Pubblicato Domenica, 26 Ottobre 2014
Scritto da Santino Verna


LARGO DEI FAUGNI

LO SPIAZZO DEGLI ANTICHI RITI INCISI NEL CUORE DEGLI ATRIANI

La revisione della toponomastica (1996) ha mutato Largo S. Pietro in Largo dei faugni, omaggiando la tradizione popolare più famosa di Atri che fa parte dei riti solstiziali dell’inverno che sottolineano la fine della fase discendente del sole, annunciando il ritorno della primavera.

Un tempo lo spiazzo era il centro del rito dei fuochi dicembrini. Ora è la vicina Piazza Duomo, con la benedizione la sera del 7 dicembre, e l’accensione dei “faugni” all’alba del giorno seguente. Si diceva dei fuochi dicembrini perché la tradizione non apparteneva soltanto alla Solennità dell’Immacolata Concezione, ma anche alle contigue ricorrenze di S. Nicola, S. Lucia e S. Barbara. Le feste santorali non ebbero più l’accensione dei fuochi perché cadono in giorno lavorativo e la passione per le tradizioni ad Atri si è un po’ affievolita. Erano però riti incisi nel cuore degli atriani, soprattutto la festa di S. Lucia, protettrice della vista, organo fondamentale della vita umana.

Certamente lo spiazzo non è denominato popolarmente con il nome della tradizione paesana. Viene detto “dietro la torre” o in vernacolo “arrete a la torre”, perché la fabbrica che suscita maggiore interesse è la torre campanaria di S. Maria, alta 54 m, poco più grande di quella della Collegiata di Città S.Angelo che si fregia del privilegio di Cattedrale. La torre in tutte le città costituisce un richiamo visivo, era un segnale fondamentale per il viandante. In Atri ci sono quattro torri campanarie, oltre alla Cattedrale, ci sono S. Agostino, S. Giovanni e S. Nicola, ma quella per antonomasia rimane la costruzione per i sacri bronzi del Duomo.

Nello spiazzo, salendo da Via del Teatro Romano, s’incontrano due strade, quella di sinistra porta alla Cattedrale, mentre a destra si va verso Via dei Musei, new entry dell’odonomastica cittadina e auspicio per la valorizzazione dei luoghi della cultura. Nelle immediate vicinanze ci sono tre musei: il Capitolare, l’Archeologico e l’Etnografico. Quando fu cambiata la dicitura della via (già S. Pietro), i musei erano due, perché l’Archeologico, presso Palazzo De Albentiis-De Galitiis con annessa casa Tascini, non ancora entrava in funzione. Le basi dell’Archeologico erano state poste nel 1971 dall’Arcidiacono Don Bruno Trubiani e negli anni ’80 erano state organizzate mostre sull’antica storia di Atri, della Hatria Picena. Nel 1990 la mostra fotografica del cav. Domenico Zincani con le opere esposte nell’atrio (la pubblicazione dell’antologia fotografica l’anno seguente, a cura della figlia signora Cettina Zincani-Di Febbo), e finalmente l’inaugurazione del Museo nel 2004.

Difficilmente l’atriano dice “Via dei musei”, perché si fa ancora riferimento alla chiesa di S. Pietro, demolita nel 1957. All’epoca – si usciva dalla IIa guerra mondiale- non c’era grande attenzione verso i tesori storico-artistici e i democristiani preferivano lo scranno di un ente, anche se modesto, piuttosto che la direzione di un museo o una biblioteca. Pertanto distruggere una chiesa, in un contesto molto religioso, non costituiva un grande problema, perché gli edifici sacri erano tanti, e un altare in meno non provocava problemi all’ecosistema umano. Il turismo ancora spiccava il volo e la motorizzazione di massa faceva fatica a diventare un fenomeno sociale di rilievo.

La denominazione dei fuochi del solstizio in Atri ha tante storpiature, anche in Abruzzo, imago brevis della varietà e ricchezza dei dialetti. Nell’arco della mattinata dell’8 dicembre, nelle salette di montaggio della sede RAI di Pescara, presenziavano pillole di dialettologia regionale, in attesa del servizio al giornale del primissimo pomeriggio e a quello serale. Per la gioia degli atriani residenti in loco, ma anche di quelli trapiantati in altre città.

Santino Natale, operatore e pescarese doc, li chiamava “faucchi”, mentre il fotografo-artista Valerio Di Valerio, di Serramonacesca, “le faogne” e con questo nome i falò comparvero nella rubrica sulle feste popolari, del suo amico Mario D’Alessandro di Chieti, di “Eco Abruzzo”, inserto, ormai simpatico e valido ricordo, de “L’Eco di S.Gabriele”, con la direzione di P. Ciro Benedettini. Per non parlare poi delle variazioni dei non-abruzzesi, come i “fàugni” di Maurizio Losa, conduttore nel 1997 di “Uno mattina”, il contenitore mattutino di mamma RAI che si è occupato più di una volta della festa dell’Immacolata nella città degli Acquaviva.

Nei pressi dello spiazzo è casa Zenobio, con la porta del morto, dove usciva il feretro. E’ l’unica casa di Atri che conserva questo particolare. Lo spiazzo è dotato di fontanina, detta “vedovella” per il colore scuro, tipico del lutto.

Negli anni ’60 residente con la famiglia nello spiazzo, Roberto Modestini, 87 anni, sempre presente all’accensione e alla sfilata dei “faugni”, e ovviamente alla celebrazione eucaristica in Cattedrale o nella chiesa che ne svolge le funzioni. Nel 1970 si è trasferito nei pressi della chiesa di S.Agostino, e all’alba dell’8 dicembre, beneficiare di una guida demologica come lui significa gustare maggiormente la prima festa mariana dell’anno liturgico in Atri.

SANTINO VERNA