Pubblicato Lunedì, 03 Ottobre 2022
Scritto da Alessandra Della Quercia

OLTRE IL BUIO DELLA MENTE

L’ESSENZIALE È INVISIBILE AGLI OCCHI

Cos’è la Cecità? Il dizionario la definisce in due modi distinti ma, in fondo, metaforicamente non così distanti, ossia: “perdita totale o parziale della vista” e “incapacità di comprendere, giudicare, valutare rettamente, dovuta a mancanza di buon senso, presunzione o cocciutaggine”.

La tematica della Cecità è stata ampiamente sviscerata e analizzata, in ogni campo, sin dall’antichità. Riporto di seguito alcune delle concezioni più salienti che veicolano i significati più diffusi su questo argomento.

Omero, narrando nell’Odissea della cecità di Demodoco, cantore alla corte del re dei Feaci Alcinoo, evidenziava la forte connessione fra la cecità e le doti soprannaturali, facendo notare che la mancanza della vista portasse al perfezionamento degli altri sensi e fosse una condizione indispensabile per il possesso dell’arte della profezia. Uno dei numerosi esempi è costituito da Fineo, famoso re indovino della Tracia che si privò, di sua sponte, dell’uso della vista per acquisire il dono della preveggenza.

Nella Divina Commedia, nei gironi dell’Inferno, Dante Alighieri considera la cecità coma una condizione peccaminosa, causata dal “sonno”, che allontana l’anima umana dalla fede.

Il poeta Giovanni Pascoli, invece, nelle sue opere “Il cieco”, “Il Fringuello cieco” e “Il cieco di Chio”, intende la cecità come uno stato invalidante e, al contempo, capace di attingere ad un’altra dimensione, che prescinde dall’ambiente contingente. Il precludere la vista “fisica” dal mondo umano apre, per lui come per altri, le porte alla vista “spirituale” di una diversa realtà conoscitiva.

Nella Musica s’è contraddistinto Ray Charles, ottimo pianista, cantante e grandissimo padre del Soul che, nonostante fosse diventato cieco da bambino, con eccezionale grinta e poderosa determinazione è riuscito a sfondare e sformare successi ancora presi ad esempio dagli amanti del genere.

Anche il mondo del Cinema ha dimostrato interesse per questa materia, trattandola in vari film, uno degli ultimi è “Il colore delle cose”, girato nel 2017, che inscena la passione improvvisa che scoppia tra Teo, un frenetico pubblicitario che conduce una vita sregolata, sfuggendo da ogni responsabilità e districandosi con superficialità nell’universo femminile, ed Emma, fascinosa osteopata, cieca dall’adolescenza, che scorge in lui l’uomo adatto per distrarsi dopo la separazione del marito, mentre per Teo lei incarna la donna speciale e assolutamente diversa da tutte le altre che ha conosciuto fino a quel momento. Le loro vite s’intrecceranno, travolgendoli in un modo profondo e totale.

Anche l’instancabile branca delle Neuroscienze s’è occupata alacremente del tema, servendosi di efficaci esperimenti sensoriali, da cui è emerso che le performances superiori di molti non vedenti in compiti di localizzazione spaziale acustica, memoria verbale, discriminazione di suoni ed elaborazione del linguaggio potrebbero essere dovuti al fatto che le aree cerebrali, che generalmente sono dedicate a stimoli visivi, vengono utilizzate per potenziare processi cognitivi non visivi.

Al di là, quindi, delle spiegazioni finora espresse, in senso prettamente tecnico la cecità è definita come la forma più pronunciata di disabilità visiva con una mancanza totale della percezione visiva di uno o di entrambi gli occhi. Non dimentichiamo, però che la disabilità spesso è anche sociale, la più grave, poiché è figlia dell’indifferenza e dell’ignoranza, che provocano emarginazione. La Vera Inclusione la si ha quando si è in grado di accettare e accogliere ogni sorta di disabilità, fisica e psichica. Questo dev’essere il presupposto su cui si fonda una sana Società Civile.

A tal proposito, fra le numerose iniziative intraprese, che non sono mai abbastanza, perché occorre tenere sempre viva l’attenzione su chi subisce un disagio, nel settembre del 2016 l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS ha organizzato uno scambio internazionale ERASMUS+ per giovani vedenti e non, con l’obiettivo di far riflettere sul valore dello sport come strumento di inclusione e di promozione sociale. Il risultato di tale progetto è stata la messa a punto da parte dei giovani partecipanti di un “Manifesto sull’accessibilità dello sport e delle strutture sportive”, redatto in inglese e in italiano, il cui testo sinteticamente asserisce che:

“Le attività motorie e sportive adattate rappresentano per i bambini e gli adulti con disabilità visiva l’esaltazione delle loro capacità e di ciò che sanno fare, in un mondo che continuamente ricorda loro ciò che manca e quanto non sono in grado di svolgere. Esse, sia nella forma di sport individuali sia di squadra, sono volte a sviluppare non soltanto le abilità motorie in generale, la percezione dello spazio e l’orientamento, ma anche le abilità socio-relazionali, l’inclusione e la collaborazione armoniosa tra pari nel riconoscimento di valori condivisi. Purtroppo, però, gli insegnanti di educazione fisica e gli istruttori sportivi sono raramente in possesso delle conoscenze necessarie per permettere ai non vedenti di praticare uno sport […] Il presente Manifesto nasce dunque dalla necessità di indicare alcune problematiche nel settore dello sport per persone con disabilità che richiedono un intervento da parte delle autorità locali, regionali e nazionali per realizzare un cambio culturale verso una società davvero inclusiva.”

Concludo l’articolo con un video significativo e toccante. Ora una domanda sorge spontanea: qual è la vera cecità? Chi è più cieco? È più grave non vedere o non essere in grado di vedere? La risposta viene da “Il Piccolo Principe” nella celebre e saggia frase: “Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi.”

https://www.youtube.com/watch?v=9j68EJ20pvk

Alessandra Della Quercia