PERSONAGGI ATRIANI

DON BRUNO TRUBIANI, UN GRANDE AMORE PER L’ARTE E LA NOSTRA CITTA’

 

Lo storico direttore del Museo Capitolare di Atri, nacque a Torre de Passeri, allora provincia di Teramo e diocesi di Penne il 3 maggio 1915. Studiò nella casa di formazione serafica di Capestrano e al Seminario Regionale di Chieti. Nel 1940 fu ordinato sacerdote dal Vescovo Carlo Pensa e subito dopo inviato ad Atri come collaboratore di Don Saverio Pelusi, Vicario Curato Perpetuo della Cattedrale che nel 1947 entrò tra i Francescani Minori della Provincia Umbra.

Alla partenza di Don Saverio, a Don Bruno fu affidata la cura pastorale della parrocchia di S. Maria nella Cattedrale che comprendeva un vasto territorio nel centro storico, la maggior parte dell’area intramurale e diverse contrade in campagna. Responsabile dell’ODA negli anni della ricostruzione fu organizzatore di colonie e campeggi, con l’animazione dell’AC maschile e femminile interparrocchiale, poi solamente parrocchiale con la nascita del Circolo nella vicina Parrocchia di S. Nicola. Nel 1963 organizzò un grande pellegrinaggio da Atri per la beatificazione di Nunzio Sulprizio, compiuta a Roma nel corso del Concilio Vaticano II.

Nel 1967 con l’avvicendamento dei Vescovi di Teramo e Atri, fu nominato Arcidiacono della Cattedrale, peraltro ripristinata dopo i lunghi lavori di restauro, cappellano delle clarisse, di S. Spirito e dell’Opera Mandocchi. La carica arcidiaconale era annessa a quella di Presidente del Capitolo. Diventava pure Direttore del Museo Capitolare che acquisì con lui una grande visibilità, grazie alla donazione di ceramiche abruzzesi del Dott. Gaetano Bindi, in memoria del padre, il medico umanista Vincenzo, operante nella vicina Silvi. Il Dott. Bindi e l’Arcidiacono organizzavano il convegno sulla ceramica ad Atri che si teneva nella sala consiliare del Municipio.

Don Bruno valorizzò gli altri tesori del Museo come la croce in cristallo di rocca (XIII sec.) proveniente dalla chiesa di S. Francesco, esposta nel1986 aRoma e la Maestà di Luca della Robbia (1470 ca.), originariamente ritenuta la dote di Isabella Piccolomini Todeschini portata al marito Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona, il Lorenzo il Magnifico di Atri. Più tardi si scoprì, grazie a Giancarlo Gentilini, massimo studioso dei Della Robbia, che era la dote di Bosio Attendolo Sforza, signore di S. Fiora (paese natale di P. Ernesto Balducci) portata a Criseide di Capua, avulsa dal contesto acquaviviano, perché venuta nella città dei calanchi grazie a Matteo di Capua, l’usurpatore degli Acquaviva, tra il 1462 e il 1464.

L’Arcidiacono Trubiani ottenne un riconoscimento dallo Stato nel 1983 e divenne Ispettore Onorario ai Monumenti. Al Museo accompagnò diversi personaggi, della Chiesa, della cultura e della politica, illustrando le bellezze del territorio con competenza e precisione. Tra i grandi visitatori accompagnati, ricordiamo il Card. Loris Francesco Capovilla, il 29 giugno 1986, inoccasione del primo anniversario della storica visita del Beato Giovanni Paolo II ad Atri. All’epoca Mons. Capovilla, Arcivescovo titolare di Mesembria, era Delegato Pontificio del Santuario di Loreto e nel pomeriggio era giunto nella città dei calanchi. Dopo la visita celebrò la Messa in Cattedrale e Don Bruno indossò la mozzetta violacea, ovvero “in habitu canonicali”. Quella sera fu vissuta con una certa fibrillazione perché c’era la finale dei Mondiali del Messico e l’Argentina affrontava la Germania che avrebbe battuto con Maradona. Il buon Giuseppe Addari, atriano di spicco, avrebbe sicuramente tifato Argentina, riaffermando l’acquisita napoletanità.

Don Bruno visse l’ultimo periodo della vita di sacerdote nella chiesa delle clarisse dove quotidianamente celebrava e confessava. Promosse la devozione alla Madonna de la Salette, presente in Atri nella chiesa di S. Agostino, dove si conservava il vecchio simulacro. La Salette è una delle principali apparizioni mariane, assieme a Rue du Bac, Lourdes e Fatima e questo Don Bruno lo ricordava nelle omelie.

Sensibilizzò i cittadini e fu realizzato un nuovo simualcro, posto tra la balaustra e il presbiterio della chiesa delle monache. Per alcuni anni fu fatta la festa, la fine di giugno, anche con programma esterno e con la presenza di P. Umberto Paiola, M.S. veronese trapiantato a Napoli, centro d’irradiazione della spiritualità salettina. Apparizione attuale che ricorda il rispetto al nome di Dio che non va nominato invano o peggio ancora bestemmiato e l’obbligo di santificare le feste, ma anche la giustizia e la riparazione.

Tra i suoi libri, ricordiamo la guida di Atri e la monografia sul Teatro Comunale, presentata quando si era già ammalato. E’ autore anche della musica dell’inno a S. Reparata, con i versi del suo predecessore, l’Arcidiacono Raffaele Tini.

La malattia negli ultimi anni lo costrinse a vivere sempre in casa. Non partecipò all’ultima festa di S. Rita, nel 2000, quando si festeggiava il primo centenario della canonizzazione della Santa degli impossibili. In Largo S. Spirito la sera della festa celebrò il Card. Vincenzo Fagiolo. E fu l’unica edizione della più grande festa di Atri con la presidenza di un porporato.

Morì l’11 febbraio 2001 e le esequie furono celebrate in Cattedrale dall’Arcivescovo Mons. Antonio Nuzzi alla presenza di numerosi sacerdoti. Le spoglie sono state tumulate nella cappella di famiglia del camposanto di Atri con il cancello in ferro battuto opera di Emidio Assogna.

La memoria di Don Bruno resta in benedizione. Negli atriani ha sollecitato sempre l’amore per le bellezze archeologiche e artistiche, tanto che Atri può essere definita la piccola Firenze d’Abruzzo.

SANTINO VERNA