Pubblicato Mercoledì, 07 Giugno 2023
Scritto da Santino Verna

RICORDO DI RAFFAELE FRIULI

UN VERO ATRIANO CON IL MONDO NEL CUORE

Improvvisamente ha concluso la giornata terrena, Raffaele Friuli, storico contradaiolo di Capo d’Atri. Si era recato a Città S. Angelo per un controllo, ma nessuno pensava al doloroso verdetto. Raffaele aveva acciacchi ordinari e potevi incontrarlo spesso vicino alla sua abitazione piena di fiori o lungo il Belvedere “Domenico Martella” per fumare la sigaretta.

Nato nel 1949, da Luigi e Concetta Iezzoni, aveva due fratelli, Francesco (battezzato con il nome del nonno paterno) e Antonio, e una sorella, Maria, tutti nati nel clima della IIa guerra mondiale. Il papà Luigi lavorò, come tanti atriani, in Belgio, e per via della cattiva aria respirata nel ventre della terra, si spense nel 1984 all’età di 69 anni.

Raffaele, dopo gli studi ad Atri, si incamminò per il mondo, in cerca di impiego. Lavorò nell’industria dei fiori nel Ponente ligure e apprese molto bene la professione. Sanremo gli rimase nel cuore e ogni tanto vi tornava, con la capatina a Montecarlo. Un’altra parentesi lavorativa la svolse in Danimarca, della quale lodava l’efficienza e la funzionalità.

Tornato nella città natale, dove ha assistito la mamma Concetta, morta quasi centenaria, lavorò fino alla pensione nel locale nosocomio. Nel tempo libero si dedicava, a casa sua e in quella degli amici, alla cura dei fiori. Non per nulla, Via Picena, è stata ribattezzata Rue des Artistes et des Fleurs, perché piena di balconi e piante nei pressi delle case che non dispongono di giardino interno. Ma è via degli artisti, perché nel giro di pochi metri, vi abitano o vi hanno abitato, atriani operanti nella musica, nel teatro, nel folklore e in tante altre belle attività dello spirito umano.

Raffaele ha vissuto la seconda giovinezza a Marrakech, dove andava quando poteva. Riportava vestiti, calzature e monili, esposti al pianterreno di casa, e ufficialmente presentati al pubblico, nei giorni a ridosso della solennità dell’Assunta, per i “Fondaci aperti”, organizzati dalla pro-loco, con la solerte guida di Sonia Muscianese Claudiani. Raffaele aveva il quartier generale, nell’angolo tra Vico Lauro e Vico Frangipane, dove una salita pedonale conduce all’avito palazzo De Donatis. Era uno dei fondaci più visitati, perché senza stilare classifiche, Raffaele rappresentava la valorizzazione delle ricchezze degli altri popoli, dei quali spiegava con pazienza e competenza le caratteristiche.

Uomo non particolarmente di Chiesa, Raffaele era attento ai fenomeni religiosi, perché l’esperienza in Marocco lo aveva messo in contatto, con diversi cristiani, ebrei e islamici. Granitica coincidenza è venuto a mancare proprio durante la Tredicina di S. Antonio, il Taumaturgo lusitano che desiderava portare il Vangelo tra i musulmani, dopo aver visto le salme uccise dagli Islamici. Traduzione architettonica è la Basilica del Santo di Padova, meta in questi giorni, di innumerevoli pellegrinaggi, con la fusione di diversi stili.

Raffaele condivideva quest’esperienza con tanti amici, come Oreste De Gabrielis, vissuto tanti anni in Canada, il Prof. Mario Ferretti, in Brasile prima del ritorno in Italia, Vincenzo Melchiorre Ricci, vissuto a Roma, ma sempre con la passione del blues. E, ovviamente, e non poteva essere altrimenti, con il sottoscritto.

SANTINO VERNA