STORIE DI CINEMA

CYBER-LOVE: LEI (…E LE ALTRE), L’AMORE NEL GUSCIO DEL SILICIO

 

C’è una strana e fortuita coincidenza in questi giorni nei nostri cinema: la maratona cyberpunk dei due film capolovaro di Mamoru Oshii (Ghost in the shell e Innocence)[1], programmati solo martedì e mercoledì scorsi (ma comunque, da tempo, disponibili in dvd) lasciano il passo all’arrivo sugli schermi di Lei di Spike Jonze. Questi film, infatti, hanno molto in comune tra loro e per comprenderlo basta solo tradurre in italiano il titolo dell’anime di Oshii che significa: “l’anima nel cervello elettronico”[2].

Ma andiamo con ordine: i due anime[3] (che risalgono al 1995 e al 2004) immaginano un futuro (prossimo[4]) nel quale il progresso tecnologico ha cambiato completamente volto alla razza umana al punto che gli uomini “puri” non esistono quasi più: gli impianti cibernetici sono la normalità, non solo per potenziare le capacità fisiche, ma anche quelle celebrali e l’ultimo brandello di umanità è spesso relegato a parti di cervello naturale che custodiscono i ricordi e la coscienza di se. Accanto a questi uomini “cyborg” esistono poi  gli androidi veri e propri che non hanno nulla di umano tranne le sembianze. Dopo una serie di “hakeraggi”[5] compiuti da un misterioso terrorista chiamato “Il signore dei pupazzi”, che hanno reso  alcuni androidi pericolosi, il maggiore Motoko Kusanagi (che sembra aver “rinunciato”, per troppe e misteriose sofferenze, alla sua parte di umanità) scoprirà che (ATTENZIONE CHI NON HA VISTO I FILM E NON VUOLE SAPERE IL FINALE DEVE SALTARE DIRETTAMETE AL CAPOVERSO SUCCESSIVO) “Il signore dei pupazzi” altro non è che un “software” che ha sviluppato coscienza di se e, insieme, decideranno di fondersi a livello cerebrale. Tema questo (quello delle macchine che sviluppano la coscienza di se) che non è certamente nuovo, visto che è alla base anche di Blade Runner.

A questo punto, il salto è davvero breve con il bellissimo film di Jonze: Lei, attualmente nelle sale (anche in Abruzzo[6]). La coscienza di se, infatti, è uno degli elementi fondamentali (anche se non l’unico) su cui è costruita questa romantica, struggente e impossibile storia d’amore. Lei racconta, infatti, dell’amore fra Theodore (interpretato da Joaquin Phoenix): sensibile ma incapace di superare il trauma della separazione (rifiutandosi di firmare le carte del divorzio), ed il suo nuovo sistema operativo (che decide autonomamente di chiamarsi Samantha e nella versione originale ha la voce di Scarlett Johansson, mentre da noi è doppiata da Micaela Ramazzotti) capace di imparare e quindi evolvere sia “psicologicamente” che nel rapporto con Theodore. Ben presto anche lui vedrà “evolvere” i suoi sentimenti dal semplice stupore iniziale ad un senso di complicità così intimo e profondo che va anche oltre “l’amore”. 

Di nuovo la coscienza si se, la capacità di una macchina di evolvere fino a “comprendere” se stessa e gli altri, è senz’altro un elemento importante del film ma rappresenta un livello di lettura ancora superficiale, come l’altrettanto importante tema della nostra vita “connessa” al punto che ormai possiamo avere segreti con tutti tranne che con il nostro “cloud” (computer/telefonino/tablet…) che se solo fosse in grado di rielaborare queste informazioni, come fa Samantha, riuscirebbe con facilità a creare quell’intimità e intesa che in un estraneo ha del miracoloso, ed è segnale quasi infallibile d’amore, ma così non è che un bluff, o, meglio, una calda e rassicurante bugia.

Ecco, forse è questo il triste interrogativo del film: di cosa ci innamoriamo quando ci innamoriamo? E la risposta sembra essere che l’uomo spaventato del terzo millennio non sia più capace di innamorarsi se non di se stesso. Spaventato dal fallimento al punto da paralizzarsi di fronte all’altro (come avviene a Theodore nell’appuntamento al buio) e tornare con la coda fra le gambe alle proprie, comode, certezze.

Ma forse una speranza c’è ancora, e spetterà di nuovo alla nostra anima di silicio farci capire che lì fuori c’è ancora tanto da fare, ad un “reset” da noi.

ROBERTO ROSA



[1] A loro volta ispirati al manga omonimo di Masamune Shirow.

[2] Sebbene letteralmente sia “il fantasma nella conchiglia”, il concetto di “Ghost” nel film è più vicino a quello di “Anima” e la “conchiglia” altro non è che il guscio metallico che protegge il “cervello” elettronico.

[3] Anime: film d’animazione giapponese.

[4] I film sono ambientati negli anni fra il 2029 ed il 2032.

[5] Manomissioni nel software.

[6] Disponibile anche nella versione in lingua originale sottotitolata grazie, presumibilmente, al fatto che Scarlett Johansson ha vinto, all’ultimo Festival di Roma, il premio per la migliore interpretazione, pur senza apparire in video.