Pubblicato Mercoledì, 14 Dicembre 2022
Scritto da Alessandra Della Quercia

“IL DRAMMA DEL BAMBINO DOTATO E LA RICERCA DEL VERO SÉ”

LE TESI ARGUTE DI ALICE MILLER

Il bambino leso e ferito, strappato come un fiore, brutalmente reciso, assorbe come una spugna ogni dettaglio e vibrazione. Se è circondato da individui immaturi e irrisolti non può che saturarsi di sensazioni negative che vanno irrimediabilmente a ledere la sua fragile struttura emotiva e psichica, che deve ancora formarsi e consolidarsi. I suoi primi anni di vita si rivelano cruciali per la creazione della sua personalità e per i conseguenti comportamenti che andrà ad assumere in futuro. Mai come in quei momenti occorre dimostrargli con gesti concreti, e non soltanto a parole, quanto vale e quanto amore merita di ricevere. Se viene puntualmente maltrattato, offeso e denigrato non potrà che trasformarsi un adulto insicuro e pieno di debolezze, che lo renderanno incapace di vivere in modo sereno e gratificante. Anche un atteggiamento contrario, ossia il mettere il bimbo sul piedistallo ed esaltarlo troppo, è dannoso e controproducente. Tenendo sempre a mente che il mestiere del genitore è il più complesso e delicato che possa esistere, bisogna comprendere che se i figli si sentissero attenzionati, rispettati e sostenuti, con buon senso e saggezza, diventerebbero soggetti equilibrati e soddisfatti di loro stessi, e di conseguenza l’intera società risulterebbe più sana. C’è un libro estremamente interessante della psicologa e psicoanalista svizzera Alice Miller, intitolato “Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé”, che sintetizza in modo chiaro ed esaustivo tutte le tipologie di dinamiche, positive e nocive, che possono instaurarsi all’interno del nucleo famigliare. Riporto, di seguito, due passaggi salienti che spiegano quanto possano rivelarsi errate e destabilizzanti certe azioni:

La prima esperienza col muro del silenzio l’ho fatta da bambina. Mia madre si compiaceva di non rivolgermi la parola per giornate intere, solo per dimostrarmi in questo modo il suo potere assoluto e impormi l’ubbidienza. Aveva bisogno di questo potere per nascondere a se stessa e agli altri la propria insicurezza, e anche per sottrarsi al rapporto con una figlia che non aveva mai voluto. I bisogni, le domande, le offerte della bambina piccola s’infrangevano contro quel muro senza che mia madre dovesse rispondere a nessuno di questo sadismo, perché considerava il suo comportamento come una giusta - perché meritata - punizione delle mancanze che mi attribuiva, come un dovere d’impartirmi una lezione.” Per quella bambina - rimasta a lungo senza fratelli, con un padre che non la prendeva mai sotto la sua protezione e che era raramente in casa - il dover sopportare il lungo e ostinato mutismo della madre era terribile. Ma ancor più tormentoso del silenzio era lo sforzo continuo e disperato della bambina di scoprire finalmente la causa di quella tortura.

Le tesi della Miller ribaltavano completamente quelle portate strenuamente avanti da parecchio tempo dalla psicanalisi ortodossa, che tendeva a “scagionare” i genitori e a stigmatizzare la prole, adducendo ad essa tutta la colpa del male vissuto. Per la Miller appare essenziale conoscere la storia dell’infanzia e il rapporto che si instaura tra i figli e i genitori.

Continua la Miller: “Ogni bambino ha il legittimo bisogno di essere guardato, capito, preso sul serio e rispettato dalla propria madre […] Un’immagine di Winnicott illustra benissimo la situazione: la madre guarda il bambino che tiene in braccio, il piccolo guarda la madre in volto e vi si ritrova…a patto che la madre guardi davvero quell’esserino indifeso nella sua unicità, e non osservi invece le proprie attese e paure, i progetti che imbastisce per il figlio, che proietta su di lui. In questo caso nel volto della madre il bambino non troverà sé stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà allora senza specchio, e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo”.

Il bambino dotato, che si comporta cioè come un adulto in miniatura ed appare autonomo, poiché non piange e bada ai fratelli più piccoli è, purtroppo, sovente il risultato di prevaricazioni, di maltrattamenti più o meno espliciti, che vanno dalle percosse alla violenza psicologica. Il bambino, bisognoso dell’amore della sua mamma e del suo papà e pronto a farsi carico delle loro problematiche, subisce in silenzio tutti quegli atti riprovevoli, giustificandoli. Può sembrare una situazione innocua, ma ciò che è banale per un adulto può essere distruttiva per un bambino e influire pesantemente sul suo futuro. Non di rado, infatti, questi individui, da grandi, vanno in terapia, perché sono costantemente insoddisfatti di se stessi e non gli basta riuscire nelle loro attività e ottenere dei successi, covando nel loro intimo un immenso senso di vuoto e di angoscia. Accade, sovente, che scelgano professioni che mirino ad aiutare il prossimo poiché l’essersi occupati dei disagi dei loro genitori, spesso figure insicure, li porta a sviluppare una sensibilità particolare nel percepire i bisogni altrui e a tentare di soddisfare i propri bisogni non appagati durante l’infanzia su persone sostitutive.

Chi ha vissuto un’infanzia difficile può salvarsi dalla sofferenza psichica e dalle devianze soltanto se, durante il suo percorso di crescita, incontra qualcuno disposto ad ascoltarlo/a davvero, a sintonizzarsi con la sua emotività, ad osservare il mondo con i suoi stessi occhi e a trasmettergli il messaggio che non è lui o lei ad essere “sbagliato/a”, ma lo sono stati i comportamenti ed i messaggi educativi a cui è stato sottoposto/a.

Accompagno l’articolo con un breve video di una struggente lettera di un padre al figlio, che vi invito ad ascoltare e che sintetizza appieno il concetto.

https://www.youtube.com/watch?v=qwnUw6PFH7k

Alessandra Della Quercia