Pubblicato Lunedì, 29 Maggio 2023
Scritto da Santino Verna

LE NOSTRE CARE TRADIZIONI

L’ANTICA FESTA DI SAN MASSIMO AD ATRI

Festeggiato il 16, 17 e 18 maggio fino all’inizio del secolo scorso, S. Massimo era venerato nella Chiesa di S. Caterina (S. Agostino), nell’omonima cappella, lato dell’Epistola. S. Massimo era uno dei tanti martiri romani dei primi secoli, laico, e per questo motivo vestito da soldato. Era stato soldato di Cristo e testimone della fede fino all’effusione del sangue.

Nel 1853 il Beato Pio IX donò le reliquie del martire prelevate dalle catacombe romane alla Confraternita dei Cinturati di S. Agostino e il simulacro giacente fu vestito dalle Cistercensi del Monastero di S. Pietro, spiritualmente legato alla Chiesa degli Agostiniani Conventuali.

Nel 1950, la cappella di S. Massimo, delimitata da archi a sesto acuto con pregevole cancellata, fu restaurata dalla famiglia Balducci, in memoria di Massimo, passato all’altra riva a 14 anni, per via di un male ribelle a tutti i tentativi della scienza. I Balducci abitavano nelle immediate vicinanze di S. Caterina, per una decina d’anni procattedrale, per via dei lavori di restauro di S. Maria.

Con il ripristino della Cattedrale, elevata a Basilica Minore da San Paolo VI, nel 1964, S. Caterina rimase per alcuni anni succursale della Parrocchia di S. Maria, e chiusa, per ragioni di impraticabilità. Suppellettili e simulacri furono portati in altre Chiese, e il corpo (per metonimia) di S. Massimo, trasferito nella cantoria sulla controfacciata di S. Chiara.

Ormai la tradizione dell’annuale festa era seppellita, e la Chiesa di S. Caterina è rimasta chiusa per più di 30 anni. Si poteva sbirciare all’interno, grazie alla fessura dell’unica porta laterale, su Via S. Agostino, e immaginare come doveva essere l’interno, nel pieno delle funzioni liturgiche ed ecclesiali. Ripristinata il 6 maggio 2001, ma trasformata in sala polifunzionale per la cultura, ancora con il nome di S. Agostino, il simulacro giacente di S. Massimo è rimasto in S. Chiara.

L’anno prima della riapertura, per interessamento di Ettore Cicconi, fondatore del Museo Etnografico, si è tornato a parlare di S. Massimo, anche grazie alla pubblicazione sulle due perdonanze atriane, la Porta Santa legata alla festa dell’Assunta e quella leoniana, nell’allora Chiesa di S. Spirito, oggi Santuario Diocesano di S. Rita da Cascia. Il libro, scritto con l’indimenticabile Maestro Carmine Manco, fu edito dall’associazione culturale “Luigi Illuminati”, presieduta da Giovanni Verna.

Con S. Massimo, si tornò a parlare di S. Ercolano, altro martire romano, anche lui soldato, ovvero laico della milizia del Signore, il cui simulacro giacente era collocato sotto il vecchio altar maggiore di S. Chiara, abbattuto nel 1981, per consentirne lo sventramento. Statue simili nella fisionomia, anche se S. Massimo è imberbe, S. Ercolano, barbato. Forse per dire, attraverso il volto, la giovane età. Clichè ripetuto, nell’iconografia, per altri Santi, come (per menzionare esempi molto conosciuti in Abruzzo), S. Emidio e S. Nicola, dove il protettore dei terremoti è imberbe con capelli lunghi e il Vescovo di Mira calvo e barbato, talvolta con capigliatura liscia lunga, ma sempre calvo.

Per l’arrivo delle reliquie di S. Massimo, fu eseguito un ostensorio, custodito nel Museo Capitolare di Atri. Da poco tempo sono presenti anche ex-voto con invocazioni a S. Ercolano. Due Santi associati nel martirio, nella fedeltà al Signore e alla Chiesa, nel servizio ai poveri, e nella devozione atriana che riservava ad essi, due distinte feste annuali, quando il centro storico pullulava di abitanti.

SANTINO VERNA