Pubblicato Lunedì, 17 Febbraio 2014
Scritto da Santino Verna

PERSONAGGI ATRIANI

ANTONIO DI JORIO,IL PADRE DELLA CANZONETTA ABRUZZESE

 

L’evento mediatico di fine inverno da più di mezzo secolo è Sanremo. Il Festival della Canzone italiana ebbe, nel 1936, tra gli ispiratori, Antonio Di Jorio, padre della canzonetta abruzzese. La kermesse canora si sarebbe tenuta a Rimini, patria adottiva del maestro, ma poi dopo l’ultima guerra mondiale la scelta cadde sulla città dei fiori.

Di Jorio nacque ad Atessa da Girolamo e Antonia Cinalli il 28 giugno 1890 e sin da bambino ebbe l’interesse per la musica. Fece diverse esibizioni con la banda in tutta Europa ed ebbe per maestro Camillo De Nardis, della non lontana Orsogna. Si diplomò al Conservatorio “S. Pietro a Maiella” di Napoli, dove tanti abruzzesi andavano a studiare, soprattutto dall’Abruzzo Citeriore.

Sposò Caterina Rafanelli, senese trapiantata a Napoli ed ebbe una sola figlia, Pasquina, nata in Atessa, con il rammarico di non essere nata in Atri. Infatti quando era in fasce giunse con i genitori nella città dei calanchi, perché Di Jorio era stato chiamato per assolvere tre incarichi: direttore della banda musicale, organizzatore di allegri cori e maestro di cappella nella Cattedrale. Un tempo erano tre maestri diversi, ma “lu mastre” (com’era affettuosamente chiamato in luogo del più aulico professore, con cui oggi viene chiamato pure l’istruttore di calcio-balilla) faceva le tre cose con grande professionalità, conquistandosi la stima e l’affetto di tutti gli atriani e il mecenatismo delle famiglie illustri.

Ad Atri fece amicizia con il Canonico Luigi Illuminati e nacquero le più belle canzoni abruzzesi, eseguite nella Maggiolata, il cui abbinamento originario era la festa di S. Antonio di Padova, il 13 giugno. Al tempo del maestro di Atessa era già la parte ricreativa della festa di S. Rita, la più sentita della città dei calanchi.

Tra i parolieri di Antonio Di Jorio ricordiamo Giuseppino Mincione, insigne latinista, Nicola Mattucci, avvocato e cultore di storia patria, Raffaele Tini, Arcidiacono della Cattedrale. Questo per quanto riguarda gli atriani, perché diversi poeti d’Abruzzo hanno scritto le parole musicate poi dal maestro. Ricordiamo soltanto Don Cesare De Titta, il sacerdote umanista di S. Eusanio del Sangro, omologo frentano di Illuminati autore di “Famme murì”.

Nel 1935 per maggiore sicurezza economica Di Jorio si trasferì da Atri e divenne preside incaricato dell’Istituto Magistrale di Forlimpopoli. Rimini divenne la città di adozione e quando tornava in Abruzzo spesso alloggiava all’hotel “Ariminum” di Montesilvano, una specie di consolato riminese nell’area di Pescara. Ovviamente faceva la visita ad Atri dove incontrava gli amici più cari, l’allievo flautista Giovanni Antonelli, maestro orologiaio con il fratello scultore Peppino e il giornalista Giovanni D’Alessio. Al gruppo si associava da Teramo, Fernando Aurini, presenza storica dei programmi radiofonici della RAI di Pescara.

Nel 1964 compose, su libretto di autori vari, “La Vergine di Cesarea”, melodramma ricalcato sull’evento della liberazione dei saraceni per intercessione di S. Margherita d’Antiochia a Villamagna. Nel caso atriano la protagonista è S. Reparata di Cesarea, il cui culto fu portato all’inizio del XIV sec. ad Atri e non in occasione della leggendaria liberazione dai predoni. Il melodramma fu rappresentato in Piazza Duomo, grazie all’allora Sindaco Prof. Emilio Mattucci, con grande soddisfazione, anche perché era il primo spettacolo quasi cinematografico nella città di Atri. La Cattedrale, chiusa per i lunghi restauri, fu riaperta per l’occasione e tanti rimasero a bocca aperta.

Il melodramma fu riproposto un quarto di secolo più tardi, con la regia di Danilo Volponi e la collaborazione di Alberto Anello ed Elio Forcella, componenti del Teatro Minimo, grazie al Sindaco Dott.ssa Valeria Pirocchi. Era presente la Prof.ssa Pasquina, figlia del maestro e in prima fila c’era anche Mons. Antonio Nuzzi, Arcivescovo di Teramo- Atri che 5 mesi prima aveva fatto la sua prima visita solenne ad Atri celebrando in Cattedrale. Mons. Nuzzi, attento alla religiosità popolare, parlò dell’intervento intercedente di S. Reparata e della rappresentazione con la musica di Di Jorio, nell’omelia nella S. Messa solenne di S. Reparata, l’8 aprile 1991, sottolineando la devozione degli atriani.

Nel 1968 Di Jorio diresse personalmente la commedia musicale “Paese mè”, nata da un’idea di Fausto Verdecchia con i testi di Antonino Anello. La commedia prende spunto dalla canzonetta più bella di Di Jorio dove si parla sia di Atessa che di Atri. Ma in fondo si parla solo di Atri, la città scolpita a lettere cubitali nel cuore del maestro.

Morì il 12 dicembre1981 aRimini e le esequie furono celebrate nella chiesa di cui era organista, S. Francesco di Paola, nei pressi del luogo dove S. Antonio di Padova provocò la conversione di un eretico con la mula che s’inginocchiò davanti al SS. Sacramento.

La memoria del maestro di Atessa è sapientemente e soavemente conservata e promossa, in Atri e nel mondo, da due istituzioni che ne portano il nome: il coro folkloristico, nato nel 1974 e diretto da oltre 30 anni dal maestro Cav. Concezio Leonzi e l’archivio-museo, inaugurato nel 1996, nel ridotto del Teatro Comunale, sempre diretto dal maestro Leonzi che ha compiuto e compie un’opera fondamentale per la riscoperta del Di Jorio “extrafolkloristico”: un artista a 360 gradi che ha spaziato dalla musica per banda a quella per pianoforte, dalla musica sacra all’operetta, dal melodramma alla sinfonia, passando per la canzonetta abruzzese d’autore, come protagonista indiscusso della seconda e terza fase del folklore in Abruzzo.

SANTINO VERNA