dei rigidi inverni faresi, lo Sport Caffè, versione di quello nato in Ancona non molti anni prima, grazie all’intuito di Ugo Borghetti. Il chimico con il nome dell’illustre sulmonese aveva invertito la denominazione e soprattutto aveva dato un sapore inconfondibile, con le erbe della Maiella, rintracciate dalla fedele Bernarda. Ma il liquore che formava un nesso inscindibile con la montagna madre, era la “Fata del Cavallone”, così chiamata dalla grotta nei pressi di Fara, altrimenti detta “della figlia di Jorio”, dalla tragedia di Gabriele D’Annunzio, ambientata proprio in quell’antro, anche se l’ispirazione se la disputano i comuni di Orsogna e Tocco Casauria.

L’attività di Don Ovidio, fu proseguita dal figlio Paolo, la cui consorte Dott.ssa Elena Di Guglielmo, nipote del Prof. Luigi Bucciante, docente all’Università di Padova, continuò la tradizione dei biscotti di “mamma Emilia”, alter ego delle prelibatezze di Teresina e Artemisia Orsatti. Purtroppo l’impossibilità di prendere le erbe protette della montagna, ha posto la parola “fine” alla “Fata del Cavallone”. La difesa della Maiella con la nascita del parco, fu vissuta in presa diretta dal Dottor Paolo, con gli amici maestri Raffaele e Mario Ricciuti e l’Avv. Prof. Eugenio Ricciuti, per breve tempo Sindaco di Fara. Furono i promotori della marcia ecologica della Valserviera, nella domenica più vicina alla festa di S.Pietro, conclusa con degustazione della pasta di Fara, all’ombra della montagna.

Nel 1980 il Dottor Alleva con la famiglia si trasferì a Pescara, senza abbandonare con il pensiero e con il cuore l’amatissima Fara. Fu continuata l’attività, nella casetta dei liquori, il cui profumo riempiva le immediate vicinanze. A piazza le Laudi, periferia residenziale Sud di Pescara, fu aperta l’omonima farmacia, dove spiccano i liquori di Don Ovidio, mentre la Dott.ssa Elena era titolare presso il “kilometro lanciato”, nel comune di Montesilvano.

I liquori di Don Paolo sono legati alla storia di Fara, dove nell’VIII sec. fu eretta la badia di S. Martino in Valle, uno dei tre principali cenobi d’Abruzzo, insieme a S. Liberatore a Serramonacesca e a S. Giovanni in Venere a Fossacesia. Il nome della badia servì al toponimo longobardo per distinguerla dalle altre “Fare” (=comunità in marcia), presenti in varie regioni italiane, persino nel film “Simpatici e antipatici” di Christian De Sica. L’attore romano menzionava in una battuta Fara Sabina, raggiungibile in poco tempo dalla capitale, e non le due Fare abruzzesi, capoluoghi comunali, S. Martino e Filiorum Petri.

L’attività di Don Paolo influenzò l’amico Alberto Ricciuti, con il quale era legato da più vincoli di comparatico, perché artefice dell’amaro “Ricciuti”, a base di erbe della montagna. Un liquore da conversazione, ideale per concludere pranzi e cene nel paese alle falde di Monte Amaro, con due specialità semplici e saporite in pari tempo, la pasta e la carne. Un distillato dal colore marrone, come le castagne d’autunno, da gustare davanti al focolare caldo d’affetti.

SANTINO VERNA