Pubblicato Venerdì, 03 Gennaio 2014
Scritto da Santino Verna


CHIESE E DEVOZIONI POPOLARI AD ATRI

LA CHIESA DI SANT’ANDREA: UNA BELLA FACCIATA RICORDA LA PRESENZA DEI GESUITI NELLA NOSTRA CITTA’


In Via Card. Cicada, quarto S. Giovanni e piviere di S. Maria, sorge la chiesa di S. Andrea apostolo (XIV sec.) di cui rimane soltanto la facciata, a pietre larghe e squadrate, a coronamento orizzontale, con il portale della scuola atriana del Tardo Medioevo di cui furono principali esponenti Rainaldo e Raimondo di Poggio, quest’ultimo così chiamato perché originario dell’omonima contrada, l’attuale Cona. Sulla lunetta probabilmente c’era l’immagine dell’Apostolo titolare.

La via, tra Piazza Duomo e la chiesa di S. Giovanni, fino al 1951 era denominata dell’orfanotrofio. Il nome fu cambiato in Giovan Battista Cicada (il cognome talvolta viene indicato Cicala), o più precisamente Card. Cicada, dal porporato benefattore dell’istituto. Nato a Genova nel 1510, divenne Vescovo a 33 anni, cosa abbastanza frequente in quel tempo, alla vigilia del Concilio di Trento, e fu Amministratore della diocesi di Albenga, quella che attualmente nella denominazione ha anche il nome di Imperia, moderna città dove però il Vescovo non si è mai trasferito. Fu pure Vescovo della soppressa diocesi di Mariana, in Corsica e quindi di Sagona, in Francia. Da Cardinale fu titolare di San Clemente e Sant’Agata dei Goti, come presbitero, mentre fu Vescovo di Sabina, quando ascese al massimo ordine cardinalizio.

L’ospizio fu donato ai duchi e divenne dote di P. Claudio Acquaviva, Preposito Generale della Compagnia di Gesù che volle fondare un collegio per la cittadina natale. Affidato ai Gesuiti nel 1606, il collegio aveva all’interno un teatro e divenne un grande centro di cultura per l’Abruzzo. Vi si formarono il letterato Stefano Ferrante, giuliese, ma atriano per parte di madre e l’economista Troiano Odazii, atriano. Entrambi furono subito riconosciuti cittadini illustri ed ebbero intitolate due vie del centro, rispettivamente la parallela di Corso Elio Adriano e la strada che delimita il complesso del palazzo ducale, anche se nel 1951 Via Odazii, fu abbinata a Nicola Sorricchio. Chiuso nel 1767, sei anni prima della soppressione della Compagnia, nel XIX sec. divenne Scuola di Arti e Mestieri, dove si formarono valenti maestri, provenienti anche da fuori regione. Tra i professori si ricordano Lorenzo Astolfi, pittore allievo di Domenico Bruschi, Vincenzo Rosati, il cui lascito ha dato un grande impulso alla consapevolezza archeologica nella città dei calanchi e Luigi Tascini, i cui arredi sono presenti nel museo capitolare. Popolarmente lo stabile fu detto “il convitto”. Nel secolo breve fu infatti tale. Ospitò diversi studenti forestieri e in tempi recenti ha ospitato il centro ambulatoriale “S. Stefano” di Porto Potenza Picena per la riabilitazione motoria e il sostegno ai diversamente abili, prima del trasferimento in periferia, tra il complesso ospedaliero e l’ex-INAM.

La chiesa, nella seconda metà del XX sec., fu per breve tempo officiata, in luogo di S. Giovanni, per assicurare il servizio religioso ai residenti del quarto, che oltre alla Parrocchia (S. Maria), frequentavano la chiesa capoquarto. S. Giovanni fu infatti chiusa per restauri e lo stesso problema si verificò di nuovo dal 1994 al 2005. I contradaioli, ormai in numero ridotto, per il trasferimento nel rione S. Antonio o altrove, andavano in S. Chiara, essendo la S. Messa festiva anche alle 9. Spogliata di ogni arredo sacro, a S. Andrea rimane un’antica immagine della Madonna. L’interno è a croce greca, mentre la costruzione campanaria sul corpo della chiesa è la più modesta del centro storico di Atri.

La devozione a S. Andrea doveva essere sentita in Atri nel Medioevo. Nella navata sinistra della Cattedrale, vicino al celebre affresco dell’Incontro dei tre vivi e i tre morti, vi è un S. Andrea venerato da un devoto (XIII sec.), opera di un anonimo pittore abruzzese bizantineggiante. Nel Regno di Napoli, l’Apostolo “Protoclito” (così chiamato orgogliosamente dagli orientali, perché fu chiamato da Gesù prima del fratello Pietro) era particolarmente venerato, essendo sepolto nella Cattedrale di Amalfi, una delle quattro repubbliche marinare ufficiali (le altre, difficilmente inserite sui manuali di storia, erano Ancona e Bari). Amalfi era un luogo caro ai Piccolomini d’Aragona, imparentati con gli Acquaviva attraverso il matrimonio di Isabella con Andrea Matteo, avvenuto nel 1477. Quest’ultimo era un po’ il Lorenzo il Magnifico di Atri ed era il nonno di P. Claudio e quindi il bisnonno del Beato Rodolfo.

La festa di S. Andrea, assai importante nella liturgia romana perché vincolata all’inizio dell’Avvento (nel rito ambrosiano l’omologo è S. Martino), come tutte le feste degli Apostoli era molto sentita ad Atri, ma si trovava “ingabbiata” nella novena dell’Immacolata che per arrivare compiuta al giorno della festa deve cominciare la vigilia di S. Andrea. Per questa ragione altrove, come a Pescara, viene trasferita nel tempo ordinario. I Gesuiti portarono le loro devozione anche se i loro Santi sono “sparpagliati” nelle diverse chiese cittadine: S. Francesco Saverio in Santo Spirito, S. Luigi in S. Francesco, S. Ignazio e il Beato Rodolfo in Cattedrale. La devozione al Sacro Cuore, promossa dai figli di S. Ignazio, era viva in passato in tutte le chiese di Atri. I simulacri sono nelle chiese di S. Reparata, S. Francesco, S. Nicola, S. Giovanni, S. Chiara.

Nel 1975 S. Andrea ospitò l’allora Preposito Generale della Compagnia di Gesù, P. Pedro Arrupe, in visita alla residenza di Pescara.

Nel 1984 la chiesa è tornata all’attenzione per l’inizio di un’operazione di scavo, nell’avvallamento tra i colli Maralto e di mezzo. Sono venuti fuori reperti che documentano l’esistenza di un teatro romano (I sec. d.C.) di grandi proporzioni. Il materiale di spoglio fu utilizzato nel corso dei secoli per la costruzione di diversi edifici atriani.

Dal 2003 S. Andrea è la sede della schola- cantorum “Aristotile Pacini”, fondata nel 1987 dai fratelli professori Carmine e Concezio Leonzi per rinverdire la tradizione ceciliana della città. Promotrice della rassegna polifonica internazionale di Atri, la schola ha cantato in diverse nazioni, e ha un ampio repertorio che spazia dalla polifonia di Palestrina agli spirituals, dalla canzone abruzzese d’autore a quella popolare rielaborata, dai cori alpini ai brani contemporanei.

SANTINO VERNA