Pubblicato Lunedì, 04 Agosto 2014
Scritto da Santino Verna

I MURATORI ATRIANI

HANNO FIRMATO I PRINCIPALI MONUMENTI DELLA CITTA’

Facendo una passeggiata di Atri, senza entrare nelle botteghe, è possibile ammirare il segno del talento dei muratori, mestiere ancora presente nella cittadina, anche se con modalità diverse. Un vecchio detto paesano, presente anche in Atri dice, “Vuoi male a qualcuno? Possa avere i muratori!”. Questa scherzosa maledizione non vuole lanciare zolfo agli artigiani della calce, ma semplicemente sottolineare il soqquadro portato durante i pur necessari lavori.

Maestranze locali hanno messo la firma nei principali monumenti di Atri, nelle numerose chiese che testimoniano una grande fede e uno spiccato senso di socialità. Nonostante le fatiche e i mezzi poveri, i nostri padri son riusciti a costruire una Cattedrale, tra le più belle del mondo, anche se meriterebbe uno spazio maggiore nei manuali della storia dell’arte. Muratori atriani del XX secolo hanno lavorato ai restauri del Duomo, avviati dopo l’ultima guerra mondiale, con la demolizione della facciata posteriore per il rinvenimento delle absidiole romaniche.

La crisi economica del 1929 e la IIa guerra mondiale creava un grande bisogno di lavoro, e anche la distruzione di un’importante opera architettonica era salutata con gioia. Fu il caso del complesso di S. Pietro, chiesa e monastero, demolito nel 1957, quando si partiva per il Belgio o il Canada, oppure si viveva in condizioni economiche precarie. Demolire pertanto una chiesa barocca che poteva costituire un’attrattiva turistica di spicco, non poneva assolutamente problemi.

Ma sempre in quegli anni i muratori atriani realizzavano un’altra chiesa, quella di S. Gabriele, nel rione S. Antonio che si cominciava a popolare per la costruzione delle case nuove e l’entrata in funzione del nuovo ospedale civile che nel giro di pochi anni saliva in testa alla classifica dei piccoli nosocomi italiani per efficienza, pulizia e funzionalità. La chiesa di S. Gabriele emulava la cappella gotico-inglese del Santuario alle falde del Gran Sasso, modesta sotto il profilo dimensionale, studiata per un rione di cui non si prevedeva però la rapida espansione.

Nell’edilizia civile i migliori muratori atriani realizzarono, sotto l’impulso di Antonio Finocchi, Sindaco filantropo della seconda metà del XIX sec. il Palazzo Civico, in Corso Elio Adriano e il Teatro Comunale che doveva costituire nella mentalità laica dell’epoca, il contraltare della Cattedrale. Intervenirono gli Antonelli, i Bronico e i Carulli, per la facciata che riecheggiava la Scala di Milano e l’interno, nei suoi tre ordini di palchi, il S. Carlo di Napoli.

Splendidi esempi di edilizia privata sono i palazzi Mambelli, Cherubini, De Petris, Consorti e De Sanctis, e anche casa Illuminati con l’immagine della Madonna. Nel 1881 vi nacque Don Luigi, il canonico umanista, docente all’Università di Messina (dove peraltro si laureò Giorgio La Pira), sempre affezionato alla città degli Acquaviva.

Tra i muratori di Atri ricordiamo Israele Piccirilli, Pasquale Bronico e Antonio Fuschi. Il primo, un omone che camminava sulle pianelle, antifascista, fu costretto a bere l’olio di ricino perché contrario al regime. Tra le sue imprese la bandiera issata sulla torre di S. Maria. Abitava nei pressi della villa comunale.

Pasquale, anche lui un omone, proveniva da una famiglia di muratori e nelle feste non solo grandi indossava lo smoking. Da restauratore della fonte Brecciola, si presentò all’inaugurazione con giacca e papillon e l’allora Vescovo di Atri e Teramo Padre Abele lo scambiò per il Sindaco. Pasquale disse che il primo cittadino era il Prof. Vittorio Castagna, presente alla manifestazione e il sanguigno Pastore emiliano diede una pacca sulla spalla al simpatico omone, elogiandolo per l’eleganza. Pasquale era anche gonfaloniere del coro folkloristico “A. Di Jorio” e le sue vacanze si svolgevano a Caramanico Terme. Gli atriani lo videro sul piccolo schermo nel 2001 quando la S. Messa di Rete 4 fu trasmessa dalla Chiesa Madre del paese alle falde della Maiella. E come al solito era elegantissimo.

Antonio Fuschi, instancabile lavoratore, avrebbe fatto il muratore fino alla morte. Non sarebbe mai andato in pensione. Aveva fatto il militare in Sardegna durante l’ultima guerra mondiale e aveva sperimentato l’amara pagina dell’emigrazione. Tante case di Atri, nel centro e in campagna, hanno il segno del suo talento. Era appassionato di musica. La ascoltava e la registrava per gli amici nella sua casa, nel quarto S. Giovanni e seguiva il giro della banda in occasione delle due principali feste atriane, S. Rita e S. Reparata.

Patrono dei muratori, mai festeggiato in Atri in questi ultimi tempi, S. Vincenzo Ferrer, presente nel santorale dei Predicatori come una delle glorie dell’Ordine, perché, con la sua intercessione salvò un muratore dall’impalcatura. Il priore gli aveva ordinato di non far miracoli per non alimentare il fanatismo e lui obbedì, ma quando vide il malcapitato precipitare, fermò la scena, andò a chiedere il permesso al Superiore e compì il prodigio.

La sua immagine è presente nella chiesa di S. Giovanni, ovviamente in una cappella che si affaccia sull’unica navata, nel reparto-possiamo dire- domenicano e fu salutato come l’Angelo dell’Apocalisse che annuncia il giudizio di Dio. La sua festa cade il 5 aprile e tanti che si chiamano Vincenzo, almeno per chi tiene all’onomastico, lo festeggiano in tale giorno.

SANTINO VERNA