Pubblicato Venerdì, 18 Luglio 2014
Scritto da Santino Verna

I FALEGNAMI ATRIANI

NELLE CHIESE LE OPERE DELL’ARTIGIANATO ARTISTICO, NELLE  FALEGNAMERIE UNA PASSIONE CHE CONTINUA

Il quarto S. Croce, vulgo Capo d’Atri, era il rione dei falegnami. Anche oggi si può definire tale, nonostante la crisi dell’artigianato. Dobbiamo distinguere i falegnami propriamente detti dagli ebanisti e qui entriamo nel campo dell’artigianato artistico.

Le chiese di Atri custodiscono diverse opere di artigianato del legno, a partire dalla Cattedrale, dove la maggior attenzione degli studiosi e dei turisti va al ciclo pittorico di Andrea Delitio, quasi sconosciuto fino alla fine del XIX sec. Lignei sono i banchi, i confessionali, gli armadi, mentre nel presbiterio sono presenti la cattedra (XVII sec.) rialzata su pedana, gli sgabelli ad asso di coppe, il badolone (o badalone) vale a dire il leggio corale, nel caso atriano sprovvisto di corpo a parallelepipedo e fino agli ultimi restauri (2004-08) gli stalli canonicali.

Nel Museo Capitolare si conservano le migliori opere dell’arte del legno: gli armadi di Carlo Riccioni (XVII sec.), originario di Fano Adriano, ma atriano di adozione e le opere di Tommaso Illuminati, della prima metà del XX sec. Al fratello del canonico umanista è dedicata un’intera sala, l’ultima del percorso museale, quasi un voler dire che ad Atri si pensa pure all’arte contemporanea.

La chiesa di S. Giovanni (S.Domenico) conserva il pulpito, il coro nel presbiterio, il confessionale e la savonarola, significativa in una chiesa dei Predicatori, perché la denominazione viene proprio dal domenicano Girolamo Savonarola. Dato che importanti esemplari esistevano nel convento fiorentino di S. Marco, gli storici dell’arte del XIX sec. chiamarono così l’evoluzione della sedia curule. La savonarola è la sedia del celebrante nel caso di S. Domenico. Stalli lignei si trovano nell’attiguo oratorio del SS. Rosario, sede dell’omonima Arciconfraternita.

La chiesa di S. Francesco è più povera per quanto riguarda l’arte del legno, perché soggetta alle soppressioni ottocentesche. Se S. Domenico fu risparmiata e arricchita a causa della presenza confraternale che costituiva un’associazione secolare, S. Francesco non fu più la bella chiesa abruzzese del Patriarca dell’Ordine Serafico. Il coro ligneo non esiste più. Il poeta dialettale Antonino Anello, insigne artista del legno, ha realizzato, su commissione di Giuseppe De Gabrielis, il postergale per la statuina di S. Giuseppe Lavoratore, nella cappella di S. Raffaele Arcangelo, la prima, entrando, a destra. E’ un omaggio al Patrono (dal 1741) dell’Ordine Serafico.

S. Nicola conserva il soffitto ligneo cassettonato che l’avvicina in qualche modo all’omonima Basilica di Bari. Il presbiterio conserva i tre moderni fraileri, ma qui entriamo nell’artigianato seriale. Nella navata destra si conserva un autopiano con rivestimento ligneo (XIX sec.) e in quella sinistra il pulpito intagliato, precedentemente custodito vicino alla tela di S. Nicola di Mira, simile a quella di Guglionesi, con la cornice lignea.

Patrono dei falegnami era ed è S. Giuseppe, padre nutrizio del Signore, protettore di tutti i lavoratori. La Scrittura ce lo presenta carpentiere, mestiere che grosso modo corrisponde sia al falegname che al fabbro. L’iconografia lo raffigura quasi sempre falegname con gli strumenti di lavoro per il legno, quando si tratta del simulacro di S. Giuseppe Artigiano, altrimenti quando ha in braccio Gesù Bambino con il globo crucifero ha un abbigliamento più ieratico.

Ad Atri si faceva fino alla prima metà del secolo scorso la festa di S. Giuseppe, nella chiesa di S. Nicola, ma non era esclusivo appannaggio dei falegnami. Il 2 febbraio cominciava l’organizzazione dei festeggiamenti, nella sacrestia di S. Nicola e il punto di arrivo era la solennità liturgica del 19 marzo. Gli ebanisti e i lavoratori del legno offrivano il contributo in natura o in denaro.

La prima falegnameria di Atri per chi arriva da Teramo è quella di Giuseppe Castagna, mentre a Portico Capritti, stradina porticata insolitamente aperta, è la bottega di Lino D’Andreagiovanni che nel 1990 realizzò la mascotte di “Italia ‘90”. Nel 1989 ci fu un concorso per la denominazione del sostituito del “peperoncino” utilizzato per i mondiali del Messico, e il nome che uscì vittorioso fu “Ciao” un tricolore omino smilzo che al posto della testa aveva il pallone. Quasi una spiegazione scherzosa degli italiani che hanno il pallone nella mente.

Altro falegname con intenti artistici era Luciano Castagna, originario del quarto Capo d’Atri, la cui bottega era sulla strada per Porta Macelli. Alcuni manufatti sono stati esposti in varie mostre.

Fuori porta S. Domenico, sulla strada per la Canale, la fontana archeologica per antonomasia di Atri, la bottega di Antonino Anello, ma qui parliamo di un artista a 360 gradi, perché oltre ad essere ebanista, è autore di commedie teatrali e canzonette, poeta e cantore nei cori sacri e folkloristici della cittadina. Infatti nel vano sono presenti le locandine del Teatro Minimo, avviato e promosso dai figli Alberto e Francesco da 40 anni a questa parte. E diversi manufatti lignei sono stati attrezzi di scena della compagine teatrale che, anche con il contributo di Elio Forcella, ha realizzato drammi sacri e storici nel corso dell’anno.

SANTINO VERNA