Pubblicato Domenica, 17 Gennaio 2021
Scritto da Santino Verna

RICORDO DI DON ELVIO DAMOLI

E' STATO UN GRANDE PADRE DEI POVERI

Il 16 gennaio 2021, vigilia della festa di S. Antonio Abate, concludeva la giornata terrena, Don Elvio Damoli, già direttore nazionale della Charitas italiana. Le condizioni di salute si erano aggravate in questi ultimi mesi, ma non si era lo spinto di uno dei sacerdoti più battaglieri d’Italia.

Nato a Negrar (VR) il 4 agosto 1932, aveva conosciuto da ragazzo S. Giovanni Calabria, fondatore dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, conosciuti come Opera Don Calabria. Il fondatore gli diceva: La vocazione è un grande dono, ma ancor più la perseveranza nella vocazione.

Ordinato sacerdote nel 1958, fu mandato a Ferrara, città dove forte era la secolarizzazione, nonostante il Veneto vicino. Fu insegnante, ma soprattutto il suo servizio fu rivolto ai poveri. Cappellano del carcere di Poggioreale a Napoli, fu due volte direttore della Charitas partenopea, chiamato inizialmente dall’allora Arcivescovo Card. Corrado Ursi, di cui era grande amico.

La Charitas italiana era nata nel 1972, all’indomani del Concilio Vaticano II e si poneva come servizio pastorale più che assistenziale. Nel 1980, affiancando Mons. Giovanni Nervo, lavorò per la ricostruzione dei paesi dell’Irpinia, colpita dal sisma. In quei luoghi dall’ancora forte religiosità popolare, conobbe Mons. Antonio Nuzzi, arrivato poche settimane dopo il terremoto da Campobasso, come Arcivescovo di S. Angelo dei Lombardi. La roulotte era l’episcopio e difficilmente portava i segni della dignità episcopale.

Don Elvio fu chiamato di nuovo a dirigere la Charitas di Napoli, quando infuriava un altro terremoto, con diverse macerie. Era il fenomeno di Tangentopoli, quando, crollato l’incubo sovietico, l’Italia poteva permettersi di mandare in soffitta la classe politica colorata di bianco. L’apice del servizio al delicato organismo della CEI, nel primo anno pregiubilare. Raccoglieva l’eredità di Mons. Giuseppe Pasini. Nei Balcani c’era la guerra e tanti cercavano rifugio in Italia.

Lasciata la direzione nel 2001, qualche anno dopo Don Elvio si mise a servizio della Chiesa abruzzese-molisana, nella veste di padre spirituale del Pontificio Seminario Regionale “S. Pio X” di Chieti. Ogni mese, per una settimana, era presente nel severo stabile teatino, per guidare i futuri sacerdoti (ma anche religiosi) delle undici diocesi di Abruzzo e Molise. Arrivava il lunedì o il martedì, e si stabiliva nella spartana camera dalla quale si gode un ottimo panorama della città. Pochi libri, una radio, materiale di cancelleria per la corrispondenza, la foto di Mons. Giuseppe Comerlati, veronese come lui, uno dei tanti preti dell’Opera Don Calabria donati alle diocesi sprovviste di sacerdoti. Don Giuseppe, passato all’altra riva pochi anni, incardinato a Pescara, era stato Parroco della Madonna del Fuoco, una chiesa di periferia della città dannunziana con tanti problemi sociali. E come altri preti del Nord-Est si era ambientato molto bene a Pescara.

Don Elvio aveva festeggiato i 60 anni di sacerdozio a Roma, concelebrando con Papa Francesco. L’età non più verde, non gli permetteva i ritmi dei primi anni di servizio a Chieti. Era stato in prima linea, nei convegni della Charitas, con la presidenza dell’Arcivescovo Bruno Forte, a Fara S. Martino, il paese della pasta, sempre sensibile ai problemi della Chiesa diocesana e universale.

Era un sacerdote dolce e fermo, con la professionalità dell’Italia Settentrionale unita al calore meridionale, pur conservando il gradevole accento veneto. Il Signore lo ha chiamato al premio eterno, la vigilia di S. Antonio Abate, il santo più venerato in Abruzzo. In Libano è detto, “padre dei poveri” e Don Elvio è stato padre dei poveri, nella lunga vita di sacerdote e religioso, dai prestigiosi incarichi della congregazione agli umili e quotidiani servizi dove lo inviava il Signore.

SANTINO VERNA