Pubblicato Giovedì, 10 Maggio 2012
Scritto da Direttore Paolo Pallini

Giovanni Verna, un giornalista di razza, un amico vero, un atriano verace
di Paolo Pallini 


Sicuramente gli sarebbe piaciuto. La stampa era la sua passione, nutriva i suoi giorni, ce l’aveva dentro, radicata. Avrebbe, certamente, apprezzato la nostra iniziativa e non avrebbe fatto mancare i suoi contributi, battuti velocemente, sulla sua mitica macchina da  scrivere, un ‘ticchettio’ che è stata la colonna sonora della sua vita, fino alla fine.

La memoria mi restituisce il volto, il cuore, l’amicizia forte con Giovanni Verna. Abbiamo condiviso tante avventure, esperienze intense di un percorso storico che parte da lontano...

Mi veniva a trovare al Seminario Regionale di Chieti, facendosi anche corriere clandestino dei messaggi di Don Franco Servetti, “don chilometro”, come lo chiamavamo per la sua statura longilinea, un prete di Torino che aveva rivoluzionato l’atmosfera rigida del Pontificio Ateneo con la sua straordinaria carica umana.... Erano gli anni del Concilio, dell’utopia che attraversava la Chiesae accedeva i sogni di noi giovani studenti.  Giovanni visse quella stagione con passione, entusiasmo, portando ad Atri, nell’ambito delle attività culturali delle A.C.L.I., voci profetiche delle più vive e aperte correnti teologiche.

A Teramo, nel 1967, arriva Padre Abele, un Vescovo emiliano sanguigno e  forte, tra le punte più avanzate dell’episcopato italiano. A Giovanni viene affidata, primo laico in Italia, la direzione de “L’Araldo Abruzzese”.  Ogni lunedì ci recavamo nel capoluogo della Diocesi per ‘confezionare’ il giornale. Il settimanale divenne l’organo della stagione conciliare, del rinnovamento promosso con vigore dal nuovo vescovo. Per venti anni quei pomeriggi trascorsi in redazione arricchirono la nostra amicizia, la nostra cultura, la nostra passione ecclesiale. Non erano tempi facili. Tante le resistenze ai nuovi progetti pastorali, tante le battaglie che il settimanale sostenne a fianco di Padre Abele che si scontrava con un ambiente che faceva fatica ad entrare nei nuovi orizzonti che egli tracciava per la sua comunità.  Si tornava tardi ad Atri, dopo i fruttuosi dialoghi con i numerosi amici che frequentavano la redazione del giornale divenendo un gruppo affiatato e fraterno.

Giovanni metteva a servizio della Diocesi la sua competenza professionale e la sua sensibilità di credente non prigioniero di schemi, ma attento al nuovo che, faticosamente, si apriva la strada tra le incrostazioni del passato. Ricordo l’urlo di gioia quando, nella serata di lunedì 16 ottobre del 1978, la voce gracchiante di una radiolina (non avevamo altro!) e quella possente del campanone del Duomo di Teramo annunciarono l’elezione di Karol Wojtyla... Le pagine de l’Araldo raccontavano, di settimana in settimana, il cammino della Chiesa locale verso un futuro che già allora ci appariva incerto, ma ricco di promesse.
I ricordi si snodano, come un gomitolo, tra le fessure della memoria, sfogliando un album ricco di momenti intensi e belli che suscitano amorevoli rimpianti e convinta soddisfazione per averli vissuti insieme.
Giovanni era assetato di notizie che riusciva a “leggere” con rara abilità e a raccontare con elegante e accattivante semplicità di stile e di parola. Mi ha trasmesso la sua passione giornalistica e con grande piacere collaborava al periodico parrocchiale “Comunità in cammino”, accompagnandomi con i suoi consigli in una esperienza molto significativa, nata per raggiungere con un prodotto dignitoso, anche se ‘fatto in casa’, tutte le famiglie della comunità.

Me lo rivedo, con il suo pacco di giornali e riviste sotto il braccio, venirmi a trovare: la conversazione scivolava sui più diversi argomenti, ci scambiavamo opinioni, in un confronto leale e stimolante che fa bella e vera l’amicizia.

Forte in lui era il legame con la sua amata famiglia e con la nostra città. Si sentiva atriano fino in fondo, interpretando il suo naturale campanilismo con la  intelligenza di chi sa  condurre battaglie per il bene di tutti. Il suo impegno politico e sociale ne ha fatto un protagonista della storia atriana con una ‘vis polemica’ che si stemperava nella capacità di avere intensi rapporti umani.

Atri ha avuto in lui un appassionato difensore di tanti diritti calpestati, gli amici un tessitore di relazioni che sfociavano nei tanti appuntamenti conviviali che lui amava organizzare per ravvivare, costantemente, il  calore della fraternità e la gioia dello stare insieme.
Sì, ne sono sicuro, la nostr

a iniziativa lo avrebbe certamente interessato e coinvolto: tutto ciò che arricchiva la città lo vedeva  in prima linea, fiero e orgoglioso di essere atriano.
Una volta mi disse che era convinto che, lassù, oltre il tempo, ognuno di noi avrebbe continuato a svolgere la sua professione....perchè Dio valorizza i talenti da mettere a servizio di tutti.... Mi piace immaginarlo impegnato a collaborare nella redazione del periodico celeste...sorriderci e incoraggiarci, sfogliando le pagine elettroniche di “indialogo”, raccomandandoci di  non mollare e di andare avanti, per il bene della sua e della nostra amata città.

 Paolo Pallini