OLTRE LA…”GRANDE VUOTEZZA” DELLA SUPERFICIALITA’

“LA GRANDE BELLEZZA”, IL FILM CHE CI FA GUSTARE LA “ROMA CELESTE”

Noi italiani ci sentiamo a volte degli artisti, altre volte solo fanfaroni,  geniali sognatori o indolenti nichilisti. Gente  strana insomma noi italiani. Capaci di generare figli come il maestro Abbado o come il senatore Antonio Razzi, di potersi vantare in tutto il mondo del Colosseo  e allo stesso tempo chinare il capo di vergogna per la caduta di Pompei (  certo non per l’invasione di qualche popolazione barbara).  Riusciamo perfino  a non accorgerci di capolavori come “la Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino, disprezzato da molti alla sua  uscita, e poi scoprirci tutti critici molto sensibili quando lo stesso film è stato capace di vincere un Oscar. Sarà forse che da questa stranezza nascono opere geniali come appunto quella di Sorrentino, ma  è meglio non farci troppo affidamento, perché domani a cadere potrebbe essere  il Colosseo.

Sta di fatto che a me la “Grande Bellezza “ è piaciuta; spero solo di non sembrare un altro novello critico, perchè ho avuto la fortuna di vederlo prima che nessuno ne parlasse.  Sono due i protagonisti di questo film: Jep  Gambardella ( Toni Servillo) e il nulla, che  accompagna quotidianamente il nostro “Io” (ammesso che  un “io “esista davvero),dove ogni tanto emergono “sparuti incostanti sprazzi di bellezza”.  Del nulla non si può parlare, né tantomeno scrivere; non c’è riuscito Flaubert, figuriamoci Jep Gambardella, scrittore di 65 anni che ha composto un solo libro “l’apparato umano”, di discreto successo, in età giovanile.  Giunto a Roma all’età di 26 anni viene subito travolto dal vortice della mondanità, con il proposito di diventarne il re. Roma è la terza protagonista del film: quella che appare sullo schermo è di certo una capitale metafisica e onirica distante dal trambusto e confusione  di quella quotidiana. E’stato detto perciò che la Roma presentata da Sorrentino non corrisponde a quella reale ma a quella vista da uno straniero e da tutti quelli che, osservandola la prima volta, sono rimasti folgorati dalla sua bellezza che parla  un linguaggio tutto particolare, inudibile ma percettibile.   In realtà,secondo me, tra tutti i rumori e chiacchiericci è possibile,anche per un romano, attingere a quell’ “inesauribile segreto” che circonda la Roma metafisica;  l’Urbe e i suoi segreti sono un porto sepolto  sotto i clacson delle auto, le imprecazioni dei cittadini e tutti quei bla bla bla…  gli italiani e in particolar modo i cittadini romani  non riescono più a cogliere il richiamo della Roma celeste perché alienati da quella terrestre.

Avevano ragione Marcuse e i filosofi della Scuola di Francoforte: la nostra società ha perso il senso della bellezza  e del godimento estetico perché incatenati  dall’attuale sistema che ha ridotto l’uomo a cosa. Per rievocare un mito platonico, l’uomo è  tornato all’interno della caverna, in cui non vede più gli oggetti nella loro realtà ma solo nella loro apparenza. E’ chiaro che se ci soffermiamo solo  sulla spazzatura buttata per strada, i tanti senzatetto in giro per la città  (tutti problemi molto gravi e non apparenti), o anche gli autobus in ritardo o i debiti della città che attanagliano l’esistenza del sindaco Marino sarebbe naturale considerare il film di Sorrentino “una grande monnezza”, (come è stato definito da alcuni critici) perché lontana dal reale stato di cose, ma ogni qualvolta si parla di bellezza ( che certo Roma possiede per la sua storia,monumenti,tradizioni ecc.) non si può lasciarsi trascinare esclusivamente nel giudizio da una ragione tecnico-scientifica ma bisogna identificarsi simpateticamente con l’oggetto del discorso. L’apparenza in un discorso estetico è quella legata ai sensi, la realtà quella legata all’intuizione, che ci solleva dal mondo comune quale appare  ai nostri occhi. Nelle varie recensioni del film si è parlato della decadenza della borghesia romana, dedita al lusso, cocaina e alle feste sfrenate,  ma a mio parere il tramonto degli attuali “patrizi” romani non è imputabile solo a loro, ma a tutta la borghesia occidentale dedita alla ricerca del godimento sensoriale piuttosto che quello estetico.

In questa mia modesta  recensione del film ho preferito soffermarmi sulla dimensione più filosofica e letteraria del film perché chi fosse interessato alla trama può consultare  agevolmente wikipedia e chi fosse interessato ai dettagli tecnici far  riferimento a specialisti del settore. Ciò che mi ha spinto a scrivere una recensione di questo tipo sono stati i commenti di tutti quei critici italiani che rifiutano di vedere in Roma quella bellezza che,nonostante tutto, è ancora sedimentata sotto il chiacchiericcio notturno misto alla banalità e frivolezza della borghesia romana: perché nel momento in cui si disconosce la bellezza, l’uomo cessa di esistere come essere dotato di anima e corpo e ridotto a un semplice automa e la morte di Dio arriverebbe definitivamente allo stato finale. In conclusione, considero la vittoria di Sorrentino come un trionfo del regista, della magistrale interpretazione di Toni Servillo e del cinema italiano. Non la considero una vittoria dell’ Italia e più in generale dello Stato italiano,  perché attualmente la sensibilità dell’italiano medio sta alla cultura come lo Stato italiano sta alla salvaguardia di Pompei. La nostra è solo una grande vuotezza.

ANTONIO CERQUITELLI